Genoa ti amo!

Qualcuno è genoano perché è nato vicino al mare. Qualcuno è genoano perché il bisnonno, il nonno, lo zio, il padre e la madre erano genoani, il cugino no! Qualcuno è genoano perché ha visto perdere quasi tutte le partite fondamentali. Qualcuno è genoano perché quelle poche che ha visto vincere le ha cantate in gola fino alla fine di quella notte ed ancora al ricordo si scopre le lacrime agli occhi. Qualcuno è genoano perché ha solo visto vendere giocatori. Qualcuno è genoano perché la maglia rossoblu è bellissima sullo sfondo di un prato verde. Qualcuno è genoano perché quando da bambino diceva di tenere Genoa, negli occhi degli adulti vedeva quella malinconia e quell'orgoglio che non avrebbe più ritrovato se non nei suoi occhi di adulto. Qualcuno è genoano perché a Natale gli avevano regalato il disco dell'inno. Qualcuno è genoano perché non vede l'ora che entrino le squadre per cantare l'inno. Qualcuno è genoano perché si va in serie C con una festa allo stadio in diecimila. Qualcuno è genoano perché c'è la gradinata nord. Qualcuno è genoano perché quando in gradinata si tendono le braccia all'urlo Genoa sembra di essere su di una locomotiva che trancia i binari. Qualcuno è genoano perché il mare di Nervi è blu e le creuze di Carignano sono rosse. Qualcuno è genoano perché da bambino credeva che al mondo esistessero solo due colori. Qualcuno è genoano perché si va a Modena a salvarsi dalla C in 8.000. Qualcuno è genoano perché si va a Ravenna a perdere la serie A in 12.000. Qualcuno è genoano perché si va ad Amsterdam in 6.000 sapendo di non potercela fare. Qualcuno è genoano perché Iorio l'ha buttata dentro e vuoi vedere che. Qualcuno è genoano perché Genova si colora di rossoblu quando altri vincono lo scudetto.

Creato da pulvaz il 29/07/2006

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C'è solo la Nord!!!

Post n°503 pubblicato il 24 Settembre 2007 da pulvaz
 
Tag: Genoa..

di Claudio Critelli....


L’attesa logora i nervi e carica la passione. Ma non sono 12 anni di
assenza dalla massima serie a fare la differenza. Chi lo dice non è di
Genova. O, comunque, è informato malissimo. Sotto la Lanterna è derby
sempre: ventiquattro ore al giorno per sette giorni alla settimana. Qui
l’antagonismo non si misura con la categoria di appartenenza. Pensare
che tutto, o quasi, si riduca ai rendez-vous sul prato del Ferraris è
sintomo di mancata conoscenza della realtà. Un po’ come credere che a
Siena le passioni e le rivalità contradaiole esistano soltanto il 2
luglio e il 16 agosto, giorni in cui piazza del Campo raccoglie nel suo
ventre gli umori, gli attriti e i sentimenti più forti della sua gente.
Ecco, la stracittadina di Genova è probabilmente paragonabile solo a
questo evento, carico di simboli e di visioni presenti e future.
Rappresenta anche lo specchio di una realtà di cui il calcio è solo un
aspetto. Non si tratta di spicciole disquisizioni sociali, ma di
constatazioni.

Come
quella sgradevole dei violenti scontri tra le frange più estreme delle
due tifoserie. Incidenti prevedibili e annunciati avvenuti a ridosso
del match ma che mai prima d’ora avevano macchiato una stracittadina
genovese. Va però detto che queste violenze fisiche sono però
censurabili al pari di quelle più sottili di chi (dirigente, politico,
giornalista, ecc.) da qualche tempo utilizza la grancassa dei media per
alzare la temperatura della rivalità. Il tutto con il forte sospetto
che dietro certe strategie si celino squallidi interessi speculativi
dei quali il football e i suoi devoti sono soltanto pretesti. Peccato
che ieri chi ha pensato di suonarsele selvaggiamente non abbia capito
che stava facendo il gioco di chi li sta usando. E questo, comunque,
riguarda entrambe le tifoserie.


Passata la breve tempesta
l’atmosfera intorno allo stadio è tornata quella tipica genovese. La
più bella e serena possibile. Con tifosi di fedi differenti che si
avviano pacifici e sorridenti all’appuntamento, dividendosi solo al
momento di entrare nello stadio per poi ricongiungersi alla fine. Per i
genoani, forse più che per gli altri, stavolta c’è qualcosa di diverso
rispetto al solito. Sarà per la consapevolezza che solo qualche anno fa
la sparizione era più che un’ipotesi; sarà che gli sbalzi da
ottovolante che li hanno portati dall’illusione della A all’inferno
della C, e ritorno a tempo di record, qualche vertigine l’ha creata.
L’ultima volta che quelli della Nord si erano trovati di fronte la
gradinata opposta ricolma di “cugini” era il 19 aprile del 2003. In
serie B. Con la Sampdoria lanciata verso la promozione ed il loro Genoa
mandato criminalmente allo sfascio da un’indefinibile dirigenza. In
quella circostanza nella Sud campeggiava un pupazzo a forma di
marinaretto blucerchiato che, con la mano, li salutava beffardamente.
Il tutto corredato da una didascalia che non lasciava adito molte
interpretazioni: “Questo non è un arrivederci, è un addio”. Chi l’aveva
ideata si illudeva di essere profetico. Non aveva fatto i conti con un
lo spirito da araba fenice che alberga nel popolo a cui stava dando
l’eterno commiato. Quel derby comunque - come spesso è accaduto - i
genoani non lo persero, la loro squadra sì. Arrendevole oltre i propri
limiti strutturali e affondata dai gol di Zivkovic e di Conte il rosso,
artefici di un tris di vittorie doriane che nella stracittadina non
aveva precedenti.

Stavolta le cose sono diverse. A cominciare
dai limitatissimi posti concessi ai genoani (ma questo accadrà a parti
inverse al ritorno) in barba al tradizionale gentlemen agreement fra
due società che ormai non fanno neppure finta di sopportarsi.
Nonostante la porzione di rossoblu sia stata limitata al minimo
indispensabile (gradinata Nord e angoli laterali) il tifo è di quelli
veri. Senza divisioni o pause. Compattato dagli eventi e finalmente
lustrato a lucido. Trascinato dall’orgoglio e dall’impeto di una
passione che fa bruciare la gola e brillare gli occhi. Al tirar delle
somme le normative che castrano la fantasia di chi vuole presentare le
consuete scenografie faraoniche sembrano pesare soprattutto sui
dirimpettai, presentatisi in massa con la maglia blucerchiata ma con
pochissimi vessilli. Da questa parte i tifosi fanno di più. Sono
centinaia le bandiere di fogge e dimensioni diverse che animano ancor
più visivamente il cuore pulsante del tifo genoano. Migliaia le
sciarpe, le voci e i battimani che si uniscono in un sol coro a
spingere gli eroi della serata verso l’impresa. Quelli però l’anima non
sembrano sputarla con la stessa pervicacia di quanto avviene sugli
spalti. Il primo tempo è semplicemente inguardabile. il secondo quasi.
Accompagnato da una direzione di gara imprecisa e giocato a corrente
alternata. Alla fine per contare gli autentici sussulti espressi sul
terreno di gioco ci si accorge che le dita di una mano sono più che
sufficienti. Ma per fortuna il derby, soprattutto quando i ventidue in
campo non sono all’altezza, ha da sempre un protagonista che non
tradisce mai: la gradinata Nord. Peccato per chi se l’è persa.
Fortunati quelli che c’erano.

 
 
 
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