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Post N° 37

Post n°37 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da faustomichele

1927-1951

Michele/8

 

Michele diventa studente

 

 

Come già detto, le scuole elementari erano a quell’epoca le scuole obbligatorie per tutti, soltanto il 5% circa proseguiva gli studi e per ottenere l’iscrizione alle scuole superiori era necessario un esame di ammissione.

Superato l’esame di ammissione Enrico scrisse il figliolo Michele

all’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri.

Questo corso di studi era composto di quattro anni inferiori comuni per ragionieri e geometri, e quattro anni superiori, nel corso prescelto: il corso commerciale con diploma di ragioniere o il corso geometri con diploma di Geometra.

Nel 1937 inizia il secondo ciclo di studi per la preparazione alla vita di Michele, nello stesso tempo si arricchisce la famiglia di un altro arrivo lieto: è arrivata una femminuccia. Ines, che completa la famiglia, con Tommaso e Michele.

Faceva sorridere di soddisfazione Enrico, e la gioia traspariva anche dall’atteggiamento di Laura.      

Una famiglia felice, che ha ritrovato il suo ambiente, il suo  equilibrio, sta adagiata, per libera scelta, sui valori del “chi si contenta gode”.

Forse ha rinunciato alla ricchezza?

Non esiste la controprova, ma io direi di sì, ha rinunciato al benessere.

Enrico aveva una visione che lo portava a sacrificarsi, con piacere, perché la famiglia avesse un tenore di vita più soddisfacente, una disponibilità che dava sicurezza a fronteggiare tutte le evenienze della vita, Laura si preoccupava di dare alla famiglia un ambiente, agiato si ma

quanto basta a non farsi mancare niente, di contro è

assicurata la serenità, il volersi bene, in un

ambiente familiare in cui il gruppo

è al primo posto dei valori

per cui vale la pena

di vivere.

Enrico e Laura hanno parlato, hanno trovato un accordo sicuramente di libera scelta, nessuno dei due saprà mai cosa sarebbe stata la vita della famiglia, in una condizione piuttosto di un'altra, e senza pensare sono oggi responsabilmente insieme con la gioia di esserci, e sempre pronti alla gestione dei problemi del gruppo.

Sanno che in questa fase della vita della famiglia, Tommaso frequenta le scuole elementari con soddisfazione, l’impatto della scuola l’ha superato, Ines ha bisogno soltanto di sorrisi e di coccole.

Ma lo studente Michele affronta un nuovo ambiente, incontrerà nuovi compagni, si farà nuovi amici, ma soprattutto vivrà l’ambiente di scuole diverse dalle elementari.

I suoi dieci anni di età hanno formato un giovanetto preparato per questo passaggio.

Oggi conosciamo i mezzi che corrono per le nostre strade, sappiamo che la famiglia ha a disposizione diverse macchine, e i mezzi pubblici messi a disposizione per spostarsi da Castelliri a Sora sono sufficienti e comodi.

Dovendo parlare di come si doveva affrontare il problema nel 1937, mi trovo in difficoltà, perché penso che non sarò capito, tanto  grande e la diversità esistente.

Comunque Michele aveva a disposizione un “brek” trainato da un cavallo,

e la bicicletta.

Il brek era un mezzo capace di portare una diecina di persone,

costruito con una grossa cassa rettangolare lunga circa tre metri e larga circa un metro e mezzo, al centro della sua lunghezza era posto un asse con due grosse ruote di legno costruite con raggi, due stanghe laterali ove prendeva posto il cavallo, nei due laterali della cassa erano poste due tavole che servivano da sedili, e una tettoia sulla zona dei passeggeri per riparare dalla pioggia.

Per i primi giorni di scuola Enrico aveva parlato con “zsampenètt”,

proprietario di uno di questi mezzi, fecero un accordo per il pagamento ogni sabato, e così, il primo ottobre del 1937 Michele, con il suo brek, arrivò a Sora, ove già tantissimi ragazzi, con una cartellina in mano aspettavano il suono della campanella per entrare.

Michele si guardava intorno cercando qualche faccia che lo guardasse, voleva iniziare a conoscere qualcuno, e

passò un ragazzetto, con uno sguardo furbetto e un aspetto allettante. Michele gli disse: “Anche tu sei nuovo, vai alla prima?”

“Si, mi chiamo Ettore Volante, sono di San Donato Valcomino, e tu?”

