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Post N° 32

Post n°32 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da giovannydelprete


Gli anni difficili



Reduci e partigiani
trovarono al loro rientro a casa condizioni drammatiche: lutti,
miseria, mancanza di lavoro. E anche la situazione politica,
interna e internazionale, non sembrava molto
incoraggiante...



5 giugno 1946: il Ministro dell'Interno Giuseppe Romita comunica i risultati del referendumLa liberazione
dell'Italia settentrionale e la conclusione della guerra
reinserirono d'un colpo nella vita civile masse di partigiani,
di reduci e di ex deportati nei campi di concentramento
tedeschi. La situazione che tutte queste persone trovarono al
rientro fu, a dir poco, scoraggiante. Case distrutte, parenti
e amici inghiottiti dalla guerra, miseria, difficoltà estrema
di reinserimento nella vita civile e nel lavoro. La bancarotta
monetaria e la gravissima crisi economica erano aggravate dai
danni subiti dagli stabilimenti industriali.


I problemi sociali sfociarono, come
era ineluttabile, in gravi disordini e in fenomeni di criminalità
generalizzata (e organizzata), favoriti dal numero enorme di armi
rimaste in circolazione e dalle condizioni di autentica
disperazione nelle quali era venuta a trovarsi la maggior parte
della popolazione.


Alcune cifre offrono un quadro della
situazione. Il patrimonio nazionale si era ridotto di oltre il 33
percento; la flotta mercantile aveva perso cinque sesti del
tonnellaggio; le ferrovie avevano perso il 50 per cento dei carri
merci, l'80 per cento dei vagoni passeggeri e il 60 per cento delle
locomotrici, sistematicamente prese di mira dai cacciabombardieri
alleati e dai sabotaggi. Nei primi mesi del dopoguerra si viaggiava
dal nord al sud dell'Italia con mezzi di fortuna e con tempi di
percorrenza spaventosi: occorrevano giornate intere per coprire
qualche centinaio di chilometri. L'inflazione aveva raggiunto
livelli intollerabili, anche a causa della decisione degli alleati
che, soprattutto sotto la miope pressione britannica, avevano
imposto un cambio rovinoso della lira rispetto alla sterlina;
successivamente, dopo aver messo in piedi l'AMGOT
(Allied Military Government of the Occupied
Territories
), stamparono le cosiddette am-lire
(allied military currency). Sul retro,
le am-lire recavano stampate le quattro libertà fondamentali
(di parola, di religione, dalla paura e dalla miseria), ma
riguardo all'ultima non fornirono un contributo apprezzabile.
L'enorme volume di banconote messe in circolazione moltiplicò
l'inflazione. Dai 394,7 miliardi di am?lire in circolazione
al 30 giugno 1946, si salì a 577,6 miliardi appena un anno
dopo.


Umberto II, il re di maggio, al seggio elettorale per il referendum fra monarchia e repubblica.Il problema dei
viveri era angoscioso. L'AMGOT, inizialmente, non ,aveva
inserito fra le sue priorità i rifornimenti alimentari alle
popolazioni liberate. Quando finalmente ci si rese conto della
gravità del problema, la distribuzione fu attuata con gravi
inefficienze e numerosi episodi di corruzione, a tutto
vantaggio dei profittatori e di chi speculava stilla borsa
nera.


Le calorie disponibili con il
tesseramento (senza ricorrere alla borsa nera) erano 1.800 al
giorno contro le 2.700 del periodo 1936?1940: cifre bassissime se
confrontate con le abitudini alimentari dei giorni nostri. Soltanto
l'assistenza dell'UNRRA (United Nations Relief and
Reliabilitation Administration
), una delle prime agenzie
delle Nazioni Unite, sorta per alleviare le sofferenze delle
popolazioni dopo la guerra, permise alla gente di tirare avanti in
attesa di tempi migliori.


UN'ALTRA SFERA D'INFLUENZA.
Insieme ai problemi sociali, l'Italia doveva fare i conti con una
complessa situazione internazionale. Già nel 1943 gli alleati,
nonostante le residue opposizioni di Stalin, avevano deciso che la
penisola dovesse ricadere nell'area d'influenza inglese. Churchill
aveva subito assunto un atteggiamento preconcetto ed ostile nei
confronti degli italiani, colpevoli di aver dichiarato guerra
all'impero britannico e passibili per ciò stesso di un periodo di
espiazione di durata indeterminata.


