LA FATA IGNORANTE
Per chi ignora, le colline sono sempre in fiore.
PREFAZIONE AL BLOG
Post n°1119 pubblicato il 04 Ottobre 2022 da EasyTouch
scrivo di merda Tanto per iniziare. Omaggio a Xab. Come mi mancano le tue fastidiosissime chat. Fanculo ovunque tu sia. |
Post n°1118 pubblicato il 26 Luglio 2022 da EasyTouch
Quando ho smesso di scrivere nel blog credevo in quello che dicevo, cioè che la vita andasse vissuta e non scritta, per esserci davvero. E pensavo valesse ancor di più per me, abile anguilla sfuggente, con razional postura, alibi perfetto per prendere sempre distanze e sgusciare; persona incapace di affrontare la vita mordendola anche solo con una veloce presa di incisivi. Credevo davvero di fare la cosa giusta per crescere; e soprattutto di essere riuscita a entrarci, in questa vita. A distanza di moltissimo tempo, in cui, peraltro, ho tentato di emanciparmi dagli incubi del passato e di costruirmi una relazione matura e responsabile, sono tornata ancora qui. Come i ricorsi, come un mulino di un maso chiuso, come il riciclo dell'aria. Che mente pazzesca, mi sono detta rileggendomi e capendo un quarto di quello che scrivevo. Non scrivendo più, mi sono semplificata un po' troppo. Non ho più attacchi di derealizzazione, sono più indirizzata, self confidence e la mia testa vaga un pò di meno. Viaggio meno bene da sola e mi servo molto di più di un tempo di espedienti estrinseci per galleggiare: divoro serie televisive e musica datata. E ho uno smisurato, continuo, assillante bisogno della conferma della presenza di chi mi è vicino, purtroppo. Esito inevitabile di un passato burrascoso. In questo momento la conferma dell'esistenza della persona eletta come "vicina" è il phon acceso in bagno. Le mie orecchie sono peggio di un mastino e tra poco seguirò gli odori della doccia per capire dove è finito.
Questa incessante necessità di, parzialmente soddisfatta da surrogati esterni, ora torna alla ribalta più prepotente. In questi giorni dopo la tua morte. Di fatto, in questi anni ho abdicato a me stessa, mi sono costruita il mio personaggio che mi racconto e ho proseguito svuotandomi fino ad arrivare a: -piangere a dirotto senza sapere perchè e odiando davvero con tutta me stessa il mio compagno, anche se mi rendevo conto che l'origine non era lui; -piangere a dirotto perchè non mi trovo più; -piangere per tutte le perdite subite e le persone morte che non rivedrò mai più; -piangere e pestare i piedi per non essere in grado di capire chi sia io realmente. Per il momento affronto la cosa con la solita ipocrisia quotidiana. All'epoca del nostro incontro, una speranza mi aveva guidato a lui e intrappolato, la stessa che fece inciampare lui su di me: di essere salvata da me stessa e che io salvassi lui. Entrambi esseri senza senso e senza voglia di trovarlo. Bentornata Easy rompicoglioni, mi sei mancata. |
Post n°1116 pubblicato il 07 Gennaio 2019 da EasyTouch
Che belli i tafferugli su blog. I post dedicati senza destinatario e tutto il nugolo di gente che ci apeggiava sopra. Chissà chi sapeva di chi e che cosa. L'altro giorno mi arriva in posta una mail di un tipo che ho visto una volta sola, molti anni luce fa, che però poi ho deciso di non rivedere più visto i tratti maniacali e ipomaniacali, la personalità con tendenze auto ed eterolesioniste e chissà che altro. Non che io sia mai stata un fiore di equilibrio, ma l'unica maniera per avere un rapporto con un alter-ego di questo tipo era sparire. Si, a distanza di eoni, mi capita davanti di nuovo quella mail, quell'indirizzo. Un messaggio firmato, ma il nome non mi diceva nulla. Potere di internet, riesco a risalire al ricordo. L'unico ricordo che ho di lui sono i suoi post in cui mi augurava di morire, di essere picchiata a sangue, malcelando queste affermazioni con un incipit di negazione. Che stile! Non ti auguro di essere etc etc... un maestro. Nei post che seguivano invece, si