Dopo la presentazione rimasero insieme, entrarono finalmente al portone principale e, all’interno del cortile, c’era un professore che chiamava tutti quelli della prima, agitando le braccia perché si portassero presso di lui, poi insieme salimmo una imponente scalinata ed entrammo in un grosso corridoio che si snodava per i quattro lati, dalle sue finestre si vedeva il cortile interno ancora brulicante di ragazzi delle classe superiori.

Noi fummo concentrati in una grande sala in attesa di altri professori che man mano entravano.

Seppi che si trattava dell’Aula Magna, poi ci divisero in tre gruppi, secondo gli elenchi in possesso dei professori, e così il mio gruppo fu portato in una aula. Ettore Volante non era con me, faceva parte di un’altra prima. Nella classe di Michele era capitato un gruppo di sorani che, mentre aspettavamo di entrare, camminavano spavaldi tutti insieme. Si sentivano di giocare in casa e non sembravano simpatici, tutt’altro.

Col passare dei giorni diventarono tutti amici, anche i sorani avevano smesso l’atteggiamento di padroni di casa.

L’anno scolastico era iniziato veramente bene, sembrava un ambiente vivibile.

In tutte le occasioni è molto importante il sentirsi a proprio agio, ti predispone ad un rendimento maggiore.

Enrico, intanto aveva comprata una bella bicicletta per Michele, una Wolsit

a copertoni grandi, e la prima domenica che venne, con le loro due biciclette andarono a Sora, per provare il viaggio che Michele avrebbe dovuto fare tutti i giorni per recarsi a scuola.

Fu una bella gita, Enrico era stato molto paziente e pieno di consigli, soprattutto di come comportarsi per la strada, cosa si doveva fare e cosa non si poteva e non era utile fare.

Tornarono un po’ stanchi ma contenti per la gita ritenuta piacevole e utile per Michele, che dovrà farla tutti i giorni per recarsi a scuola.

Enrico era allenato per andare in bicicletta perché la usava tutti i giorni per recarsi al lavoro, e Michele, giovane, diventerà allenato quando sarà andato per un certo tempo a scuola.

 
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Post n°36 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da faustomichele

1927-1951

Michele/7

 

Il primo ciclo scolastico

 

Michele, un bambino ciarliere e simpatico, andò alla prima elementare.

Iniziò così il ciclo quinquennale di studi elementari che, nel 1933-1938, erano gli studi obbligatori del 95% dei ragazzi, e soltanto l’altro 5% proseguiva per il conseguimento di un diploma, o una laurea universitaria.

Per avere un paragone della situazione dell’epoca riporto questi dati: Castelliri: circa 4000 abitanti = un medico generico.

Isola Liri: circa 15000 abitanti = 5 medici generici.

Sora: circa 25000 abitanti = 11 medici con qualche specializzato.

Con gli stessi parametri si trovavano gli altri professionisti nei vari settori.

 Tanto per curiosità a Castelliri viveva un avvocato che, essendo ricco, non esercitava la professione, a Isola Liri gli avvocati erano due o tre, un po’ più numerosi a Sora, un biologo non esisteva nelle tre cittadine del nostro territorio.

Mamma Laura era una buona sarta, e cuciva qualche pezzo a qualche amica perché sollecitata, il suo tempo era dedicato ai lavori casalinghi, ed ora che Michele chiedeva assistenza la sua giornata era piena e ritengo anche piacevole. Il tempo per cucire vestitini al bambino lo trovava sempre, tanto che Michele era diventato il più elegante bambino del paese, ed anche il grembiulino per la scuola era cucito da mamma Laura. Il tempo andava,

Michele cresceva, sempre più chiacchierone, sempre più vivace, sempre intelligente e simpatico. I compagni di classe erano tutti suoi amici,

anche Antonio, unico combattente in una competizione contro

Michele, il quale nemmeno lo sapeva, e andava avanti per

la sua strada. Antonio faceva i compiti sperando che

fossero migliori di quelli di Michele, faceva il

tema controllando se aveva preso un voto

superiore a quello di Michele, stava

diventando un problema serio.

Soltanto il maestro aveva

capito quello che stava

avvenendo e, con        

ogni mezzo,

  stava cercando

di rimediare  senza

che i due contendenti

capissero, in maniera di

di far mantenere l’equilibrio

psichico, fra i due ragazzi bravi

ambedue.

