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Alaska La grande terra

Post n°7 pubblicato il 06 Giugno 2006 da picturdgl
Foto di picturdgl

"Qui, tra questi ghiacci, si impara che il, mondo, anche se già fatto, è ancora in divenire e che questo è ancora il mattino della creazione" (John Muir).

Qui tutto è enorme, potremmo dire eccessivo. 5000 ghiacciai (uno solo di essi è più grande della Svizzera), 4 milioni di ettari di foreste, 3 milioni di laghi; l'Alaska è estesa come la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna e l'Italia messe insieme e conta solo mezzo milione di abitanti.

Vitus Bering, navigatore danese al servizio dello Zar di Russia, fu il primo europeo e mettere piede in Alaska nel 1741; con le sue spedizioni aveva dimostrato che Asia e America sono separati da uno stretto che prese il suo nome.

Le spedizioni di Bering segnarono l'inizio dell'espansione commerciale russa nella regione, immediatamente invasa da migliaia di cacciatori alla ricerca delle pregiate pelli di lontra, castoro, volpe. Si spinsero sempre più all'interno mano a mano che la caccia indiscriminata riduceva il numero delle prede.

 

Anche le popolazioni locali pagarono a caro prezzo l'invasione. Furono prima soggiogate con la forza, quindi decimate dal vaiolo e dalle malattie portate dai nuovi arrivati, e di seguito assimilate nella cultura russa ad opera dei missionari ortodossi.

 

Nel villaggio di EKLUTNA sono ancora oggi visibili i segni di questa assimilazione. Nel cimitero, sulle tombe, spiccano le colorate CASE DEGLI SPIRITI dei morti, costruite secondo un costume che deriva dalla fusione di credenze e pratiche religiose degli indiani ATHABASCA e degli ORTODOSSI russi.

 

Nel 1778 il navigatore James Cook raggiunse queste latitudini e aprì un nuovo canale commerciale per nome e per conto degli Stati Uniti in concorrenza con i Russi.

 

Le genti del luogo furono costrette a schierarsi, vennero armate dall'una o dall'altra fazione con la conseguenza che il loro numero si ridusse in modo impressionante rispetto ai tempi precedenti l'arrivo degli stranieri: dal 20 al 50 % a seconda delle aree geografiche.

 

Alla fine l'impegno in Europa nelle guerre napoleoniche, il declino del commercio delle pellicce e l'enorme distanza di questi luoghi dalla madrepatria, convinsero l'impero russo a vendere l'Alaska agli Stati Uniti, nonostante gli indiani Tlingit sostenessero strenuamente che i Russi non potevano vendere ciò che non era loro.

 

Era il 1867 e il prezzo fu di 7 milioni e 200.000 dollari, 5 centesimi l'ettaro.

 

Fu l'oro a proiettare l'Alaska nel mondo, un metallo che possiede la forza di forgiare la storia. Dal 1880 impazzì la corsa all'oro del KLONDIKE, "l'ultima grande avventura", durante un periodo di grande recessione economica. La promessa di veloci ricchezze e di avventura attirarono anche in Alaska migliaia di persone che lasciarono tutto per la nuova frontiera. Sorsero le miniere e con loro molte città, a volte abbandonate in fretta e furia, all'annuncio del ritrovamento del magico metallo in un'altra regione. I cercatori che fecero fortuna furono pochi, in compenso nacquero racconti e leggende senza fine.

 

Oggi quelle miniere continuano a vivere per i viaggiatori di passaggio, testimoni di un'epoca tanto cara al mito americano della frontiera. Come INDEPENDENCE MINE, chiusa solo nel 1951 dopo aver prodotto in 45 anni di attività un valore in oro di circa 6 milioni di dollari. Le città dell'Alaska si presentano come qualsiasi città della provincia americana, ma.... nessuna malinconia o senso di abbandono; qui si ha l'impressione, vera o presunta, che le possibilità siano tante e il futuro ancora da decidere.

 

 

Ad ANCHORAGE, la capitale risiede la metà della popolazione dell'intero stato. Una città dal clima limpido dove puoi percorrere lunghe e panoramiche piste ciclabili, o fare un isolato pic-nic su un ghiacciaio.

 

FAIRBANBS è l'ultima città prima di inoltrarsi nel grande Nord. Qui appare più evidente la discriminazione tra i bianchi ed i discendeti delle popolazioni native: prevalentemente Inuit e indiani ATHABASCAN richiamati in città da un benessere a cui difficilmente potranno accedere.

 

SEAWARD è il porto di imbarco per la visita allo stupendo parco marino del Kenai Fjiords.

 

Gli incontri sono eccezionali: orche, balene. lontre,foche.

VALDEZ, così chiamata dall'esploratore spagnolo Don Salvador Fidalgo che qui sbarcò nel 1770. Quando, nel 1964, uno dei più devastanti terremoti della storia colpì l'Alaska del sud, in 4 terribili minuti Valdez non fu solo rasa al suolo, ma vide anche il terreno su cui era costruita sprofondare in mare.

 

La nuova Valdez sorge ora a circa 7 Chilometri dal luogo originario.

Valdez è il punto di arrivo della Trans-Alaska Pipeline, un ciclopico oleodotto (costruito in soli quattro anni tra il '74 e il '77) che collega la città con i campi petroliferi che si affacciano nell'immenso nord sull'oceano Artico a 2000 km di distanza.

 

Valdez ha pagato, insieme a tutta l'umanità, un prezzo altissimo per questo sviluppo tecnologico: nel 1989 le immagini del più grande disastro ecologico della storia fecero il giro del mondo partendo da qui: 42 milioni di litri di petrolio, fuoriuscii dalla superpetroliera EXXON VALDEZ, inquinarono il golfo di fronte alla città, una delle zone più importanti al mondo dal punto di vista naturalistico.

9000 persone lavorarono per mesi al disinquinamento e oggi fortunatamente le tracce visibili di quel disastro sono minime, e le lontre marine nuotano di nuovo nel porto di Valdez.

Mezzo milione di abitanti su un territorio enorme, un saldo ancora a favore della natura, 3/4 (?) dello stato destinato a parchi e zone protette, fanno dell'Alaska un'occasione mondiale forse irripetibile di gestione non devastante delle risorse naturali. Per l'Alaska, come per alcuni stati africani, possiamo dire che forse siamo ancora in tempo a mantenere un equilibrio accettabile tra uomo e natura, tra cosiddetto progresso e salvaguardia del patrimonio naturale.

 

La sensazione che la natura possa ancora vincere la si prova davanti alla maestosità dei ghiacciai perenni.

 

 
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