poteva leggere un lamento continuo, un mea culpa gregoriano, seguito poi subito da altri post di rabbia soffocata. Che tempi. Mi ricordo che seguivo il suo umore sbirciando i post un giorno si e un giorno no, nascondendo pure l'id. Un giorno, in un post in cui mi dava della puttana che la dà aggratis, leggo un intervento di una persona che conosco. Era evidente che il signore mi stava facendo terra bruciata intorno e aveva trovato ristoro nell'altro frustrato che da me non aveva ottenuto nulla, a suo tempo. Ah che tempi. Ricordo di aver passato dei momenti di preoccupazione e quindi vi dico che alla fine il gioco non era propio un gioco. Il virtuale è dannatamente reale e quando si incrocia con le persone in carne ed ossa diventa un potenziale cadavere da scaricare. Cinica? Facciamo un gioco: premesso che ogni situazione che io possa prendere come esempio non può reggere il confronto con quella che stavo passando io all'epoca e sorvolo, poniamo che tutti i vostri amici/ contatti/persone di un qualche gruppo, anche quello degli scacchi su facebook improvvisamente si concretizzassero e si mettessero in mezzo al tempo della vostra giornata, che ricordo è di 24 ore, di cui molte occupate. Mettiamo anche che si concretizzi una sola di queste persone di cui non sapete nulla e sostasse davanti a casa vostra pretendendo una fetta del vostro tempo/attenzione/ quellochevolete -e-non- per-forza -la -vostra- fica, dico: ma come pensate di prenderla alla leggera? Come la inserite nelle spiegazioni al vostro consorte/compagno ma anche a voi stessi? Qui noi non siamo mai stati noi, non lo siamo in nessun altro social perchè paradossalmente siamo dei fantasmi persino in ogni giorno della nostra vita. Non c'è via d'uscita. Ho detto che mi cerco e non mi trovo, un tempo dicevo che mi cerco e mi manco, ora direi che, se vogliono mi cercano gli altri che sono molto più bravi di me a decidere dove sono, cosa sono e perchè. |
Post n°1115 pubblicato il 30 Dicembre 2018 da EasyTouch
Mi piace questa cosa che ho di nuovo voglia di scrivere, un po' è per ritrovare lembi di me del passato, posto dove mi riconosco e per indole ricerco. Però mi piace questa cosa. Non è più un esercizio di pensiero o di retorica ma è un puro tipettare sulla tastiera. Mi piace il rumore. Potrei farlo su altri social, ma il piacere di farlo qui è solo mio e di pochi altri che manco si ricordaranno di me, anzi, di Easy. Sono tutti via. La mia forza oggi è voltarmi e andare e strada facendo prendere e lasciare quello che mi aggrada. Che bellezza. Che scoperta straordinaria. Di colpo non ho più problemi, pensieri, lascio agli altri la responsabilità delle conseguenze delle loro azioni e mi volto. Mi adoro. Non ho null'altro, per cui mi adoro. Ho lasciato persino i ricordi. il volto di mia madre è incastonato negli anni ottanta che sono trapassati. Ho cancelato tutte le chat di Roberto, erano circa 7000 messaggi. La ragione ragionata per cui l'ho fatto è perchè sospetto che il mio attuale compagno abbia delle tresche perchè gli suona di continuo il cellulare. Per cui, meditando di impossessarmi del telefono, nel frattempo ho sistemato la coscienza del mio. Perchè ho continuato negli anni a scrivere a Roberto e lui a me, con mio enorme vanto. Ho nutrito l'idea perfetta di amore rifugiandomi in essa ogni volta che volevo. Ho costruito l'amore per Roma per ricomincare a vivere. Ho imbastito congetture sulla fine del nostro amore e ripercorso ogni singolo chilometro quando viaggiavo verso Roma con il cuore in subbuglio. Ho cancellato ogni discorso, ogni foto, ogni bacio inviato con il retropensiero di poter recriminare correttezza dal mio compagno. Che asso. Quanto stupido accanimento ben celato. Non è che i miei pensieri siano tanto diversi adesso, ci sono i pensieri-guida, però, che sono più forti. Non ha senso. La strada è già tracciata, ci illudiamo di costruirla, ma l'asfaltiamo e basta. Ho cancellato tutto e ho più di prima, ho pulito e mi sono imbrattata di riconoscenza e semplicità. Che bello il periodo con lui. Che bello i periodi perchè ci sono, se ne vanno e tornano. Oggi ho solo più problemi alle ginocchia ma google Chrome mi fornisce la soluzione anche a questo. Che bello questo mondo di merda. Che bello poterlo considerare di merda. Che bello cancellare i ricordi e ritrovarseli più vivi di prima. Davanti, non dietro. |
