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« Donne sarde......Vini di Sardegna »

Non si uccide così l'unico lago naturale sardo

Post n°41 pubblicato il 07 Marzo 2008 da shardana0

L’acqua si è ritirata di 60 metri, della vecchia oasi resta una pozzanghera. La zona umida, classificata come Sito di interesse comunitario, si consuma giorno dopo giorno

L'acqua si ritira, quasi una fuga disperata, e dietro rimane solo fango e sabbia. Si spegne lentamente il lago di Baratz, l'unico naturale della Sardegna, tanto che nei giorni scorsi il Corpo forestale e di vigilanza ambientale ha lanciato l'allarme con una informativa inviata all'assessorato regionale alla difesa dell'Ambiente. Decametro alla mano gli agenti hanno tracciato una linea che indica la drammaticità della situazione: la zona umida, classificata Sito di interesse comunitario (Sic), si consuma giorno dopo giorno. Un arretramento che trasmette tristezza: 60 metri dal punto originario censito all'inizio dell'inverno, una decina persi solo nell'ultimo mese con una progressione che fa paura. Di questo passo, del lago potrebbe restare solo una pozzanghera. E' una emergenza ambientale, sicuramente la più grave degli ultimi trent'anni nel lago che, per la sua specificità, ha da sempre una condizione di forte criticità. La situazione attuale, però, aggiunge il timore di una crisi irreversibile, tanto da fare temere per la sua stessa sopravvivenza. Per questo occorre capire che cosa sta succedendo, decodificare gli indizi e studiare le alterazioni pesanti che stanno rendendo sempre più fragile il contesto del Baratz. Ieri mattina gli agenti del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Regione - che ormai da diverse settimane stanno monitorando la situazione nel bacino - sono tornati sul posto e hanno effettuato una serie di controlli. Binocoli, macchina fotografica e strumenti per i sondaggi del terreno, hanno compiuto un lungo giro di perlustrazione per rendersi conto di quel che sta accadendo. Hanno visto, così, le carpe in difficoltà (forse l'ultima specie ittica rimasta nel lago), le folaghe e le garzette concentrate nello specchio acqueo dove ancora è possibile la presenza dei volatili. «Situazione difficile - hanno spiegato l'ispettore Salvatore Sanna e l'assistente Vittorio Pili - bisogna fare qualcosa al più presto. Se si continua di questo passo, d'estate resterà solo una pozza d'acqua al centro. Forse si potrebbe favorire l'apporto di acqua grezza attraverso le condotte del Consorzio di Bonifica della Nurra, è la cosa che in questo momento si può fare con maggiore tempestività». Sfruttato per tanti anni, «derubato» della sua risorsa più preziosa anche dall'industria, il lago di Baratz ora ha disperatamente bisogno d'acqua. Non può più donare, ha necessità urgente di trasfusioni, deve lottare per salvarsi e per tutelare le specie faunistiche che ospita. Nel rapporto inviato all'assessorato regionale alla Difesa dell'ambiente, il Corpo forestale ha provato anche a ipotizzare le possibili cause dell'emergenza che ha colpito l'unico lago naturale della Sardegna situato tra Porto Ferro, l'Argentiera e Alghero: intanto la diminuzione della piovosità, ma anche la presenza di numerosi invasi di intercettazione e raccolta realizzati lungo il percorso del Rio dei Giunchi e utilizzati dalle aziende agricole per uso irriguo. Così, lentamente, il bacino ha perso i contributi d'acqua. La falda si è abbassata, ridotta al lumicino. E basta un giro attorno a quel che resta del lago per rendersi conto della «desertificazione» che avanza. Il Baratz sembra quasi volersi difendere, indietreggia per cercare la salvezza e si lascia dietro strisciate interminabili di fango e sabbia. Cespuglietti verdi che con il passare dei giorni si colorano di grigio fino a seccarsi. Intorno i cinghiali colonizzano ogni spazio, scavano e demoliscono come pale meccaniche. Nei sentieri che dal lago portano alla pineta ricca di macchia mediterranea (dove emergono anche diverse specie di orchidee selvatiche) si notano i segni dell'abbandono, dell'ambiente non curato nei modi che merita un parco, anzi un Sito di interesse comunitario. Le passerelle in legno sono in larga parte inaccessibili perchè invase dalla vegetazione (già una normale azione di pulizia risolverebbe il problema), disagi anche per raggiungere i punti di osservazione. Una condizione complessiva di precarietà, resa ancora più triste dalla grave situazione del lago. Al centro c'è l'isolotto preferito dai cacciatori: prima ci arrivavano da terra con una barchetta, si appostavano lì e sparavano alle anatre. Ora ci possomo tranquillamente giungere a piedi, l'acqua non c'è più e l'imbarcazione non serve. Per terra cartucce di ogni colore: rosse, blu, verdi e gialle. Come regola dovrebbero essere raccolte, invece fanno bella mostra in mezzo alla sabbia. Una sfida per affermare che intanto ognuno può fare ciò che vuole e che non bisogna avere nessuna pietà di quel lago agonizzante. Bisognerebbe portare l'ossigeno, avviare la rianimazione. Invece quelli che ci vanno riescono ancora a sparare. Così si uccide l'unico lago naturale dell'isola.

di Gianni Bazzoni

 
 
 
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