il mio canto libero

I believe in a better way..

 

KAHLIL GIBRAN

Benchè l'onda delle parole ci sovrasti sempre,
le nostre profondità sono sempre silenti.
 
 
Perché è così che ti frega la vita.
Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine,
o un odore, o un suono che poi non te li togli più.
E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi.
E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri
da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva
 

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Non accontentari

dell' orizzonte..

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..MARINELLA..

 La Canzone Di Marinella



Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella


sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta

bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone


e c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi

furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle


dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta

questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose


e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.

De Andre'

 

 

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Post N° 129

Post n°129 pubblicato il 21 Gennaio 2008 da fia76

ALOISE CORBAZ

 La storia di Aloïse è quella di una morte simbolica e di una rinascita attraverso il suo lavoro creativo. Morte di una giovane istitutrice rinchiusa in manicomio nel fiore degli anni e in un'epoca in cui gli ospedali psichiatrici erano dei luoghi terribili, e sua rinascita col solo registro a lei accessibile, quello dei simboli. Diventa ordinatrice di un opera popolata di fiori, regine, re, principesse voluttuose, principi affascinanti e leggendarie storie d'amore. Jacqueline Porret-Foret cerca di farla uscire da La Rosière per brevi periodi, ma quando si allontana dall'ospedale la sua ansia diventa così forte che deve tornare indietro.Con le persone che conosce bene riesce a chiacchierare in modo naturale e vivace, tanto da confidare con lucidità alla dotteressa di considerarsi come una "di quelle ragazze che hanno paura, quelle donne che non osano dire altro che si o no ...che sono messe sotto chiave, senza possibilità di uscire ... stanno lì trentanni ...e trovano un modo di adattarsi alla situazione.". Incapace di trovare la forza, o il desiderio, per affrontare il mondo esterno Aloïse ha forse trovato nella follia uno stato particolare che le permette di dedicarsi alle sue immagini interiori, senza doverne render conto ad alcuno. Così la pensa Jean Dubuffet, che oltre a coniare il termine Art Brut è stato uno dei principali scopritori e collezionista di lavori brut, ed è stato un grande estimatore di Aloïse. In una lettera a Jacqueline Porret-Foret in occasione della sua morte scrive: "Non era affatto pazza, in ogni caso meno di quello che si pensi. E' stata curata per lungo tempo. Ha curato se stessa smettendo di lottare contro la malattia e anzi l'ha coltivata, l'ha usata , l'ha trasformata in una eccitante ragione per vivere. Il meraviglioso teatro messo in scena - quel racconto incessante, incoerente e difficilmente comprensibile ( che lei stessa ha reso di proposito incomprensibile) - è stato per lei un rifugio, un palcoscenico dove nessun altro sarebbe salito, nessuno l'avrebbe raggiunta. Non poteva essere più ingegnoso, più utile...Con il suo grande talento, la sua grande intelligenza creativa , ha creato e perfezionato il proprio teatro, per produrre effetti stupefacenti...Ha scoperto il regno dell'incoerenza... se ne è innamorata e ne è stata emozionata, senza mai smettere di stupirsi. Ma pazza, certamente no. Quasi lucida, sono convinto, si è ritira nel guscio geniale che ha escogitato per se stessa..." quello messo in scena da Aloïse è un immenso teatro che ruota attorno alla figura femminile, che occupa sempre il centro della composizione, in compagnia d'uomini, coperti di divise e medaglie, o di altre donne. Il suo disegnare o il dipingere equivale a vivere in un mondo a due dimensioni, dove la prospettiva è eliminata perché ricorda troppo il mondo reale. Le donne indossano sontuosi abiti e gioielli, ma il loro è un viso irrigidito "nel quale grandi occhi velati di azzurro accentuano il vuoto che è proprio delle maschere del teatro". Occhi senza pupille, opachi ed enigmatici, che non sembrano fatti per vedere e che sono in assoluto contrasto con la varietà e la suntuosità delle forme e dei colori che caratterizzano i lavori di questa pittrice. Il mondo ricreato da Aloïse è cosmico e incorporeo, libero da una vita fisica, in opposizione a quello che conosceva prima della sua "morte", cioè prima della sua malattia. Il suo è un mondo metafisico, teatro dell'universo, affollato di esseri ieratici le cui azioni e sentimenti sono rappresentati da minute figure simboliche che esistono solo per apparire. Possono essere se stesse o allo stesso tempo qualcosa d'altro, un'icona o una allegoria. In questo mondo vivono le protagoniste di celebri storie d'amore con le quali Aloïse si identifica. Il suo lavoro racconta la forza di un desiderio che non finisce mai e trova sentieri immaginari, pieni di colori fiabeschi, dove finalmente si può esprimere. Nonostante la ricchezza di forme e di colori che c'è nei suoi lavori, tutto il suo teatro mi sembra il grido di dolore di una donna che, non avendo avuto la fortuna o la forza di vivere come avrebbe voluto, è costretta a rifugiarsi in un mondo a parte per non soccombere. La vita di Aloïse può essere un esempio emblematico di quello che disse Stendhal: " Un genio che nasce donna è perduta per l'umanità 

 
 
 
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Un blog di: fia76
Data di creazione: 21/09/2006
 

PAOLO COELHO


E' neccessario correre dei rischi ...
riusciamo a comprendere il miracolo della vita solo quando
lasciamo che l'inatteso accada.

 

Sei la mia schiavitù
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro

Nazim Hikmet

 
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