Post n°1114 pubblicato il 30 Dicembre 2018 da EasyTouch
Ho aperto pure un blog parallelo, dove vomitare i disagi, perchè alla fine la caverna di Easy è piuttosto pubblica se paragonata al concetto di pubblico che ho. Buttare disagio lì non ha fatto altro che ingrassare il mostro del disagio, ma non per i motivi che vengno in mente comunemente. Lamentarsi fa male perchè. Sfogare la dark side non è la soluzione perchè. Uno può obiettare che il mostro di fatto esiste e che legittimarlo o meno non lo modificherà. Certo che è così. Però, questi anni di sofferenze, grazie tante, mi hanno persuaso che c'è un'arma più potente ancora. Semplicemente me la sono dimenticata o l'ho cercata dentro altri che ho stimato e che stimo. Non lo considero un errore, ma una mancanza di fiducia nelle mie capacità. Ho scoperto, strada facendo, che possiedo enormi capacità. Perchè io non me ne sia accorta prima, non lo so. Forse stavano ancora maturando. Ora inizio a vederne la testa, come delle piantine in crescita che sbucano dalla terra. Questa cosa bellissima si chiama indifferenza, atarassia o quello che volete. Di fronte a lei cadono tutte le congetture, le prove, i tentativi, le tattiche e le strategie. Subito dopo segue l'azione e il distacco dal risultato. Godere solo dell'azione potenzia l'indifferenza ed è concime della mia piantina. Sono troppo adulta per far finta di niente ed utilizzare strategie. Sono troppo adulta per credere che il dialogo serva. Serve solo percorrere la strada che ho davanti, il dolore non lo posso eliminare. Potessi riconfigurare la mia anima, la concepirei senza pietà ma con pietas, senza slancio ma con amore, senza carne ma con un pizzico di cuore. Avanti Easy. Domani ti aspetta e sarà soddisfacente di sicuro. |
Post n°1113 pubblicato il 23 Dicembre 2018 da EasyTouch
E' consolante avere un luogo dove tornare con la mente quando tutto va male o si prepara al declino. Questo non-luogo rappresenta uno dei miei rifugi mentali che torno ad utilizzare scatenando la nostalgia per il passato. Perchè qui mi sono potuta lamentare sempre senza ricevere rimproveri. Perchè qui ho costruito immagini di me che non sapevo di poter utilizzare a mio piacimento. Perchè la mente costruisce la nostra realtà e questo luogo è stato sempre la mia cartuccia di riposta al crudo realismo e al riduttivismo. Ora mi serve per la medesima ragione. Eppure conservo un certo mordente nell vita, reagisco e sono pure migliorata, conservo anche un certo fascino femminile e non mi serve affatto ricorrere a strumenti del web per conquistare qualcuno. Ma si vede che certe cose non bastano, che forse certi accadimenti e atteggiamenti ancora mi feriscono e ho bosogno della mia caverna consolatrice, dove sono esattamente quella che voglio essere e dove il dentro è il fuori. Si, la discreta sgnacchera qui a me mi fa una pippa. Però è tutto abbastanza triste, ora. Non ci siete più voi. Non c'è più Paolo che ci prova incessantemente, non c'è più Roberto da stuzzicare, non c'è più Yukaakuy da contenere o sfidare, non c'è più Halm da accusare. Sono solo personaggi che vivono nel mio passato virtuale. Perchè oggi non abbiamo più solo un passato fattuale ma esiste anche un passato virtuale. Quante ore passate con voi ma con voi che non ho mai realmente vissuto ma che ho vissuto. E Adumpa avrà sistemato le sue cose? E Kallida sarà sempre a scrivere? Il litigio con Cloud, poi, per una chat che lei ha intrecciato con Roberto...Cristina, Nico. Tutti su facebook a dare solo notizie fuorvianti di sé. Mi mancate terribilmente tutti. |
