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Post N° 25

Post n°25 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da giovannydelprete


Un posto al sole



La politica estera del
duce non poteva essere per la natura stessa del suo regime la
continuazione di quella del precedente regime liberale. Voleva
piuttosto proiettare un'immagine di potenza e di intimidazione
anche se questo poteva alienare simpatie e costare posizioni
preziose nel concerto internazionale.


L'assassinio del generale Tellini
alla frontiera greco-albanese (1923) offre a Mussolini
l'opportunità di sfoggiare una riedizione della politica delle
cannoniere con uno spettacolare bombardamento terroristico
sull'isola greca di Corfù.


zaptié eritrei cammellati. La reazione
britannica a questa sfida alla Società delle Nazioni è
negativa, ma Mussolini non se ne cura eccessivamente e
continua a giocare su un doppio registro: si propone come ago
della bilancia e mediatore fra le potenze europee e al tempo
stesso mina gli equilibri del 1919 per garantire una nuova
espansione imperialistica italiana.


Al primo filone di comportamenti
appartengono: il patto di Locarno (1925) per stabilizzare gli
assetti tra Francia, Belgio e Germania; il patto Kellog (1928) per
la rinuncia alla guerra; il patto a quattro (1933) per un
direttorio fra Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna che
favorisca il disarmo e la collaborazione con la Società delle
Nazioni; il trattato di non aggressione con l'Unione Sovietica
(1933); il convegno di Stresa (1935) con la Francia e la Gran
Bretagna per garantire l'integrità dell'Austria e per opporsi
all'ormai evidente riarmo tedesco.


La linea destabilizzatrice si
concretizza in una serie di altri eventi: il finanziamento delle
organizzazioni fasciste a livello mondiale; il patto di Roma (1924)
con la Jugoslavia per una revisione dei confini senza la
partecipazione della Società delle Nazioni; accordi commerciali con
potenze revisioniste come la Germania e l'URSS; ripetute
dichiarazioni secondo le quali l'Italia ha il compito storico di
esportare il fascismo nel mondo e di tornare a svolgere un ruolo
centrale nella civiltà umana come in passato. In questo secondo
filone si inseriscono le nuove mire imperialiste nel Corno
d'Africa. Inizialmente la politica italiana verso l'Etiopia era
stata di continuazione di un benevolo protettorato, confermato dal
ruolo attivo svolto per agevolare l'ingresso di Addis Abeba nella
Società delle Nazioni e da un patto di amicizia che era stato
stipulato nel 1928.


Un esercitazione di un reparto di Zaptie'.Hailé Selassié
non nasconde la propria diffidenza nei confronti del governo
di Roma. Nutre il sospetto che l'aiuto di tecnici italiani
preluda alla penetrazione economica. Per sventare la minaccia
chiama tecnici da altre nazioni e ostacola, per quanto
possibile, gli appalti alle ditte italiane per la costruzione
di strade, rallentando anche i rapporti commerciali con
l'Italia. Nel giro di pochi anni l'atmosfera si avvelena:
secondo la testimonianza di De Bono, Mussolini inizia a
meditare l'invasione dell'Etiopia fin dal 1932.


Il regime fascista sente sul collo
il fiato di una depressione economica che gli aliena i consensi
interni, già resi tiepidi dall'aumento della corruzione e
dell'inefficienza nei rami della pubblica amministrazione.
Affiorano così i discorsi sulla necessità di trovare uno sbocco
demografico all'Italia sovrappopolata, di avere diritto in quanto
razza guerriera e virile ad un impero, di conquistare un posto al
sole. Non importa come, non conti a qual prezzo, un successo
brillante e inequivocabile appare ormai urgente, anche per lavare
l'onta (mai dimenticata) di Adua.


PRODROMI DELL'ATTACCO. Quel
che occorre è il casus belli. La zona dei pozzi di Ual-Ual era
stata fortificata dagli italiani per proteggere dalle frequenti
incursioni predonesche il confine somalo-etiopico e per controllare
una ventina di pozzi, risorsa essenziale per le popolazioni nomadi
dell'Ogaden, a cavallo tra i due territori. Il possesso della zona,
però, non é pacificamente riconosciuto dall'Etiopia e, per la
vicinanza al confine con il Somaliland britannico, anche
l'Inghilterra era interessata alla questione. Il 24 novembre 1934
una commissione mista anglo-etiopica si avvicina ai pozzi,
accompagnata dalla minacciosa presenza di centinaia di abissini
armati di tutto punto.


addestramento di zaptié. Al momento nel
fortino si trovano due sottufficiali indigeni e una sessantina
di dubat, i quali sollecitano istruzioni al telefono senza
cedere la posizione. La tensione sale rapidamente. Arriva il
comandante delle bande armate confinarie, capitano Roberto
Cimmaruta, il quale si rende immediatamente conto che è meglio
fare affluire altre forze sostenute da autoblindo e mettere in
allarme l'Aeronautica. Infatti gli abissini pretendono
l'abbandono della postazione. A nulla valgono i tentativi di
negoziare sul campo una qualche soluzione insieme agli
osservatori britannici:: la tensione sale ulteriormente quando
i pozzi sono sorvolati dagli aerei italiani. Gli inglesi
esprimono una vibrata protesta e se ne vanno. Restano, invece,
le bande abissine, guidate da un audace fuoriuscito somalo,
Omar Samantar, noto per le sue azioni di guerriglia
antiitaliana.


