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ALLENAMENTI IMPERFETTI

Post n°370 pubblicato il 09 Marzo 2015 da pietro.700

di Emaule Gallo:

Rimetto alla Vostra attenzione un altro interessante articolo di Pizzolato sugli "Allenamenti imperfetti": I miglioramenti che nella prima parte della carriera avvengono rapidamente e sono continui, nel tempo si diradano e gli sforzi per progredire di qualche decina di secondi sono molto più elevati. Gli adattamenti fisiologici richiedono tempi più lunghi, quasi come se il meccanismo della supercompensazione si fosse inceppato e procedesse a scatti. Questi miglioramenti non sono più quasi automatici, ma si attuano seguendo una serie di rendimenti alterni, una sorta di alti e bassi. Se si potesse monitorare l'andamento dei miglioramenti, ne uscirebbe un grafico simile a quelli degli indici di borsa: fasi di crescita si alternano a fasi di calo, ma con le prime a prevalere sulle seconde, ad evidenziare che la direzione è in “trend” di crescita. E' quindi normale che ci siano allenamenti con buoni responsi cronometrici ed altri non altrettanto positivi. Questi ultimi non evidenziano un calo della forma, ma semplicemente una perdita di efficienza perché in quel momento l'organismo non è nella situazione favorevole per reagire al meglio in quanto le circostanze, quasi sempre di natura ormonale, non sono pronte a rispondere e reagire allo stress dell'allenamento. Non è sbagliato allenarsi quando ci si trova in questa situazione, ma allo stesso tempo non si può chiedere la miglior prestazione. Se si sosterrà uno sforzo molto impegnativo nella “fase down”, il rendimento sarà inferiore al proprio potenziale, ma non significa che l'efficacia dell'allenamento sarà stata vana o negativa. Si dovrebbe monitorare lo sforzo con un dispositivo che evidenzi lo stato ormonale, ma questo ancora non è disponibile. Fare riferimento alla frequenza cardiaca può essere già una situazione più favorevole. Meglio evitare invece il cronometro e misuratori di distanza, perché la resa (carico esterno) non sarebbe adeguata al potenziale. Il 90% dei podisti affida il responso dell'allenamento proprio al cronometro, e soprattutto ai rilevatori di distanza; pertanto sedute in cui si rilevano ritmi più lenti e distanze inferiori vengono interpretati come situazioni negative e fallimentari. Questa analisi della prestazione è ovviamente superficiale e poco razionale perché ignora il concetto specifico dell'allenamento: la stimolazione dell'organismo. La maggioranza dei podisti non ha esperienza nella gestione delle situazioni di difficoltà, e reagisce negativamente ad una prestazione alterata, pensando con grande preoccupazione di aver perso la forma e non essere invece solo in una “fase down”. La situazione può essere ancora più accentuata quando l'atleta fa riferimento ad una precedente analoga seduta, nella quale ha sostenuto uno sforzo molto meno impegnativo e disagevole. Per quanto scientifica possa essere la programmazione degli allenamenti, è impossibile calcolare in modo mirato (range di qualche ora) le variazioni ormonali conseguenti agli stimoli delle sedute. In linea di massima si può calibrare il ritorno ai valori fisiologici, e quindi programmare la sequenza di sedute, ma spesso entrano in gioco - ad alterare la situazione - altri elementi esterni alla preparazione. Mi riferisco agli stress indotti dal lavoro, dagli impegni quotidiani, dal sonno e dall'alimentazione, senza tralasciare la componente mentale. Il mancato rendimento dell'atleta in occasione di una seduta che rappresenta uno stimolo molto importante della preparazione non è da intendere affatto come una situazione fallimentare. In pratica, va bene che nel corso della preparazione ci siano queste sedute imperfette, anche perché rientrano spesso in un macrociclo di allenamenti nei quali le “fasi up e down” si susseguono alterando, volutamente, la fisiologia. Suggerisco sempre agli atleti di non valutare la propria condizione di forma riferendosi ad una singola prova, che sia positiva o negativa. Non è per esempio correndo bene una singola seduta di 30 chilometri che si può pensare di essere pronti per correre una maratona se in precedenza non si è neppure arrivati a 20. L'efficienza che si deve sviluppare per ottimizzare il proprio potenziale atletico è data da un insieme di sollecitazioni che portano al risultato finale: correre bene, e specialmente forte, in gara. Orlando Pizzolato fonte: http://www.orlandopizzolato.com/it/371

 
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