Post n°1112 pubblicato il 25 Agosto 2018 da EasyTouch
Visti da qui sembrate tutti belli e bravi. Solo perchè sono sdraiata con un cocktail e delle noccioline. |
Post n°1111 pubblicato il 07 Luglio 2018 da EasyTouch
Aspettavo un miracolo e forse lo aspetto ancora. Aspettare è pericoloso. La pazienza è pericolosa. Attendere è morire a poco a poco, lasciare marcire gli alimenti in dispensa, non cucinare per inedia e tedio, non impegnarsi in alcunchè per mancanza di motivazione. Aspettavo un miracolo ed è arrivato, esattamente come lo chiedevo, addirittura con sembianze ancora migliori di come le avevo desiderate. Ma attendo ancora. L'abitudine ad attendere è più forte della chiamata all'azione, si ruba i momenti di vita altalenando con il fastidio di non riuscire a liberarsi dal tedio. Forse aspetto ancora. Forse aspetto ancora o è l'ennesimo alibi per non faticare? Fatico senza problemi per gli altri, non mi impegno mai per me stessa. Se un problema continua a presentarsi o è irrisolvibile o non è un problema o continua ad essere tale e suggerisce altre soluzioni. Aspettavo un miracolo e forse quello che è arrivato non è un miracolo. Nei sogni si manifestano i desideri e le paure e, mentre seguito ad attendere, sogno in tutte le maniere senza impegnarmi mai. Se siano desideri o suggerimenti di paure, non saprei. Aspettavo un miracolo e continuo ad attenderlo, ma no so più di che miracolo si tratti. Provo a stabire un obiettivo su di me, ma nel momento in cui dovrei visualizzare il risultato finale non riesco a vedere nulla. Nessun desiderio particolare, nessuna proiezione. Mi sono arresa per così tanto tempo da perdere ogni slancio all'azione o non è quello che devo chiedere a me stessa? Ho provato a vivere, lo sto facendo, ma niente di quello che faccio corrisponde a quello che sono. Non so più cosa sono. Non so più dove cercarmi. |
Post n°1110 pubblicato il 12 Settembre 2017 da EasyTouch
(V) La gente non mi chiama mai, per cui se la domanda è quale sia esattamente il tuo nome, non so cosa rispondere. O meglio, ci sono una serie di perifrasi, sapete, quelle circonlocuzioni imposte o suggerite da motivi di chiarezza, di opportunità, di convenienza, talvolta anche da riserbo timoroso o ipocrita, che possono aiutare a definirmi. Il termine più appropriato che mi è stato attribuito è stato"scopino del cesso". Mi riconosco particolarmente nell'espressione di natura volgar-popolare perchè poco si presta a un serio discorso tecnico, e per l'esattezza, si allontana da quei discorsi e aggettivi usati a profusione dall'eccentrico, "elicoidale", "ritorto","a spatola", scartandoli di netto con una deviazione laterale. Da più parti è emersa la proposta "spazzola per la pulitura sommaria degli impianti igienici" ma al momento è la definizione che meno convince la maggioranza. Dicono che non si fa a tempo a dire tutta la frase che il fattaccio si è già compiuto.
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Post n°1109 pubblicato il 11 Settembre 2017 da EasyTouch
(IV) E quando uno vive con un guscio vuoto, per quanto ricca e lunga sia la sua vita, non si può dire che abbia veramente vissuto. Probabilmente avrei dovuto sparire inghiottito dentro quel buio, per non dover assistere ancora ai guizzi insulsi ed insensati dell'eccentrico, e ogni volta lo desideravo. Ma, il più delle volte non mi era possibile. Ogni volta, la mia vita si concludeva e riniziava in fondo ad un pozzo rinfrangente una luce sinistra, che veniva a inondarmi a ripetizione, per meno di dieci secondi al giorno. E ogni volta, laddentro, si bruciava progressivamente la linfa della mia vita, senza mai potersi rigenerare. Mentre la sua si era esaurita dal centro della propria origine; come un vulcano esausto, seguitava a vomitare gli ultimi schizzi di mofete e solfatare.