Al premier britannico non importava
gran che della compromissione della monarchia con il fascismo:
continuava anzi a considerare Vittorio Emanuele come l'unico valido
interlocutore politico, ignorando del tutto i dirigenti dei CLN
(Comitato Liberazione Nazionale). Il 22 febbraio 1944 pronunciò
nell'aula austera della Camera dei Comuni un discorso che fu
giudicato brutale e offensivo dal CLN: "Quando bisogna tenere in
mano una caffettiera", spiegò Winston Churchill in quella
occasione, "è meglio non rompere il manico fino a quando noti se ne
è trovato uno nuovo altrettanto conveniente ed utilizzabile, o
almeno fino a quando non si abbia uno strofinaccio a portata di
mano".


il presidente della Corte di Cassazione Pagano legge i risultati del voto. Umberto II partì partì per l'esilio di casais il 13 giugno 1946Al di là delle
idiosincrasie dei settori politici più conservatori, i
governanti del Regno Unito erano preoccupati di evitare che
l'Italia si trasformasse in un trampolino sovietico sul
rischioso esempio di Jugoslavia e Grecia. Nel tardo 1943 gli
stessi inglesi avevano spostato il loro appoggio dai cetnici
nazionalisti ai partigiani comunisti di Tito, ma se avevano
ottenuto in cambio un maggiore appoggio militare, avevano
perso ogni influsso sul leader comunista. A dispetto
dell'aiuto inglese Tito fondò uno Stato comunista,
inizialmente vicino alle posizioni dell'URSS.


In Grecia, nel dicembre 1944, era
già scoppiata la guerra civile tra comunisti e monarchici, questi
ultimi sostenuti dalle truppe del Commonwealth.


La pressione britannica sull'Italia
attenuò progressivamente in conseguenza della crisi economica
inglese. La guerra aveva comportato per l'erario uno sforzo
tremendo. Nel febbraio 1947 il governo laburista (che aveva preso
il posto di quello conservatore che aveva guidato il Paese durante
il conflitto) fu costretto a informare gli alleati americani
dell'impossibilità di intervenire con programmi di aiuti in Turchia
o in Grecia a causa della totale mancanza di possibilità
economiche.


Nel marzo 1947 il nuovo presidente
statunitense Harry Truman, successore di un Roosevelt idealista e
incline a non capire la vera natura di Stalin, enunciò una dottrina
che apri la guerra fredda. Questo nuovo orientamento comportò
conseguenze pratiche anche per l'Italia.


Winston Churchill. Il Primo Ministro Britannico dimostrò una certa diffidenza nei confronti della scelta repubblicana in ItaliaSOVRANITA'
TUTELATA.
"La politica degli Stati Uniti deve essere
quella di appoggiare i popoli liberi che resistono ai
tentativi di assoggettarli compiuti da minoranze armate o da
pressioni esterne... I regimi totalitari fioriscono sulla
miseria e sul bisogno, si diffondono e crescono sull'infausto
terreno della povertà e dei conflitto. Essi raggiungono il
loro pieno sviluppo quando la speranza di un popolo per una
vita migliore viene a mancare. Noi dobbiamo tenere desta
questa speranza". Con queste parole Truman si impegnava a
contenere l'espansionismo sovietico a livello globale innanzi
tutto con mezzi economici, senza però escludere anche quelli
politico-militari nei casi più seri e delicati.


Il delinearsi precoce di due blocchi
contrapposti condizionò immediatamente le strategie del Partito
Comunista Italiano. A metà del 1944, con la famosa svolta di
Salerno, il segretario del PCI, Palmiro Togliatti, rinunciò a ogni
ipotesi di insurrezione preferendo puntare sulla creazione di un
vasto fronte di lotta ai nazifascisti. Tutte le spinose questioni
dell'assetto politico post?fascista vennero quindi rinviate alla
fine della guerra e alle decisioni sul nuovo assetto istituzionale
da dare all'Italia. Applicando le teorie di Gramsci, Togliatti
scelse la strada di una progressiva conquista delle posizioni
sociali come strumento strategico per far accedere la classe
operaia alla direzione dello Stato. Al tempo stesso, seguendo la
sua sensibilità pratica, il leader comunista non sottovalutò
l'importanza di alleanze politiche con le forze di rilievo in quel
momento storico e in particolare con la Democrazia Cristiana. Ma, a
dispetto di questo, la tensione politica era molto alta e il
mantenimento dell'ordine pubblico rappresentava un problema di non
facile soluzione che impegnava severamente le forze di polizia e
l'Arma dei Carabinieri.

 
 
 
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