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Post n°50 pubblicato il 14 Ottobre 2008 da shardana0
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Post n°47 pubblicato il 23 Luglio 2008 da shardana0
Le groticelle hanno planimetrie con schemi articolati, per lo più complesse (fino a Tuttavia, secondo alcuni studiosi occorrerebbe comunque retrodatare le varie |
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Post n°46 pubblicato il 26 Giugno 2008 da Brighela71
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Post n°45 pubblicato il 01 Giugno 2008 da shardana0
Si percorrono i vecchi sentieri dei carbonai, ci s'inerpica per pendenze al limite del percorribile, poco prima di arrivare al villaggio si passa attraverso una fenditura nella roccia alta e profonda diversi metri ma larga poco più di uno, rendendo il passaggio angusto anche ad una sola persona. Nell’ enorme dolina che ha sprofondato la sommità arrotondata di un monte di calcare luccicante, che ricorda molto realisticamente un cratere vulcanico. All'interno di questo cratere ancora un'altro cedimento della roccia, stavolta sulla parete rivolta ad ovest, ha creato un'enorme balconata che guarda la vallata sottostante. Il villaggio si trova all'interno di una dolina di crollo, formatasi in seguito allo sprofondamento del soffitto di una grotta carsica. Un enorme frammento della volta si è conficcato verticalmente nel terreno assumendo l'aspetto di un Menhir. Qui gli antichi e gli indomiti abitatori, perseguitati dagli invasori, pensarono di costruire un nucleo di abitazioni, riparate da giganteschi soffitti di roccia per proteggersi anche intemperie dei rigidi inverni del Supramonte. Per alcuni versi il villaggio di Tiscali ricorda gli insediamenti rupestri dell'America Latina o certi "pueblos" indiani, edificati entro i canyons. Infatti agglomerati costruiti sotto immense pareti di roccia possono ritrovarsi nel Colorado o nell'Arizona. Così la dolina divenne un vasto riparo, sicuro e molto comodo, che consentiva di controllare l'esterno: circa 3000 anni fa lo abitarono antiche popolazioni sarde che vi edificarono un villaggio nuragico. Circa cinquanta capanne costruite pressappoco a semicerchio intorno a questo, in maggioranza circolari, ma anche rettangolari, sono divise in due quartieri e sono addossate alle pareti della dolina, esse sono in parte crollate, ma si possono notare ancora le fondamenta. Tutte le strutture attualmente visibili (del IX-VIII sec. a.C.) sono realizzate con pietre calca |
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Post n°44 pubblicato il 24 Maggio 2008 da cuoremiodgl
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Post n°43 pubblicato il 23 Aprile 2008 da shardana0
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Post n°42 pubblicato il 14 Marzo 2008 da Ichnusa3
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Post n°41 pubblicato il 07 Marzo 2008 da shardana0
L’acqua si è ritirata di 60 metri, della vecchia oasi resta una pozzanghera. La zona umida, classificata come Sito di interesse comunitario, si consuma giorno dopo giorno L'acqua si ritira, quasi una fuga disperata, e dietro rimane solo fango e sabbia. Si spegne lentamente il lago di Baratz, l'unico naturale della Sardegna, tanto che nei giorni scorsi il Corpo forestale e di vigilanza ambientale ha lanciato l'allarme con una informativa inviata all'assessorato regionale alla difesa dell'Ambiente. Decametro alla mano gli agenti hanno tracciato una linea che indica la drammaticità della situazione: la zona umida, classificata Sito di interesse comunitario (Sic), si consuma giorno dopo giorno. Un arretramento che trasmette tristezza: 60 metri dal punto originario censito all'inizio dell'inverno, una decina persi solo nell'ultimo mese con una progressione che fa paura. Di questo passo, del lago potrebbe restare solo una pozzanghera. E' una emergenza ambientale, sicuramente la più grave degli ultimi trent'anni nel lago che, per la sua specificità, ha da sempre una condizione di forte criticità. La situazione attuale, però, aggiunge il timore