Nel solo 1946 le
statistiche del crimine elencarono: 2.160 omicidi, 10.708
rapine, 330 sequestri di persona (uno ogni 26 ore e mezzo!),
1.162 estorsioni, 155.019 furti aggravati, 123.878
furti.
Questo bilancio spaventoso era
ulteriormente aggravato dalle sanguinose rivolte che esplosero in
moltissime carceri (a Bologna, a Torino, ad Alessandria, a Forti, a
Pavia, a Genova) e che furono represse, con molta durezza, con
l'intervento di carri armati, autoblindo e truppe di fanteria.
Nel carcere di San Vittore, a
Milano, i detenuti entrarono in rivolta, con furia selvaggia, il 22
aprile 1946. Soltanto il tempestivo intervento di un autoblindo dei
Carabinieri, che bloccò il portone del carcere, riuscì a impedire
un'evasione di massa.
Per quattro giorni le autoblindo del battaglione mobile dei
Carabinieri di Milano, appostate ai quattro angoli del
penitenziario, spararono raffiche di mitragliatrice contro le
finestre dalle quali si intravedevano movimenti sospetti.
Contemporaneamente affluivano
rinforzi da Torino e da Bergamo. Pur avendo catturato un certo
numero di ostaggi, i ribelli furono costretti ad
arrendersi.
In quell'anno le perdite dei Carabinieri furono impressionanti: 101
morti e 757 feriti, l'equivalente di una compagnia distrutta e un
battaglione fuori uso.
La riorganizzazione dell'Arma, tuttavia, procedeva speditamente,
favorita dal fatto che gli alleati consideravano i Carabinieri un
sicuro punto di riferimento. Le clausole del trattato di pace
fissarono la forza totale dell'esercito a 185 mila uomini e quella
dei Carabinieri a 65 mila, con un rapporto di 3 a 1 che costituiva
un tangibile riconoscimento dell'affidabilità dei militi. E fu in
quel periodo che si rinunciò all'impiego dell'esercito nell'ordine
pubblico, salvo i casi più gravi nei quali si riteneva
indispensabile un appoggio all'opera delle forze dell'ordine.
Il governo, in base alla
valutazione del momento storico, decise di rifondare la Pubblica
Sicurezza (PS), organizzata militarmente anche se dipendente dal
Ministero dell'Interno. Il dualismo con i Carabinieri poteva
comportare disagi, incertezze e duplicazioni, ma garantiva
all'Esecutivo una maggiore libertà di manovra.
La polizia conosce un'impetuosa crescita: dai 17.565 uomini del
1940 si passò ai 51.367 del 1946 (con un incremento del 292,4 per
cento), grazie anche ad una consistente aliquota di appartenenti
alla PAI (Polizia Africa Italiana), ancora abituati agli sbrigativi
metodi coloniali. Nel 1947 la rinascita della polizia fu consacrata
dalla creazione dei cosiddetti reparti celeri. Fortemente voluta
dall'energico ministro degli Interni Scelba, la Celere si costruì
una fama interna di inesorabile pacificatrice di
disordini.