Il 5 dicembre si verificano le prime
scaramucce. La risposta italiana, nel pomeriggio e nella mattina
del giorno successivo, è devastante. L'aviazione interviene
mitragliando e spezzonando i concentramenti abissini. Gli spezzoni
al fosforo decidono la partita: 300 morti fra gli abissini, 21
dubat morti ed un centinaio di feriti fra gli italiani.

Nel gennaio 1935 Mussolini ottiene dal capo del governo francese,
Pierre Laval, un generico assenso alle sue mire sull'Etiopia. Anche
il ministro degli Esteri inglese, Anthony Eden, mostra di illudersi
che con qualche concessione territoriale a spese dell'Etiopia,
l'unica nazione indipendente dell'Africa (membro della Società
delle Nazioni), un'intesa antitedesca possa essere imbastita.


una cartolina dell'epoca.ALLA CONQUISTA
DELL'IMPERO.
La macchina bellica fascista si è comunque
messa in moto. Il 24 dicembre 1934 il generale Emilio De Bono,
quadrumviro alla marcia su Roma, parte per l'Eritrea come alto
commissari . o per l'Africa Orientale. Tre giorni dopo
scattano le opposte mobilitazioni parziali italiana in Somalia
ed Eritrea ed etiopica nell'Ogaden.


Una settimana dopo Mussolini dirama
in segreto «Direttive e piano d'azione per risolvere la questione
italo-abissina». Due mesi dopo vengono mobilitate le divisioni
Peloritana e Gavarina, mentre a Massima affluiscono mezzi ed armi
pesanti.


Il premier inglese Eden propone
prima la cessione di parte dell'Ogaden abissino in cambio di un
corridoio al mare per l'Etiopia. Roma rifiuta. La conferenza di
Stresa appare agli occhi di Mussolini come il giusto baratto:
l'Etiopia contro l'appoggio a danno della Germania.


Il duce, nella sua smania di
conquista, non si rende conto che la partita vera si gioca in
Europa e che dalla tenuta del patto contro la Germania dipende
l'indipendenza dell'Austria, e quindi la sicurezza nazionale. Spera
di essere comunque in grado di tutelare il fronte al Brennero
mentre è impegnato in Africa. Capisce invece benissimo che l'azione
della Francia e dell'Inghilterra, lungi dall'impedire efficacemente
la sua aggressione, gli permetterà di rinsaldare il vacillante
fronte interno. Londra mostra i muscoli concentrando la
Mediterranean Fleet, ma le
informazioni a disposizione di Mussolini, grazie alle
indiscrezioni di membri del governo britannico ostili a Eden,
chiariscono che si tratta di un bluff.


una cartolina dei Carabinieri Reali spedita dalla Colonia Eritrea dell'Asmara.Un altro scontro
di frontiera rappresenta l'occasione per esaltare il valore
dell'Arma, che di lì a poco impegnerà 12.000 dei suoi uomini.
Nella notte dal 2 al 3 marzo 1932 il brigadiere Gennaro
Ventura è di perlustrazione a cavallo insieme ad un buluk
basci degli zaptié (in arabo poliziotto) nei pressi di
Om-Hagher alla frontiera con l'Etiopia. Un consistente gruppo
di abissini tende un'imboscata ferendo lo zaptié, ma Ventura
si ripara dietro un termitaio resiste da solo, costringendo
gli abissini alla ritirata dopo aver lasciato sul campo un
morto e due feriti. Una medaglia d'argento premia il coraggio
del brigadiere.


Una ventina di giorni più tardi
viene richiamata tutta la classe del 1911 e De Bono riceve il
comando di tutte le forze dell'Africa Orientale. Successivamente
viene costituito un comando superiore dei Carabinieri Reali presso
il comando superiore per l'Africa Orientale con quattro sezioni da
montagna (un ufficiale, otto sottufficiali e 70 uomini), una a
cavallo (un ufficiale, sei sottufficiali e 33 militi) e un nucleo
incarico dell'ufficio postale. Una sezione di zaptié viene
assegnata al comando del corpo d'armata eritreo.


La mobilitazione dell'Arma avviene
secondo un piano riservato, con l'anodina denominazione di Progetto
AO (Africa Orientale). I comandi di corpo d'armata e di divisione
ricevono in media due sezioni di carabinieri da montagna, una a
cavallo e un nucleo postale. Apposite sezioni vengono dedicate alle
unità di lavoratori che hanno il compito di sostenere l'immane
sforzo logistico in una terra assai accidentata.


In Somalia, infine, vengono
costituite due bande di carabinieri autocarrati forti di 1.062
uomini in gran parte indigeni, inquadrati da 23 ufficiali e 42
sottufficiali.


le truppe italiane sbarcano in Africa Orientale (Domenica del Corriere).

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