Creato da Gaussmat il 08/09/2009
Alla scoperta dell'icona di Pompei

 

"Temete e onorate, lodate e benedite, 

ringraziate il Signore, 

Dio onnipotente nella Trinità e nell'Unità, 

Padre e Figlio e Spirito Santo,

creatore di tutte le cose"

 

 

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ASCOLTANDO IL PAPA

«I mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell’illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza» (Benedetto XVI).

 

 

Dalla "Supplica alla Madonna di Pompei"

"O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d'inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell'ora di agonia; a te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l'ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia".

 

 

I miei link preferiti

- Santuario di Pompei
- www.radiomaria.it
- Maranatha
- totus
 

 

Un fiore respira, dentro una cortina di fumo, dentro una bolla di sogni, dentro un cuore, il vento piega la foglia, dolce cadde la pioggia, un altro giorno contando i passi, e Dio sorride da un libro ancora chiuso. J.M.

 

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« RIMANI CON NOIA tutti e a ciascuno dic... »

Il dono di Gesù Bambino è la ragione della bimillenaria gioia dei cristiani.

Post n°44 pubblicato il 22 Dicembre 2009 da Gaussmat

Santa Messa nella Notte della Natività del Signore
Is 9, 1-3.5-6; dal Salmo 95; Tt 2,11-14; Lc 2, 1-14
Omelia del Patriarca S. E. R. Card. Angelo Scola
Venezia, 25 dicembre 2007

1. «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (Is 9,2) ha annunziato il Profeta nella Prima Lettura. «Gioiscano i cieli, esulti la terra» (Sal 95,11) gli ha fatto eco il Salmo responsoriale preparando l’annuncio dell’angelo ai pastori: «Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10).
Tutta la liturgia di questa notte santa è un inno di gioia e ciascuno di noi ne è in qualche modo contagiato, perché la gioia spalanca alla speranza e suscita una più intensa voglia di vita. Ma la letizia e la speranza nascono solo da un grande dono: «Oggi la verità è sbocciata dalla terra. Cristo è nato dalla nostra umanità» (Sant’Agostino).
Il Verbo si fa carne, si fa uno come noi. Dio ha voluto, nella sua infinita misericordia, condividere la nostra vicenda umana, assumendo la nostra umanità per farci partecipi della Sua stessa vita divina. Il dono di Gesù Bambino è la ragione della bimillenaria gioia dei cristiani.

2. Su questo fatto irrevocabile, storicamente registrato dai preliminari di un censimento (Lc 2,1), è fondata la nostra speranza. L’Eterno è entrato nel tempo: la gioia del Santo Natale è l’espressione tangibile del dono della vita beata e del suo anticipo quaggiù. Infatti «la fede – scrive il Santo Padre nella sua recentissima Enciclica - non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire… Essa attira dentro il presente il futuro… Il fatto che questo futuro esista cambia il presente» (Benedetto XVI, Spe salvi, 7).

3. Nel Santo Natale Dio ha scelto di fare propria la tenera fragilità di un bambino. Egli mostra così a tutti gli uomini che la sua potenza è la misericordia infinita. La carne di questo bambino diventa «il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Padre per sempre, Principe della pace» (Is 9,5).

Nella parola pace è riassunto tutto il bene-essere dell’uomo nel rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio. In questo bambino la nostra vita è posta al sicuro («hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle» (Is 9,3). Fatica o affanno non sono più l’ultima parola del quotidiano mestiere di vivere, perché in questo Dio-Bambino ognuno di noi sa di essere al riparo dalla morte e dal male.

A Natale facciamo tutti una qualche esperienza di pace.

4. «Oggi è nato per noi un salvatore» (Ritornello del Salmo responsoriale). Questo “oggi”, in cui Dio nasce dalla nostra umanità, cambia il ritmo del tempo. Ed è il ritmo a dare senso al tempo, a strapparlo al suo scorrere monotono. Tutti gli uomini delle nostre terre e di quelle toccate dal cristianesimo percepiscono che il Natale interrompe il ritmo abituale del tempo per offrirci una sosta di pace e di riposo. E il tempo del riposo aiuta ad equilibrare gli affetti e il lavoro. Per questo la Chiesa ci invita a rendere vere (santi-ficare) la domenica e le feste mettendo al centro l’esigenza di ogni uomo di rinnovare il senso ed il gusto del rapporto con se stesso, con gli altri e con Dio.
Il riposo possiede pertanto un’inestirpabile valenza personale e sociale. È rischioso sacrificare il riposo festivo ad un consumismo ossessivo. Per questo la Chiesa esorta le autorità competenti a vigilare perché venga salvaguardata la dimensione sociale del riposo.

