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Una parola parlata

Post n°26 pubblicato il 14 Marzo 2015 da GreenLyrics
 

Un discorso, anche quando si lascia ascoltare volentieri, fatica a suscitare lo stesso grado di interesse nel momento in cui lo si trascrive (tale e quale) su carta. Come si può ben immaginare, l'effetto è ben diverso e (anche se esistono eccezioni a questa regola) le parole di una persona che vuole affidare i suoi pensieri all'oralità, devono essere per forza adattate. Senza adeguate modifiche, esse non funzioneranno perchè ne verrà meno la trasmissibilità.

Anche lo scrittore più attento alla lingua parlata, nel momento in cui scrive un dialogo, finisce per ricreare qualcosa di più vero della conversazione reale, perchè ne elimina le lungaggini per provare a muoversi verso la caratterizzazione essenziale che gli sta a cuore.

L'arte del scrivere rappresenta - in forma tipica e sintetica - gli aspetti della realtà che nella vita quotidiana sono spesso diluiti, sfumati e che pertanto cercano di passare inosservati.

Chi si diletta in questa esplorazione dell'invisibile al primo sguardo, può sviluppare delle competenze che attraverso lo scuarcio nella tela della realtà, permetteranno di creare sculture formali e linguisiche che attireranno a sè colui che è alla disperata ricerca di una novità, che magari lo incuriosisce interamente o solo per alcuni aspetti. E il tempo aiuta.

La scrittura, non essendo soggetta alle regole dello spazio e del tempo fisico, è libera di essere presente per chiunque vi si imbatta, per caso o per fortuna, e ha così il pregio di durare nel corso di generazioni.

Certo, questo non la redime dalla perdita di stimoli che i nostri interlocutori quotidiani mediano - volenti o nolenti dal farlo:-) - durante le nostre interazioni con loro.

La scrittura prova a mantenere e a riprodurre alcuni meccanismi dell'oralità, ma la sua è pur sempre una techne (è una tecnica soggetta a delle regole) che come tale non è sempre libera di seguire lo sfarfallio della spontanea frivolezza di libere costruzioni linguistiche.

Come per esempio, non è detto che si apprezzino quelle presenti in questo breve scritto.

Concludendo sono le differenze sostanziali la base del discorso: capaci di mediare messaggi che veicolano lo scambio creativo di idee e di immagini, mutando stile a loro piacimento.

GL

 
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Ecocentrismo Vs Antropocentrismo

Oggi è indispensabile per noi l'integrazione ecocentrica al dilagante antropocentrismo che vede l'uomo in possesso di un'anima, una mente e la ragione lo incorona monarca assoluto di un reame che - così come ci si presenta - appare sempre più in crisi.

L'ambiente si potrebbe definire il principe del regno vivente, sulla scia di questa metafora. Esso è parte integrata e integrante della costituzionalità dell'essere umano, che a sua volta lo è per altri viventi che meritano di avere qualifiche morali. Tutto sta nel definirne i confini.

Da principio, la questione dell'ambiente nasce e si sviluppa come un problema etico-pratico: cosa fare? come agire? che cosa valorizzare prima? quali politiche mettere in atto per incrementare il benessere di altri esseri umani e dell'ambiente stesso?

Ma un'altro interrogativo crea un accanito corrucciamento delle fronti dei filosofi di scienza che impiegano il loro ragionamento quotidiano sullo "statuto morale" chiedendosi così:

Quali sono le entità che hanno valore etico? quali entità possiedono uno statuto morale? è sufficiente possedere la conoscienza di un linguaggio tradizionale per avere dei diritti? e verso quali entità noi esseri umani abbiamo dei doveri?

Il tentativo di allargare il discorso filosofico (e le considerazioni in ambito morale) verso entità nonumane, prende il nome di estensionismo etico. Ma quali sono i suoi principi?

I concetti e le categorie dell'etica classica (diritti, doveri, responsabilità, statuto morale) si estendono al di là del limite dell'attuale essere umano, lasciando emergere nuovi orizzonti.

Altrettanti interrogativi emergono da subito. Ci si può chiedere fino a che punto è lecito estendere i confini dello statuto etico, e della successiva considerabilità morale? Si tratta di una presa d'atto dal punto di vista filosofico, di una procedura decisionale, o di una semplice (e forse anche banale) considerazione umana che sceglie a quali entità assegnare dei diritti?

