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Venti ragazzine, di appena sedici anni, si davano appuntamento tutti i sabato sera a casa della loro amica che abitava ad un tiro di schioppo dalla piazza.
L'appuntamento era alle 20.30 ogni sabato, non oltre di certo, chè sarebbe stato troppo tardi.
Queste venti ragazzine acconciavano le ciocche ribellatesi al vento e non era educato presentarsi in disordine.
Accendevano la bocca con il lucidalabbra, solo quello, perchè i padri fondatori del pudore non permettevano l'uso di un trucco più determinato.
Si raccontavano la vita in una risata, e la tragedia per un saluto poco affettuoso del loro beniamino.
Erano capaci di amare per mesi, per anni addirittura, senza l'ardimento di farsi notare dal ragazzo amato.
Finito trucco e parrucco, uscivano di casa e affollavano il vicolo che conduceva alla variopinta platea di occhi curiosi.
A braccetto, magari, per sostenersi nell'imbarazzo dell'ingresso.
La più timida portava la mano alla bocca per proferire le consuete parole "Oddio che figura, ci guardano tutti"; la più audace teneva testa alla fila, fiera nelle sue scarpette nuove e scintillante di lucidalabbra.
Come ogni sabato sera queste venti ragazzine si guardavano intorno alla ricerca di uno sguardo interessato, solo questo, niente di più, per potere raccontare il sabato successivo di come il figlio del commercialista l'avesse fissata per tutta la sera e che non si fosse fatto avanti per timidezza.
Dopo qualche passeggiata, si fermavano vicino alla chiesa, perchè le ragazze per bene si fermavano lì, mentre quelle scapestrate puntavano sul limitare dell'unico bar che rimaneva aperto fino a tardi, pur non entrandovi mai (ma, si sa, per sostare lì...)
E c'era una ragazzina che non (si faceva) aveva problemi ad avvicinarsi ai maschietti, parlava con loro, rideva e se era una serata buona riusciva a raccontare barzellette fresche di creazione.
No, non era la ragazzina più bella e sicura di sè, era solo una ragazzina grassoccia che nessuno vedeva come possibile preda o cacciatrice (essa stessa per prima), era priva (a dire di tutti) di quel pudore dato dalle prime tensioni sessuali - che sarebbero arrivate molto, molto tempo dopo - e che per questi motivi non si lasciava frenare da sciocche inibizioni.
Le amiche la adoravano, perchè le introduceva alla conoscenza di ragazzi altrimenti destinati a rimanere distanti.
E la adoravano probabilmente perchè non vedevano in lei strumenti che potessero minare il loro indiscusso ma discreto fascino.
La serata passava veloce, il più delle volte guardando i ragazzi al di là del marciapiedi e desiderando che uno di loro si avvicinasse.
Finita la serata, alle 23.00 le ragazzine lasciavano la piazza correndo come venti cenerentole, lasciando sul pavimento irregolare della piazza le scarpette speranzose di balli e capriole di cuori.
"Ragazze, ma Paola"?
"Io l'ho vista parlare con Pincopallino, il fratello di Caiosempronio"
"Vabbè, tanto lei può tornare a casa più tardi di tutte noi, si arrangerà"
Paola si arrangiava sempre, anche a 16 anni.
Il paese (è) era piccolo e il profumo era ancora buono per poter tornare a casa in compagnia di un sorriso.
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- che ha realizzato il mio incompiuto
S’è risvegliata, un giorno,
mostrando al mondo
i suoi frammenti d’opale
e i suoi mille passi
che la conducevano
ad un sole pallido e freddo.
S’è risvegliata, un giorno
Chiedendo, finalmente,
la luna
e tutte le stelle che meritava.
Lontano lontano da casa sua
lontano lontano dal mondo
che credeva di volere.
E allora
un passo impose all’altro di raggiungerlo,
la prima lacrima spiegò le acque
tra il vecchio ed il nuovo,
e lasciò il letto caldo
ma piccolo e stretto su cui riposò per secoli.
