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Post N° 29

Post n°29 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da giovannydelprete


Rodi, in fondo al
mediterraneo



Un gruppo di soldati italiani
in una luminosa isoletta dell'Egeo dentro una linda caserma tirata
a calce. Fiori e piccoli orti ingentiliscono il piccolo edificio
militare. Potrebbe essere una scena del film "Mediterraneo" di
Gabriele Salvatores, se non fosse per il fatto che questi uomini
portano sul berretto la caratteristica fiamma dell'Arma.


il plotone mitraglieri ciclisti. I pezzi pesanti sono su moto, i leggeri sono a spalla.Rodi ed altre
isole minori del Dodecanneso erano state occupate nel lontano
1912 dall'Italia per premere sul governo ottomano in modo da
concludere alla scelta la guerra in Libia. Doveva essere
un'occupazione provvisoria, ma che secondo la bizzarra legge
della provvisorietà finì per diventare permanente.


Il trattato di Parigi del 1920 aveva
previsto che le isole fossero consegnate alla Grecia, ma l'Italia
aveva nel marzo 1921 occupato anche l'isola di Castelrosso.

I Carabinieri, prevedendo lo sganciamento italiano da quei
possedimenti, avevano prudenzialmente creato un corpo autonomo di
polizia, denominato Corpo dei Carabinieri di Rodi e Castelrosso.
Questo corpo era prevalentemente formato da elementi locali, spesso
di origine ortodossa, inquadrati da sottufficiali italiani agli
ordini di un tenente.


carabiniere ciclista di Rodi in uniforme di servizio (tavola di Giorgio Cantelli).Il corpo rimase
in vita per un anno appena: la guerra in Anatolia aveva
spezzato la potenza greca in Asia minore e le isole rimasero
italiane. A questo punto tornò a funzionare a pieno organico
la compagnia dei CCRR dell'Egeo.


Si trattava di un compito faticoso.
Scrisse nelle sue memorie il capitano Guido Grassini "C'è lavoro
per tutti nelle caserme dei Carabinieri dell'Egeo, come del resto
anche in quelle d'Italia. Ma laggiù, a differenza che nel Regno,
tutto si assomma e si conclude nell'opera dei carabiniere: dal
servizio d'istituto vero e proprio ad un'infinità di altre mansioni
che fanno dei nostri militari i maestri d'italiano, gli ufficiali
postali, doganali e marittimi, i giudici conciliatori, i notai, i
consiglieri e i protettori della popolazione indigena. E' una
processione continua di popolani, di ogni età e di ogni sesso, che
si recano alla caserma per avere aiuto, assistenza, consiglio".






Approfondimento:Nasce il museo


Che cosa è
un'istituzione senza i suoi ricordi e l'orgoglio delle tradizioni?
L'idea di creare un corpus di documenti e di cimeli significativi
dell'Arma era già stata formulata nel 1908 dal capitano Vittorio
Gorini, in servizio presso il Comando Generale, ma le emergenze che
i Carabinieri erano stati chiamati a fronteggiare (non ultima la
Grande Guerra) avevano logicamente rinviato l'attuazione del
progetto. Generali illustri e stimati come Carlo Petitti di Roreto
e Ruggero Denicotti ebbero il merito di tener viva l'idea, avviando
una prima raccolta provvisoria di pezzi storici.


Discreti e solerti soldati
continuarono la loro paziente opera fino al 1925 quando il Museo
Storico dell'Arma fu costituito come ente morale con un decreto
legge (3 dicembre). La sistemazione finale ebbe luogo con la
solenne inaugurazione del 6 giugno 1938 alla presenza di Vittorio
Emanuele III. Da allora il museo è la casa delle memorie di tutti i
Carabinieri, in cui ogni oggetto offre un conforto e un aiuto a
superare le difficoltà presenti e rappresenta un tacito monito a
eguagliare la dignità e la gloria dei predecessori. Il cuore del
museo è costituito da un sacrario. Una luce arde perenne e
rischiara un laconico, pesante motto: "Obbedimmo".

 
 
 
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