Ma a questo punto del ragionamento quali sono i criteri da seguire per delineare i paradigmi dell'astensionismo etico? Anche perchè, in quest'ambito come in molti altri, i criteri per attribuire una considerabilità morale a un ente x piuttosto che y variano molto rispetto alle correnti di pensiero che si sceglie di seguire. Alcuni esperti in materia mettono sul piedistallo l'essere Persona o l'essere dotati di potenzialità per diventare Persona; altri l'essere dotati di razionalità (e avere potenzialità per svilupparla), di capacità linguistica e sensibilità; l'essere dotati di vita propria e poterla dare all'interno dell'ecosistema di cui (e in cui) si è parte.

C'è chi estende lo statuto morale oltre che alle piante e agli animali, anche a tutte le specie che trovano spazio in questo mondo, insieme agli alberi, le montagne, e le acque...

I limiti umani richiedono una nuova epistemologia della coscienza morale, che emerge anche a partire dalle scelte energetiche; il problema delle scorie radioattive; la diminuzione delle risorse disponibili e rinnovabili; il mutamento del clima e di stagioni che oramai i nostri figli potranno descrivere solo studiando sui loro libri; l'estinzione di molte specie animali e vegetali considerate protette; l'inquinamento atmosferico e delle acque, non solo nelle città.

Tutto ciò da spazio a nuovi interrogativi, che prima o poi si dovrà iniziare a sistematizzare.

Più che altro per le generazioni future, che domani saranno anche più arrabbiate di noi oggi.

 

GL

 

 

 
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Professione: amante dell'informazione

Post n°24 pubblicato il 09 Marzo 2015 da GreenLyrics
 

L'amante dell'informazione - quella vera e buona - sa che la spontaneità, la freschezza e la conoscenza della lingua sono delle componenti importanti della scrittura.

Ha bene in mente i procedimenti che sono alla base del suo miglioramento.

Per raggiungere l'obiettivo passa in rassegna i testi che più frequentemente è chiamato a comporre, ed esamina la qualità e la misura degli elementi che li compongono.


Riflette e coglie i punti fondamentali.

Si sofferma sui punti delicati della grammatica dell'italiano, quelli che suscitano più spesso il dubbio.

Distingue modi diversi di comunicazione, valori d'uso e sfumature.


Descrive la ricchezza della lingua, strumento docile, servizievole, potente; a patto di saperlo maneggiare.


Si impegna a superare quell'insicurezza che, latente o a volte consapevole, lo coglie per (de)formazione professionale nei confronti della scrittura.


E si capisce, il bravo amante dell'informazione sa come entrare in sintonia con il pubblico verso cui il suo scritto è destinato; certo, non prima di aver selezionato co cura le modalità ottimali di trasmettere l'informazione.


Eppure, sa bene che non c'è un modo univoco e unico di scriver bene.


Per fortuna! Altrimenti la lingua non sarebbe lo strumento infinitamente flessibile che è, e la sua professione perderebbe la sua ragion d'essere.

GL

 
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Hai paura? ma di che cosa in particolare...

Post n°23 pubblicato il 06 Marzo 2015 da GreenLyrics
 

Oggi mi è capitato di avere fra le mani la poesia Paura di Raymond Carver

 

Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti alla casa.

Paura di addormentarsi nella notte.

Paura di non addormentarsi.

Paura del ritorno del passato.

paura del presente che fugge.

paura del telefono che squilla nel cuore della notte.

Paura delle tempeste elettriche.

Paura della signora delle pulizie con un neo sul viso!

Paura dei cani che mi hanno detto che non mordono.

Paura dell'ansia!

Paura di dover identificare il cadavere di un amico.

Paura di finire i soldi.

Paura di averne troppi, anche se questo non crederanno mai.

Paura dei risultati dei test psicologici.

Paura di essere in ritardi e paura di arrivare prima degli altri.

Paura della calligrafia dei miei figli sulle buste.

Paura che muoiano prima di me e che mi sentirò in colpa.

Paura di dover vivere con mia madre anziana, anziano anch'io.

Paura della confusione.

Paura che questo giorno finisca su una brutta nota.

Paura d svegliarmi e scoprire che te ne sei andata.

Paura di non amare e paura di non amare abbastanza.

Paura che quel che amo risulterà letale per quelli che amo.

Paura della morte.

Paura di vivere troppo.

Paura della morte.

L'ho gia detto.

 

E se noi, di fronte alle nostre paure interne o percepite dall'esterno, provassimo a fare un elenco di ciò che ci mettesse (troppo) spesso alle strette ma che non abbiamo tempo di dire.

Ovviamente lasciando che l'immediatezza delle proprie sensazione possa fluire e venir fuori in maniera libera, e del tutto spontanea. Zero sensi di colpa o costrizioni legate dal rigore a cui solitamente siamo sottoposti nell'arco della nostra quotidianità! Che sia un attimo per sè.