Il regime in carica in Italia in quegli anni, bandiva, ogni anno, un concorso per la premiazione di un tema, quasi sempre politico, riservato alle quinte classi delle scuole elementari, a carattere provinciale. Michele quell’anno frequentava proprio la quinta classe e, insieme ad Antonio, fu scelto per partecipare al concorso. Il tema fu fatto svolgere alla presenza di una Commissione di maestri e fu spedito a Frosinone in busta chiusa e

sigillata. Una nipote del nostro maestro, che aveva fatto il tema

per l’altra quinta delle scuole di Castelliri era informata come stavano andando le cose a Frosinone, informò Michele che non sapeva niente

di preciso, ma lo zio parlando in casa riteneva che il tema di Michele

fosse stato messo in evidenza alla prima scelta, mi disse pure che Antonio

ogni giorno chiedeva se sapeva qualche cosa. Era stata Nerina, la nipote del maestro, che era venuta da me a dirmi quanto sopra, Michele non aveva chiesto, e per il suo carattere non avrebbe mai chiesto. Certo, le cose

devono avere un corso burocratico ben preciso e Michele aspetta

il tempo necessario, e a risultato acquisito, senza volere fare

paragoni con altri ragazzi, pensa soltanto al risultato, quale

esso sia, perché è la Commissione che valuta il tema

e sceglie  il primo classificato tra tutti quelli

presentati. Punto. Non si può valutare un

prodotto diversamente dal suo valore.

Comunque è passato tanto tempo, e

una mattina nella bacheca della

scuola un foglio intestato

porta una classifica,

 il primo nome

è: Michele.

Bravo.

Antonio

si legge al

decimo posto.

Nerina ventesima.

Su qualche migliaio di  

partecipanti, cioè tutta la

provincia, tre posti nei primi

venti è un successo importante,

che fa onore a Castelliri e alla sua

scuola. “”Educare è amore””, i primi

educatori sono i genitori che trasmettono

i loro insegnamenti con l’amore e l’esempio.

Poi vengono gli insegnanti professionalmente

“”preparati e scrupolosi””, perché, oltre al sapere,

insegnano i giusti comportamenti. Perché un uomo

possa essere onesto con sé e con gli altri, ha bisogno di

una scuola che educa con l’amore e serietà. Michele è stato

un bambino additato ad esempio per tutto il ciclo scolastico, per

il suo comportamento sempre dentro le righe, e per la sua educazione.

Michele ha finito il ciclo elementare, e nel frattempo la sua famiglia ha avuto un altro evento lieto: un secondo fratellino per Michele, è arrivato Tommaso fin dal 1932. e Tommaso è arrivato per la gioia di papà Enrico, mamma Laura. Un altro bambino meraviglioso che terrà compagnia a Michele, seguirà la stessa strada, avrà gli stessi successi se non di più.

 
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Post N° 35

Post n°35 pubblicato il 12 Febbraio 2008 da faustomichele

1927-1951

Michele/6

 

Trasferimento in Abruzzo

 

Nel 1929, in piena depressione economica, papà Enrico ritenne di essere giunto il momento di tentare la creazione di una attività più remunerativa nell’interesse della famiglia che sarebbe aumentata anche di numero, secondo i suoi desideri.

Chiese ed ottenne la gestione di un lanificio in Avezzano, di proprietà dei Conti Torlonia.

Era una azienda dislocata in una zona popolosa e aveva un macchinario in buone condizioni e capace di produrre filati per maglieria e tessuti cardati per abiti da uomo, nonché coperte semplici oppure arabescate.

Il macchinario era formato da un assortimento di carderia per la preparazione degli stoppini, da un selfacting per la rifinitura di filati cardati, da alcuni telai meccanici automatici, e macchine accessori per la rifinitura dei tessuti, follatura, calandratura e stiratura.

Si trattava di un contratto molto favorevole, la proprietà garantiva una gestione durevole nel tempo.

C’erano tutti i presupposti perché l’avventura garantiva la buona riuscita. Così Enrico divenne un operatore industriale tessile.

Il terzetto partì e una nuova vita iniziò, solo il ricordo del piccolo Antonio perso, rattristava, ma la vita continua e si deve accettare la situazione di forza maggiore.  

Avezzano, una città comoda e situata in pianura, nella conca del Fucino, con una popolazione numerosa, essenzialmente contadina, che produceva anche una quantità di lana per assicurare la materia prima del lanificio, ma con un clima molto freddo.