Adesso è sveglia
lei
e apre i suoi occhi orgogliosi e fieri.
Chè nessuno specchio
oserà restituire una rima stonata.
Chè lei adesso
sa di volere quel che sta diventando.
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Qualche tempo fa mi dissero che somigliavo - come una goccia d'acqua! - all'attrice che interpreta il personaggio di Stephanie Forrester in Beautiful, all'anagrafe Susan Flannery, classe 1939.
Rimasi un po' confusa, se non altro per una leggera differenza generazionale, ma mi fu risposto che per avere - 250 - 70 anni, era una splendida donna.
Oggi qualcuno mi dice che somiglio moltissimo all'attrice Barbara De Rossi che, con tutto il rispetto, avrà 50 anni suonati o tali ne dichiara.
Credo sia arrivata l'ora di prendermi cura della mia pelle.
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Ciglia lunghe - finte, fitte -
Sorrisi recitati
provati dietro le quinte,
consumando un pasto veloce.
Arrivano, arrivano!
Tutti in fila,
chè arrivano i Capi del Mondo
a giudicarci lavoratori e uomini.
Perchè basta pagare uno stipendio
per conoscere l'animo umano
e
inevitabilmente
sentenziare un pollice verso.
E allora succede che ti fai schifo
perchè avalli un sorriso di scherno
perchè accetti con naturalezza
quella pacca sulla spalla
pesante come un singhiozzo trattenuto
Termina la giornata,
termina il respiro.
Vai a casa, smetti i tacchi alti
e le scarpe strette.
E ti dici:
Domani andrà meglio.
E dev'essere così.
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Mah.
Pensavo di averla persa, tra la polvere delle mie tasche e i resti di una cena triste.
Mi ero chinata per raccoglierla, ma si era attaccata come un chewing gum sotto la scarpa di un passante che, ignaro, la regalava alla strada.
Credevo fosse ormai pasto di uno scarafaggio - o di un drago di komodo, per quanto ne sapessi -
E alcuni, solo lui in realtà, diceva che era stato un bene averla persa, che si chiude una porta e si apre - un quadro capovolto - un portone.
Mah.
Scema, scema, scema, soffiando il naso per un raffreddore mai esistito.
E' sempresempresemprestataqui!!
Oops, devo cambiare le lenzuola.
No, le cambierò domani sera.
Forse.
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Voglio scrivere.
Versi, racconti, lettere.
Volevo scrivere "una porzione di cielo nel mio piatto e..."
La mattina dopo ripensai a questa frase che vomitai in veranda appena la sera prima e non la riconobbi, non mi riconobbi.
Credo di aver centrato il punto.
Non posso scrivere perchè non mi riconosco, a distanza di attimi, in certe - belle? - frasi che sembrano pronte ad essere liberate.
E allora le congelo.
Ma non stronco i pensieri sul nascere, no.
Gli dò vita, regalo loro l'illusione di essere importanti, di essere maturi per la carta e un attimo dopo averli impressi - o digitati - eccoli cliccancellàti.
Quindi non scriverò di quanto è bella la luna che deride, rossa, la volta nera e misera.
Non scriverò del lento incedere degli eventi che modella i fianchi e le schiene ingobbendole.
Perchè rinnego la forma e, forse, anche la sostanza.
Odio questa sensazione, fugace amnesia introspettiva.
So cosa voglio,
so cosa non voglio,
solo che
ah.
Fanculo.
Domani odierò questa lettera.
E mi chiederò come mi sia venuto in mente di scrivere un obbrobrio simile.
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Transito.
Tra te e me.
L'importanza del tuo stare al mondo
e
la necessità del mio.
Squilla il telefono
- no, è una tromba -
e ciarlo ancora
nonostante te,
nonostante me.
Transito,
attendo,
ma la barba
- che non è la tua -
brucia sulla pelle
e scalda il cuore
di
chi transita,
di
chi attende.
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