E che possa esser un punto di partenza per domandarsi se la paura non è altro che un'idea.

 

GL

 
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Primitivismo, una desiderata o urgente forma di liberazione dall'attuale civiltà?

Post n°22 pubblicato il 06 Marzo 2015 da GreenLyrics
 

Il primitivismo è stata una corrente culturale forte. Essa ha saputo lasciare il segno nei lavori di Rousseau e Thoureau dal punto di vista teorico, facendosi poi sentire (praticamente) anche nei lavori di Gauguin, dei cubisti e dei fautori dell'Art Brut.

Il fil rouge che accomuna questi famosi teorici e artisti del passato merita una riflessione:

la civiltà viene percepita dall'uomo come una costrizione innaturale, che come tale può impedire il libero sviluppo personale. La cultura e il progresso sono spesso fonti magmatiche di informazioni che possono "incrostare" le basi della creatività umana non permettendo alla verità naturale e semplice di librarsi. I miti hanno sempre due facce della stessa medaglia.

Puntando alla sfera positiva aleggiano sullo 'stato di natura', l' 'età dell'oro', la purezza e l'innocenza perdute, la spontaneità e la capacità di immaginare qualcosa che abbia un posto nella (propria) vita. La sfera negativa preferisce soffermarsi su concetti come civiltà, artificio, tecnica, intellettualismo, progresso alienante e perciò disumano, perdita del sè.

Arthur Lovejoy, analizzando diverse forme di primitivismo culturale, ci ha lasciato scritto:

«Comune a tutte è la convinzione che l'epoca - quale che sia l'epoca in questione per un dato scrittore - sia dissestata e che tale dissesto sia da attribuirsi all'eccessiva complessità e raffinatezza della vita dell'uomo civilizzato, alla patologica molteplicità e al carattere emulativo dei suoi desideri, alla sovrabbondanza oppressiva dei beni in suo possesso e alla innaturalità e alla mancanza di spontaneità interiore delle sue emozioni: che l'arte, cioè l'opera dell'uomo, abbia corrotto la natura, vale a dire la natura stessa dell'uomo; che il modello di una vita individuale e di un oridine sociale normali si trovi fra i popoli selvaggi contemporanei, sia che si ammetta o no che esso è stato realizzato anche dall'uomo dei primordi»

L'autore ci sta dicendo che l'essere umano di oggi la pensa esattamente come il barbaro di ieri, e che ogni superiorità o differenza sostanziale (soprattutto dal punto di vista culturale oltre che antropologico), si apporrà sempre su un termine o una comunità di paragone, che verrà elogiata per i suoi meriti proprio da colui che trasmette un suo particolare giudizio.

E nell'introduzione di Orientalismo di Edward Said si rimane colpiti dalle idee di T. Todorov:

«In ogni tempo gli uomini hanno creduto di essere migliori dei loro vicini, limitandosi a mutare il tipo di difetto da imputare loro. Questo svilimento ha due aspetti complementari: da un lato si considera il proprio quadro di riferimento quale unico, o perlomeno normale, dall'altro si constata che gli altri, se rapportati a questo quadro, ci sono inferiori. Il ritratto dell'altro viene dunque tracciato proiettando su di lui le nostre proprie debolezze, egli ci è a un tempo simile e inferiore. Ciò che gli viene rifiutato è anzitutto di essere diverso: nè inferiore nè (nemmeno) superiore, ma altro appunto».

Fu già C. Darwin a dire che le specie viventi, compresa quella umana, non sono entità statiche poichè si modificano nel tempo dovendosi anche adattare ai cambiamenti dell'ambiente. La variabilità tra gli esseri viventi è ciò che garantisce alla specie e alla vita di avere molteplici caratteristiche, che poi vanno a garantire la nostra stessa unicità fisica ed esperienziale. La linea del tempo integra, e lungi dal separare enti e artefatti, mostra la sua continuità nella storia della vita e della biologia che ci è propria. Noi siamo sempre gli stessi.

Il selvaggio e il primitivo oggi affascinano le menti e le idee di molti di noi, che lungi dal voler riconoscere come unica realtà la città urbana sognano di viaggi esotici o al limite della comodità per sondare, anche attraverso le sensazioni del proprio corpo, per provare a ricercare la semplicità, l'essenzialità e la spiritualità che nutre rispetto per le tradizioni.

Sfoltire il troppo, per comprendere che il poco è solo sinonimo di differenza e accettazione.

 

LH

 
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