Va detto, però, che mamma Laura non aveva mai accettato questo trasferimento, avrebbe preferito rimanere nella condizione di sicurezza che dava uno stipendio, anziché l’attività in proprio che, secondo lei, era più rischiosa, tenendo in considerazione la depressione economica mondiale.

L’azienda aveva anche un appartamento per il gestore, e vicino c’era un secondo appartamento in carico al Lanificio ma abitato da

un signore e moglie, senza figli, che subito divennero amici.

Antonio e Lucia furono molto gentili e aiutarono molto i nuovi arrivati, e presero molto a benvolere Michele.

Con il passare dei giorni l’ambientamento in questo nuovo posto rendeva più tranquilli Enrico e Laura, si facevano nuove conoscenze, il lavoro non mancava e andava bene.

Antonio e Lucia coltivavano un appezzamento di terreno di loro proprietà nella zona del Fucino, erano impegnati per alcuni giorni della settimana, e gli altri giorni li impiegavano ad aiutare Enrico e Laura nel lanificio, provvedevano a dare una mano tenendo Michele.

Certe volte il lavoro era tanto ed era urgente la consegna, mettevano Michele sul selfacting, e loro quattro provvedevano alla preparazione della merce urgente.

Per capire come mettevano Michele sul selfacting, debbo spiegare come funziona una tale macchina.

Il selfacting è una macchina lunga 20 mt ed oltre, secondo il numero di fusi montati. Ha un carrello fisso su cui sono situati i rulli stoppini prodotti dalla carderia, di fronte un carrello mobile su cui sono montati i fusi di raccolta

 del filato finito. Il carrello mobile va avanti e indietro, all’inizio del lavoro il carrello mobile è appoggiato al carrello fisso. Lo stoppino di carderia, posto sul carrello fisso viene allungato sul carrello mobile, e attaccato uno stoppino su ogni fuso di raccolta fino all’esaurimento dei fusi.

Comincia la lavorazione: nel primo movimento il carrelllo mobile fa girare i fusi e contemporaneamente viene avanti per un paio di metri, i fusi girano fino a quando è stato programmato per raggiungere il numero di giri di torsione calcolato per il filato che si sta producendo; nel secondo movimento il carrello mobile torna indietro avvolgendo contemporaneamente il filato ritorto con la torsione calcolata al fuso di contenimento.

Questi due movimenti si ripetono fino a quanto i fusi di raccolta sono pieni. Si ferma, si tolgono i fusi pieni, si sostituiscono con fusi vuoti e la lavorazione si ripete.

Si tratta perciò di un avanti e indietro all’infinito.

Sul carrello mobile sono installati, intervallati sulla lunghezza del selfacting, delle cassette raccoglitrici degli spezzoni di filo che si formano in caso di rottura di un filo che viene riattaccato e ne resta un pezzo nelle mani dell’operaio addetto, pezzo che viene depositato nelle cassette.

Ecco che entra in funzione Michele, viene seduto in una cassetta del carrello mobile e va avanti e indietro, per ore, divertendosi e ridendo.

Spesso Enrico si incontrava con il rappresentante della proprietà, che era il Capo Fattore dei Conti Torlonia, e si recava nel palazzo Torlonia di Avezzano.  

In una di queste visite portò con se Michele.

Mentre Enrico e il capo fattore parlavano, Michele esce dalla stanza e si trova in un salone grandissimo, il bimbo si girava intorno guardando la bellezza delle pareti con tante figure dipinte, dei soffitti, dei mobili e girando e rigirando, si trova di fronte una signora tutta vestita di nero, elegante, incappellata.

La signora gli chiese come si chiamava: “Michele” risponde subito il bambino, la signora si sedette ad una poltrona lì vicina e iniziò a parlare.

Parlavano già da molto tempo, quando il capo fattore ed Enrico ritrovarono Michele, che si era allontanato inaspettatamente.

La signora, che non era altro che la Contessa Torlonia, si complimentò con Enrico per il bellissimo figlio che non aveva avuto nessun problema a parlare con la sconosciuta.

Alcuni giorni dopo, un incaricato della famiglia Torlonia fece visita al lanificio per parlare con Enrico di una concreta proposta di affiliazione  della famiglia Torlonia per Michele.

Proposta subito respinta da Enrico e Laura.

