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Scuola sta a solutidine come alunni ad incoscienza?

Post n°8 pubblicato il 17 Gennaio 2015 da GreenLyrics

Un libro appena pubblicato svela con molto chiarezza e amara verità cosa accade nel panorama scolastico dei nostri giorni, e delle certezze che sfumano senza neanche chiedere il permesso di evaporare. Gli occhi sono appannati di fronte alla meraviglia, e delusi fanno finta di nulla, più che altro creano l'immancabile parvenza del frustato ottimismo quotidiano.

«Non respira, non conta più nulla, arranca, è povera, marginalizzata, i suoi edifici crollano, i suoi insegnanti sono umiliati, frustrati, scherniti, i suoi alunni non studiano, sono distratti o violenti, difesi dalle loro famigie, capricciosi e scurrili, la sua nobile tradizione è decaduta senza scampo. E' delusa, afflitta depressa, non riconosciuta, colepvolizzata, ignorata, violentata dai nostri governi che hanno tagliato le sue risorse e non credono più nell'importanza della cultira e della formazione che essa deve difendere e trasmettere. E' già morta? E' ancora viva? Sopravvive? Serve ancora a qualcosa oppure è destinata ad essere un residuo di un tempo ormai esaurito? E' questo il ritratto smarrito della nostra Scuola». Queste sono le parole usate dal noto psicoanalista e filosofo morale Massimo Recalcati.

Egli ci spiega che un tempo la figura dell'insegnate era oggetto di rispetto da parte della classe, ed era dotata «di peso simbolico e di autorità a prescindere dai contenuti che sapeva trasmettere». In soldoni, era un'evidenza che il simbolismo di figura sovraumana che la circondava, prevalesse su chi realmente fosse poi il responsabile della materia da impartire.

Oggi invece l'insegnate non gode di vita semplice, e lotta con se stesso nel momento in cui «si deve confrontare con la propria solitudine, con un vuoto di senso entro il quale è costretto a misurare la propria parola». Tuttavia si sentono ancora molte storie variegate sulla scuola, e su chi cerca di portarla avanti nel migliore - o peggiore - dei modi possibili.

Il centro nevralgico delle conversazioni è il desiderio di equilibrio, rispetto e responsabilità verso il ruolo e i doveri che ogni categoria di utenti e titolari di cattedra dovrebbero manifestare. Non serve certo gettare anni di crisi (economica, valoriale, personale, civica) nel dimenticatoio, ma sarebbe d'aiuto sondare il limite che attraversa il sapere che si desidera ricevere dal proprio banco di scuola; o magari dalla cingolante cattedra tarlata.

Un insegnante garante del proprio ruolo sociale e missionario (oserei dire) per il prossimo, non è affatto «colui che possiede il sapere». La figura del bravo mentore è incarnata da chi «sa entrare in un rapporto singolare con l'impossibilità di sapere tutto il sapere». E da chi è capace di elaborare un confronto critico con la propria fragilità. Non si può far tutto; sempre.

Ma è compito critico degli alunni - e delle loro famiglie - sviluppare un senso critico verso sistemi che non funzionano e che hanno abbandonato il loro spiraglio di salvezza depositato nella tradizione umanistico-scientifica italiana. Ciò è possibile! basta curiosare, leggere, fare domande e soprattutto non avere paura di una cosa che oggi è quasi una minaccia: l'umiltà.

 
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