Gli anni
Sessanta e Settanta si rivelarono particolarmente impegnativi
per l'Arma. La Guerra Fredda non si era ancora conclusa (anche
se aveva superato la fase più acuta e pericolosa): due
blocchi, guidati dagli USA e dall'URSS, continuavano a
contrapporsi, dividendo il pianeta in due enormi sfere di
influenza. All'ombra di imponenti arsenali atomici le due
superpotenze ingaggiavano uno scontro multidimensionale senza
esclusione di colpi. In Medio Oriente, Africa, Sud Est
Asiatico, America Latina si intessevano alleanze, si
stendevano trame, si agitavano agenti e propagandisti,
scorrevano fiumi di denaro e di armi in un susseguirsi di
elezioni, guerriglie e colpi di Stato.
L'Europa era stretta dal gelo di
Yalta. La sanguinosa guerra civile in Grecia, le repressioni nella
neonata Repubblica Democratica Tedesca e la fallita insurrezione
ungherese avevano chiaramente espresso l'immutabilità degli assetti
politici e confinari del continente, ma il grande gioco della lotta
per l'influenza politica non si esauriva.
Da un lato NATO e Patto di Varsavia
accumulavano e ammodernavano armamenti specialmente lungo la
sterminata frontiera di contatto fra le due alleanze. Il gelido
Capo Nord, le fertili piane tedesche, le aspre frontiere balcaniche
ed anatoliche vedevano un'incessante attività di addestramento e
schieramento di divisioni e squadre aeree.
I mari che circondavano il vecchio
continente erano solcati da flotte imponenti, strette attorno alle
maestose portaerei americane o ai superbi incrociatori sovietici, e
scandagliati da gruppi di sommergibili. Tutto doveva essere pronto
per l'imprevedibile terza guerra mondiale, giocata in ogni variante
sui tavoli degli stati maggiori.