Il lavoro del lanificio andava bene, si guadagnava molto bene ed Enrico pensava che era giunto il momento di organizzare un ampliamento della produzione con nuove macchine (telai), ma aveva un problema, Laura non aveva mai smesso di pressare per il ritorno a Castelliri, e ultimamente aveva ripreso a parlarne con Enrico.

Nonostante la situazione favorevole, le prospettive che si stavano aprendo, Laura continuava con insistenti sollecitazioni.

Nel 1932 Enrico si recò presso la proprietà e sollecitò una risoluzione bonaria del contratto d’affitto del lanificio.

Ci furono alcuni mesi di discussioni.

La proprietà, contenta dell’andamento delle cose con Enrico

faceva insistenza perché  rimanessero, ma Laura fu  molto forte e decisa, i tentennamenti di Enrico finirono e così tornarono a Castelliri.

Enrico riottenne il posto di Capo produzione presso il lanificio San Domenico, ove lavorava prima di partire.

La fabbrica era grande, aveva circa trecento operai, per Enrico un impegno serio anche se dignitoso.

 
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Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 11 Febbraio 2008 da faustomichele

1927-1951

Michele/5

 

La nascita di Michele

 

 

Nel terremoto del 1915, che fu molto forte e interessò un vasto territorio dell’Abruzzo e del Lazio,  con distruzioni di tanti paesi da Avezzano a Sora, Isola Liri, Castelliri e un grosso numero di vittime, Castelliri fu distrutto al novanta per cento, per cui furono allestite immediatamente centinaia di baracche di legno per sistemare, a titolo provvisorio, le famiglie rimaste senza casa.

La provvisorietà è durata fino al 1950, anno in cui è iniziato lo smantellamento nella zona Monte Corneto di tutte le baracche.

In una di queste baracche viveva una coppia di giovani, Laura ed Enrico,

 sposati da qualche anno.

Un giorno, di venerdì, alle ore diciassette, (per tutta la vita Laura ha detto: è nato alle cinque del pomeriggio) del diciassette giugno, di venerdì, dell’anno 1927, nacque  un maschietto che chiamarono Michele.

 Michele è nato dopo due anni dal matrimonio di Laura ed Enrico.

La famiglia comincia a comporsi. Enrico, tecnico tessile in un lanificio della zona, è molto felice e, dedito alla famiglia come è, ha toccato il cielo con un dito, lo stesso dicasi per la mamma Laura, casalinga a tempo pieno, accudisce il bimbo con tanto amore e con tanta sollecitudine che corre il rischio di arrivare alla culla prima che Michele strilli.

Qui comincia la storia di questa famiglia.

 Inizia dal 1927, (e non dal 1924 anno del loro matrimonio) anno molto vicino agli anni 1930, quando una tremenda depressione colpì l’economia di tutto il mondo.

Il piccolo Michele cresceva tra le attenzioni dei due premurosi genitori, che stavano anche preparando una compagnia, infatti nel 1930 nacque Antonio. Sembrava che tutto andasse bene, ma dopo pochi mesi di vita, Antonio tornò fra gli Angeli del Paradiso.

 
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Post N° 33

Post n°33 pubblicato il 26 Gennaio 2008 da faustomichele

1927-1951

Michele/4

 

Psicologia dell’uomo della strada

 

 

In questa condizione di estrema variabilità dell’ambiente umano è evidentemente artificioso voler delineare la figura dell’abitante del nostro territorio, per cogliere la sfumatura regionale.

I nostri abitanti, come primo punto, sono cordiali, tanto da ricercare la compagnia dei suoi simili,  nei confronti dei quali sono socievoli, curiosi, chiacchieroni e confidenziali.

 Forse poco attenti alle forme esteriori, ma si può tranquillamente affermare  che sono pieni di una gentilezza spontanea, servizievole, generosa, sensibili alla pietà, sentimentali, ospitali, raramente severi, compartecipa al dolore dei suoi simili non per pietà, ma per eventuale aiuto morale e materiale.

Sono pacifici e sinceri.

Il secondo punto è la vivacità della sua intelligenza.

Dotato di fertile immaginazione, il nostro abitante si innalza immediatamente all’idea generale, eccelle nella giurisprudenza e nella filosofia, e nella praticità comportamentale.

Al contrario è meno adatto all’analisi e alla precisione, e non è molto realista, ma dotato di uno spirito assai vivace, capisce per intuizione  anche se in certi casi pecca di superficialità.

E’ un uomo affidabile, la parte positiva è in grossa maggioranza sulle negatività.

 
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