5. Gesù Bambino «ci insegna a rinnegare l’empietà… e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo» (Tt 2,12). La semplicità dei pastori e la dedizione amorosa di Sua Madre ci invitano ad accogliere fino in fondo nella nostra vita il Santo Bambino. Egli è il criterio di misura che Dio ha dato all’umanità. Per seguirLo ci è chiesta l’umile disponibilità a cambiare.

Il palpito di tenerezza che ora anima il nostro cuore come una vera scintilla di eternità è chiamato a generare rapporti nuovi, improntati all’amore come dono sincero di sé. In tutti gli ambienti dell’umana esistenza portiamo la buona novella della nascita di Gesù. Amen.


 
 
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Preghiera di sant'Anselmo d'Aosta

“Dio, ti prego, voglio conoscerti, voglio amarti e poterti godere. E se in questa vita non sono capace di ciò in misura piena, possa almeno ogni giorno progredire fino a quando giunga alla pienezza” (Proslogion, cap.14).

 

Supplica alla Madonna di Pompei - 4 ottobre

 

DIO INNALZA GLI UMILI

«Dio innalza gli umili» (Lc 1,52).
Quando affermo che Dio non ascolta i ricchi, non pensate fratelli che non esaudisca coloro che possiedono denaro, domestici e possedimenti. Se sono nati in questo stato e «occupano» questo posto nelle società, si ricordino delle parole dell'Apostolo: Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi (1Tm 6,17).
Coloro che non si lasciano vincere dall'orgoglio sono poveri davanti a Dio, che tende l'orecchio verso i poveri e i bisognosi. Sanno, infatti, che la loro speranza non è nell'oro o nell'argento, né in quelle cose in cui li vediamo sovrabbondare per un certo tempo. Basta che le ricchezze non causino la loro rovina e, se non giovano a nulla per la loro salvezza, almeno non ne costituiscano un ostacolo... Quando un uomo disprezza tutto ciò che alimenta il suo orgoglio, è un povero di Dio; e Dio inclina verso di lui l'orecchio, perché conosce il tormento del suo cuore.
Senza dubbio, fratelli, quel povero coperto di piaghe, che giaceva alla porta del ricco, fu portato dagli angeli nel seno di Abramo, lo leggiamo e lo crediamo. Il ricco, invece, che, vestito di porpora e di bisso, banchettava splendidamente ogni giorno, fu precipitato nei tormenti dell'inferno (cf. Lc 16,19-31). E' stata proprio la sua indigenza che ha meritato al povero di essere trasportato dagli angeli? E il ricco è stato abbandonato ai tormenti per colpa della sua opulenza? Dobbiamo riconoscerlo: in questo povero fu onorata l'umiltà, e nel ricco fu punito l'orgoglio.
Ecco la prova che non le ricchezze, ma l'orgoglio è causa di castigo al ricco. Senza dubbio il povero fu portato nel seno di Abramo, ma dello stesso Abramo la Scrittura dice che aveva molto oro e argento e che fu ricco su questa terra (cf. Gen 23,2). Se il ricco è precipitato nei tormenti, come mai Abramo ha potuto superare il povero per accoglierlo nel proprio seno? Abramo in mezzo alle ricchezze era povero, umile, rispettoso e obbediente a ogni ordine di Dio. Il suo disprezzo per le ricchezze era tale che, quando Dio glielo chiese, accettò di immolare il figlio a cui queste ricchezze erano destinate.
Imparate dunque a essere poveri e bisognosi, sia che possediate qualcosa in questo mondo, sia che non possediate nulla. Perché si trovano dei mendicanti pieni di orgoglio e dei ricchi che confessano i propri peccati. Dio resiste ai superbi, coperti di seta o di stracci, ma concede la sua grazia agli umili, che possiedano o no beni di questo mondo. Dio guarda nell'intimo, là egli pesa, esamina. La bilancia di Dio, tu non la vedi: è il tuo pensiero che vi si trova soppesato.
Il salmista pone sul piatto i suoi titoli a essere esaudito quando dice: Perché io sono povero e infelice (Sal 85,1). Cerca di essere tale: se non lo sei, non sarai esaudito. Rifiuta tutto ciò che attorno a te e in te porta alla presunzione. Non presumere che di Dio, non aver bisogno che di lui ed egli ti colmerà.

Agostino, Esposizioni sui salmi, 85,3

 
 

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