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Post n°1108 pubblicato il 11 Maggio 2017 da EasyTouch
(III) Procedere in ordine cronologico non mi è mai risultato consono. Sicchè, volendo continuare questo racconto, faticosamente, ve lo assicuro, perchè nel frattempo sono impegnato nel mio lavoro quotidiano, ecco che in men che non si dica, quell'uomo eccentrico mi trasformò nel suo business più riuscito. Cavalcai aerei per raggiungere mete oltreoceano, fui chiamato per conferenze in Nuova Zelanda e anche a Kuala Lumpur. Tutti mi volevano, tutti mi osannavano, tutti mi compravano e mi mettevano in bella mostra nelle loro case. Punto. Si, punto perchè tutto finiva lì. L'uomo eccentrico divenne milionario ma infelice. Come ci fosse bisogno di un'ulteriore conferma della legge universale che solo i poveri sognano, mentre i ricchi consumano la loro vita.
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Post n°1107 pubblicato il 17 Aprile 2017 da EasyTouch
(II) Non appena riaprii gli occhi, dopo aver visto scomparire mio padre a braccetto con una ballerina di danza del ventre, vidi gli occhi a palla di uno strano personaggio, vestito di rosso e arancione con i capelli sparati in aria. L’immagine mi spaventò a morte ma non ebbi nemmeno il tempo di emettere il primo vagito che il tipo già mi faceva volteggiare in aria, inclinandomi verso una fonte di luce chirurgicamente diretta.
Farfugliava aggettivi come "elicoidale", "ritorto" e "a spatola" e si affannava come se fosse in cerca di ispirazioni ulteriori. Avevo freddo e credo comprese presto il mio stato, poiché si affrettò a coprirmi riponendomi nella mia custodia originaria, dove tornai a sentirmi al sicuro. Di tanto in tanto mi approvvigionava di liquidi, tanto che iniziai ad affezionarmi a quello che ormai consideravo il mio papà a tutti gli effetti.
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Post n°1106 pubblicato il 14 Aprile 2017 da EasyTouch
(I) Sin dal momento in cui misi piede in questo vostro mondo, capii che il mio ruolo, compito, posto, posizione, mansione fossero tra i più ingrati sulla terra. Sperare di essere riassemblato e finire su Plutone, era un pensiero quantomeno irrealistico in questo momento di crisi di risorse materiali e umane, dunque cercai di adattarmi il più possibile e il prima possibile. Mia madre non l’ho mai conosciuta; le voci di corridoio dicono che al momento del parto morì di crepacuore. Mio padre, invece, si diede molto semplicemente alla macchia, senza grossi accorgimenti, dopo avermi visto ed aver esclamato “merda”. Ma non voglio trarvi in inganno con l'incipit della solita storia strappalacrime dell'orfanello abbandonato. In realtà, la fortuna iniziò a sorridermi proprio nel momento in cui venni abbandonato, come nei migliori romanzi di vita. Sarà stato per il periodo di crisi mondiale e della corsa alla sostenibilità ambientale, sarà stato perchè era già iniziata già da qualche decennio l'era dei Verdi e dell'ecologia come salvezza religiosa, ma venire al mondo nel secolo duemila è stata quasi una benedizione. Non immagino come avrei potuto vivere solo qualche secolo prima: anzi, forse non sarei nemmeno mai stato concepito. |
Post n°1105 pubblicato il 20 Marzo 2017 da EasyTouch
(IV) “Chi sono tutti?” rispose lei, “Mi vuoi forse dire che per queste persone non è QA, l’Era del Qualsiasi? Avanti, chiedi alla signora del b and b, che giorno è e che anno è. Avanti”. Giuseppe si zittì ma non per essere stato contraddetto. Si fece cupo e sussurrò: “Come, non dirmi che non lo sai. Oggi, nel vederti in bagno, ho pensato tu lo sapessi, ho sperato tu lo sapessi…”. “Cosa, Giuse, cosa? Potresti essere un po’ più resiliente apertamente più o meno?”. “Smettila di parlare come quei cretini al lavoro! Quaffuori tutti fingono di capirli, perché se si accorge Lui che le cose non girano come vuole…”. “Giuse, lui chi? Stai vaneggiando, farneticando, pullulando, che c’hai?”