di una crisi irreversibile, tanto da fare temere per la sua stessa sopravvivenza. Per questo occorre capire che cosa sta succedendo, decodificare gli indizi e studiare le alterazioni pesanti che stanno rendendo sempre più fragile il contesto del Baratz. Ieri mattina gli agenti del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Regione - che ormai da diverse settimane stanno monitorando la situazione nel bacino - sono tornati sul posto e hanno effettuato una serie di controlli. Binocoli, macchina fotografica e strumenti per i sondaggi del terreno, hanno compiuto un lungo giro di perlustrazione per rendersi conto di quel che sta accadendo. Hanno visto, così, le carpe in difficoltà (forse l'ultima specie ittica rimasta nel lago), le folaghe e le garzette concentrate nello specchio acqueo dove ancora è possibile la presenza dei volatili. «Situazione difficile - hanno spiegato l'ispettore Salvatore Sanna e l'assistente Vittorio Pili - bisogna fare qualcosa al più presto. Se si continua di questo passo, d'estate resterà solo una pozza d'acqua al centro. Forse si potrebbe favorire l'apporto di acqua grezza attraverso le condotte del Consorzio di Bonifica della Nurra, è la cosa che in questo momento si può fare con maggiore tempestività». Sfruttato per tanti anni, «derubato» della sua risorsa più preziosa anche dall'industria, il lago di Baratz ora ha disperatamente bisogno d'acqua. Non può più donare, ha necessità urgente di trasfusioni, deve lottare per salvarsi e per tutelare le specie faunistiche che ospita. Nel rapporto inviato all'assessorato regionale alla Difesa dell'ambiente, il Corpo forestale ha provato anche a ipotizzare le possibili cause dell'emergenza che ha colpito l'unico lago naturale della Sardegna situato tra Porto Ferro, l'Argentiera e Alghero: intanto la diminuzione della piovosità, ma anche la presenza di numerosi invasi di intercettazione e raccolta realizzati lungo il percorso del Rio dei Giunchi e utilizzati dalle aziende agricole per uso irriguo. Così, lentamente, il bacino ha perso i contributi d'acqua. La falda si è abbassata, ridotta al lumicino. E basta un giro attorno a quel che resta del lago per rendersi conto della «desertificazione» che avanza. Il Baratz sembra quasi volersi difendere, indietreggia per cercare la salvezza e si lascia dietro strisciate interminabili di fango e sabbia. Cespuglietti verdi che con il passare dei giorni si colorano di grigio fino a seccarsi. Intorno i cinghiali colonizzano ogni spazio, scavano e demoliscono come pale meccaniche. Nei sentieri che dal lago portano alla pineta ricca di macchia mediterranea (dove emergono anche diverse specie di orchidee selvatiche) si notano i segni dell'abbandono, dell'ambiente non curato nei modi che merita un parco, anzi un Sito di interesse comunitario. Le passerelle in legno sono in larga parte inaccessibili perchè invase dalla vegetazione (già una normale azione di pulizia risolverebbe il problema), disagi anche per raggiungere i punti di osservazione. Una condizione complessiva di precarietà, resa ancora più triste dalla grave situazione del lago. Al centro c'è l'isolotto preferito dai cacciatori: prima ci arrivavano da terra con una barchetta, si appostavano lì e sparavano alle anatre. Ora ci possomo tranquillamente giungere a piedi, l'acqua non c'è più e l'imbarcazione non serve. Per terra cartucce di ogni colore: rosse, blu, verdi e gialle. Come regola dovrebbero essere raccolte, invece fanno bella mostra in mezzo alla sabbia. Una sfida per affermare che intanto ognuno può fare ciò che vuole e che non bisogna avere nessuna pietà di quel lago agonizzante. Bisognerebbe portare l'ossigeno, avviare la rianimazione. Invece quelli che ci vanno riescono ancora a sparare. Così si uccide l'unico lago naturale dell'isola. di Gianni Bazzoni |



































Inviato da: lunasmastros_ls
il 14/10/2008 alle 14:59
Inviato da: icknos
il 22/07/2008 alle 18:40
Inviato da: icknos
il 22/07/2008 alle 18:28
Inviato da: Brighela71
il 18/06/2008 alle 00:11
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 15:27