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Post N° 46

Post n°46 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da giovannydelprete


Bilancio di
un'epoca



La lotta al terrorismo
non ebbe né rapida né facile soluzione dopo questi drammatici
episodi che svelarono la pericolosità per le istituzioni non solo
delle Brigate Rosse ma anche di numerosi altri gruppi terroristici,
di destra e di sinistra, più o meno ricchi di militanti e di mezzi,
che erano passati dalla violenza diffusa alla lotta armata
clandestina.


l'autoblindo Greyhound.Attorno al Nucleo Speciale
Carabinieri, che aveva dato prova di così elevata efficienza,
l'Arma creò una più ampia struttura anticrimine, con il compito di
raggiungere una conoscenza globale della minaccia e di tradurla in
termini di contrasto operativo. Era divenuta infatti chiara
l'esigenza di adottare metodi e mentalità differenziate rispetto a
quelli utilizzati contro la criminalità comune; bisognava
affrontare il nemico sul suo stesso terreno, con gli strumenti e le
tecniche più adatti per contrastare quel tipo di organizzazione,
sostenuta da motivazioni ideologiche e radicata nel tessuto
sociale.


Prima di tutto, quindi, la ricerca
di informazioni qualificate e capillari, che da tutti gli
innumerevoli comandi territoriali dell'Arma affluissero
continuamente agli specialisti, in grado di analizzarle e
sfruttarle in modo scientifico e coordinato. Le Sezioni Speciali
Anticrimine, pur dirette a livello centrale, avevano poi ricevuto
aree di competenza corrispondenti alle zone ove operavano le
strutture eversive, e in particolare le colonne delle Brigate
Rosse, al fine di essere ancor più aderenti all'esigenza.


Sull'aggiornamento costante della
piattaforma informativa si sono plasmate le tecniche operative più
sofisticate, costituite dall'uso di mezzi informatici,
foto?cinematografici, di trasmissione e di locomozione, che
consentissero agli operatori di svolgere un'azione investigativa
aderente ed efficace. Ma, soprattutto, la mentalità operativa
tradizionale subì modifiche imposte dalla necessità di raggiungere
obiettivi non limitati al tradizionale intervento di polizia, fatto
di una serie di arresti e di sequestri, proponendosi invece di
incidere a fondo sull'aspetto associativo, e quindi sull'essenza
stessa dell'organizzazione da combattere.


il carro m47Da qui indagini
protratte, basate su estenuanti servizi di osservazione e
pedinamento di persone sospette, i cui movimenti, i contatti,
le attività, potessero consentire l'individuazione di tutta
una serie di militanti e. soprattutto, di risalire alla
direzione e alle basi clandestine dell'organizzazione. Anche
quando aveva luogo l'intervento, venivano preservati alcuni
spunti, i cosiddetti "rami verdi", sui quali proseguire le
indagini fino a risalire ad altri spezzoni della struttura
terroristica da disarticolare. Un lavoro, dunque, incessante
sul terreno, indirizzato dall'analisi di documenti e del
materiale di volta in volta sequestrato, per aggiornare e
perfezionare al massimo l'indispensabile conoscenza
dell'avversario.


Con professionalità e specifica
preparazione, abbinate alla sensibilità umana, lo stesso personale
che arrestava il terrorista, iniziava poi una paziente attività di
persuasione, agevolata dall'adozione di una legislazione premiale,
fino a provocarne la crisi ideologica e la collaborazione
processuale. Da questi sforzi, dalla tenacia di questi uomini,
sostenuti operativamente da tutta l'Arma territoriale, sono giunti
risultati determinanti nella lotta contro il terrorismo, che dopo
il clamoroso sequestro Moro e una serie impressionante di delitti,
ha progressivamente subito l'offensiva dello Stato e lo
sgretolamento finale delle sue strutture.


Ma questa lunga campagna contro
l'eversione, peraltro mai completamente cessata, poiché fermenti
ideologici e sporadici tentativi di riaggregazione si manifestano
periodicamente, e con tempestività devono essere individuati e
prevenuti, ha prodotto un ulteriore importantissimo risultato per
l'Arma: ha cioè creato una cultura investigativa nuova, basata su
un approccio sistematico ai fenomeni criminosi e sul contrasto
delle organizzazioni, anziché sull'analisi dei singoli fatti.


Questo metodo, inizialmente
patrimonio della ristretta componente anticrimine, è stato
assimilato e adottato da tutti i Reparti investigativi dell'Arma e,
con gli opportuni adattamenti, è divenuto lo strumento per
affrontare in modo sistematico e permanente le non meno temibili
organizzazioni della criminalità mafiosa.

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