. Giuseppe si era fatto scuro ma proseguì abbracciando tutto il coraggio che poteva avere: “Nessuno possiede più un giorno, i mesi non esistono più e gli anni sono diventati QA perché non abbiamo più scelta. Anzi, non l’abbiamo mai avuta veramente, se esiste un veramente, se esiste una realtà”. Giuseppe faticava a proseguire e si affidò all’energia di un gesto del braccio verso l’alto per sottolineare le fievoli parole: “Guarda bene il cielo, se ti capita. Se lo osservi per almeno un minuto o quello che ti ricordi essere stato un minuto, puoi scorgere un buco. Facci caso. Stiamo andando verso una fine, dicono i vecchi perdenti e gli ultimi. Alcuni addirittura raccontano di aver visto oltre il buco nel cielo la grossa mano di un infante intenta a ravanare le cime degli alberi e ad incastrarle come si fa con i lego. I rigurgiti di realtà che abbiamo potrebbero essere i sintomi di un inizio di consapevolezza, anzi, lo sono.” Giuseppe non si reggeva più in piedi e si accoccolò seduto sul marciapiede dell’angolo della strada in cui si erano fermati a discutere. Lei lo imitò, rivolgendo lo sguardo al cielo, cercando di non perdere l’equilibrio e al contempo di trovare la misura di un minuto per poter scorgere il varco. In quel momento, al di sopra di ogni traffico stradale, voce, schiamazzo, musica a tutto volume e continuo squillare dei telefonini, risuonò forte un gemito, si sentì un puzzo terrificante di merda e dalla montagna si alzò un tumulto di sabbia e polvere. Era opera di un bambino e doveva averla fatta, la marachella di aver sradicato troppi alberi e la cacca fuori dal pannolino. |
Post n°1104 pubblicato il 07 Marzo 2017 da EasyTouch
(III) Quel timore seguitava ad averlo lei e quando usciva si guardava bene dal proferire qualsiasi parola prima di essersi accertata di conoscere il proprio interlocutore. Mutando le regole del linguaggio, mutavano anche i problemi e gli ordini concettuali legati ad essi, per cui, quando era al lavoro diveniva una questione irrisolvibile riporre la carta igienica nel porta rotolo e quando era a casa, considerare un fatto semplice quello di utilizzare il porta rotolo diventava un vero e proprio cambio di paradigma. Così, le faccende più complicate e assurde, come “scrivere un testo in inglese con termini in tedesco e italiano, ma non troppo” erano diventate cose ordinarie e quasi facili, mentre decidere se fosse più bello un vestito rosso o uno blu era diventato un incarico difficilissimo. A sei co.co.co. di distanza, lei ormai era quasi riuscita ad applicare il codice del lavoro come facevano tutti gli altri anche fuori, e gli altri la stavano riconoscendo come una di loro, salvo ancora qualche momento di rigurgito di realtà di cui lei soffriva di nascosto, ormai quasi anche da se stessa. Uno di quei giorni, qualsiasi, dell’Era del Qualsiasi inoltrata, disse a tutti di dover andare ad evaporare, mentre invece andò a vomitare, per via di quei rigurgiti di realtà. Mentre era china sul water, si voltò verso la finestra aperta per respirare e si accorse che al bagno di fronte Giuseppe era chino sul water con la finestra semiaperta, come lei, e come lei si era voltato a respirare dopo l’affanno. I loro sguardi si incrociarono, Giuseppe inforcò immediatamente gli occhiali e si accertò della visione, mentre lei si affrettò a sistemarsi ed uscì. Quel giorno qualsiasi rischiava di diventare un giorno preciso, lo avevano capito entrambi, si attendeva solo di capire chi dei due avrebbe fatto la prima mossa, rischiosa, appunto. Fu il prode Giuseppe, che attese lei fuori, a fine turno. La rincorse per la strada per un bel pezzo e quando la raggiunse lei si voltò dicendogli: “Allora, mi sembrava di averti consegnato le sedie e le piattole”, volendo fargli intendere di non essere intenzionata a comprendere altro codice. “Smettila, lo sai meglio di me che se qui fuori ci sentono ci prendono per pazzi. Questa è la realtà, ti sei accorta che esiste?”. Lei lo guardò e senza voler dar adito a sospetti di aver capito qualcosa, si voltò per proseguire. Giuseppe le si affiancò e incalzò: “Non è possibile che tutti i giorni mentre vieni qui tu non ti accorga di quello che dice quel vecchio all’angolo della strada che ha perso tutto, non è possibile che non incappi nella questua della signora che un tempo teneva il b and b all’angolo. Li sentono tutti, e ogni giorno ci avvertono che si avvicina una fine”. |
Post n°1103 pubblicato il 19 Febbraio 2017 da EasyTouch
(II) Il giorno in cui discusse la sua tesi di laurea se lo sognò per molto tempo a venire, molto di più del giorno del suo matrimonio, che invece era caduto nell’Era del Qualsiasi, esattamente il 23 Settembre del QA, unità di misura temporale evoluta rispetto a quella che si sarebbe usata in epoca posteriore, in cui i giorni sarebbero stati indicati con la sigla GG e i mesi erano in via di estinzione. Si ricordava vagamente del tempo in cui le canzoni che uscivano alla radio duravano stagioni intere e il giorno di uscita di un album era quel giorno esatto e non un altro, ed era facilmente riconoscibile perché di album ne usciva uno ogni due anni. Si viveva un giorno alla volta e ogni giorno era memorabile perché si poteva ricordare ogni cosa di esso. Gli uomini riuscivano ancora a contare per uno, dunque i giorni erano numerati e così le ore contavano e si contavano. Quel giorno, il 6 Marzo 2004, quello in cui la proclamarono dottoressa, fu l’ultimo ad avere un numero, un mese e un anno precisi, poi, fuori o dentro, piano piano tutto andò sfumando i propri contorni. Soprattutto qualche tempo dopo aver iniziato a lavorare lì. Alessia era rimasta fissa a guardarla con gli occhioni spalancati, ma lei seguitava a non rispondere e in testa aveva un turbinio di pensieri da cui non riusciva ad uscire per poter proferire qualche parola razionale. Le fece un cenno per accordare una pausa e Alessia, scoraggiata, si voltò e rapidamente uscì dal suo campo visivo. Il primo giorno di lavoro aveva avuto ancora un numero, quelli successivi si confusero presto. Non c’era una ragione razionale in tutto questo e, mentre i giorni passavano, lei imparò dall’esperienza che la sedia per loro si chiamava gomma, che se voleva andare in bagno doveva dire che doveva evaporare, e se le chiedevano un protocollo lei doveva rispondere sempre acca kappa ed evitare di imprimerci sopra un timbro con giorno mese e anno riconoscibili. I primi giorni di lavoro furono un disastro, non aveva capito che lì nessuno faceva qualcosa di preciso o aveva un ruolo: c’era chi arrivava e subito ripartiva per andare a fare la spesa, chi usava andare a pregare a metà mattina, e se per alcuni la metà mattina era il tardo pomeriggio, per altri era mezzogiorno. Solo le giornate intere erano ancora percepite come un tempo, sia per necessità fisiologica sia perché la luce e il buio insistevano ad avvicendarsi ad un ritmo regolare. Quei principi, della gomma e della sedia, per intenderci, valevano solo nell’istante x in cui si varcava quella soglia del luogo di lavoro e tutti là dentro lo sapevano da sempre; così da tanto sempre da non sospettare più che fuori potesse esistere ancora o un altro sistema, tanto facevano valere il loro in ogni luogo, senza alcun timore di essere contraddetti. |
Post n°1102 pubblicato il 12 Gennaio 2017 da EasyTouch
[I] Il giorno che sarebbe arrivato somigliava sempre a quello precedente e quello precedente a quello ancora anteriore, che somigliava terribilmente a qualsiasi altro. Ogni oggi era uguale a ieri e così, a poco a poco, scompariva nelle pieghe dell’oggi ogni domani. Anche il nome non ha grossa importanza in questa storia, potete addirittura sceglierlo, tanto non se la prende e anche io ormai ci ho fatto l’abitudine. I clienti la chiamavano Fraulein quando andava bene, quando invece era giorno di mercato e aprivano le gabbie degli invasati, questi si trasformavano in invasori e i nomi diventavano gesti o urla. L’ultimo urlo capitò un giorno qualsiasi, uno come quello precedente, ma forse anche un po’ peggiore e le fu fatale, ma non morì. Si conficcò in un luogo dentro di lei, a lei fino a quel momento sconosciuto e da lì scaturì l’incontenibile. Andò dritta al camerino e sussurrò all’orecchio del cliente sbraitante un pacato e scandito vaffanculo. Da quel momento il giorno che sarebbe arrivato avrebbe iniziato a non somigliare più terribilmente a quello precedente e nemmeno a quello ancora successivo. Iniziò una serie di eventi a cascata che sembrava dessero il via ad una cosa diversa, ad una scelta o ad una vita o ad una vita scelta, forse. Sull’onda della reazione, si iscrisse ad un corso di studi, cambiò città, stanza, uomo e le facce che incontrava la mattina, e piano piano ogni mattina diventava diversa dalla precedente. “È facile raccontarlo con il senno del poi, il casino è quando ci sei dentro e dentro ci sei sempre, anche quando ti pare di essere nel poi”, tentava di raccogliere tra sé e sé i pensieri per cercare di rispondere assennatamente alle domande che Alessia le poneva a raffica. Stava lasciando il suo posto di lavoro dopo molto tempo e le avevano chiesto di formare la tirocinante che avrebbe svolto le sue mansioni, una volta terminato il suo ultimo dei sei co.co.co. Non sapeva come aiutarla, d’altra parte quelle cose le impari, come si usa dire, con l’esperienza. Si usa dire, appunto, così, per non spaventare i neofiti, e questa era sicuramente la ragione per cui, all’inizio di questo nuovo lavoro, la segretaria chiudeva le cartelle con la password, nascondeva la graffettatrice e rimaneva in pausa caffè un’ora e mezza. Fino a qui, diciamo che si poteva capire e spiegare senza pretese che la cosa venisse accettata, però, almeno, che potesse essere afferrata. Il casino era altro e non si poteva dire e basta. |
Post n°1100 pubblicato il 21 Novembre 2016 da EasyTouch
Retro mode on 1. A Cervia, Pappafico, io io ed io in imperfetta solitudine, con tutto e quasi niente da non poter rifiutare. Sabbie del Polesine non bonificato, Andrea Costa al violino, Cecilio alla chitarra e basso. 3500 euro. Chi li presentasse, rimane un mistero, una voce urlante da urlo. Solo un ultimo pezzo e forse la solitudine si alleggerisce da sulla testa, non preme sul fegato, sano per troppo purismo e osmosi. Pesa, pesa. Dove sei? E mi cerco dentro ad un'unica domanda, sempre quella, ma cambiano i soggetti. Eppure ci sei, eppure c'è. Il coro di voci bianche e la metodica di Illuxit, li avevo pensati per un pezzo mai concluso, incompiuto, come me. Ma non è questo il punto. Siamo niente. Sto bene dentro una tenda con pieghe mai stese. Forse è non dove sei, ma cosa cerco. Cerco, cerco e cerco, annuso, schiudo gli occhi e piango lacrime in modalità retro. Ho la consistenza di una pietra sorda.
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Post n°1099 pubblicato il 19 Settembre 2015 da EasyTouch
Insieme a Pictures of you e A Forest metto anche questa. Arrivederci |
Post n°1098 pubblicato il 13 Settembre 2015 da EasyTouch
Le decisioni vengono prese altrove. E' una bella frase d'effetto. A me le frasi così fanno quell'effetto per poco, poi le sminuzzo le mastico e le risputo. Non è cattiveria ma il mio marchio di fabbrica. La ragione riposa nella ragione imposta, cioè non poter permettersi il lusso di credere in frasi; subisco la maledizione dell'attitudine alla scoperta ma non posso permettermela. La posta non è il sangue dell'anima o la ferita di un affetto mal o ben riposto. La vita mi punisce ad ogni deviazione dalla sua precostituita strada, e questa è una certezza eppure ogni volta mi salta in testa di imboccare la route 66 quando ho un moribondo da trasportare al policlinico più vicino.
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Inviato da: cassetta2
il 29/10/2022 alle 08:03
Inviato da: EasyTouch
il 05/10/2022 alle 22:25
Inviato da: cassetta2
il 05/10/2022 alle 15:23
Inviato da: cassetta2
il 13/01/2020 alle 11:36
Inviato da: cassetta2
il 12/03/2019 alle 10:27