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pedali

Post n°135 pubblicato il 14 Dicembre 2005 da Grilcantino

 

Neanche partito, il suo dito era già sul fiocco di neve. Od almeno sul suo simbolo, il cristallo. Si, aveva deciso d'inserire la modalità invernale, Protosforo, ma la temperatura non c'entrava. La souplesse, piuttosto. Pennellare su seta l'uscita dal cortile - gas pudicamente rilasciato - per non offendere pistoni con aperture di farfalle. Due gradi di pendenza, non voleva infliggere al rapporto lungo la ferita del carico. Sentire costante il minimo, piuttosto. Giri inalterati, ma con guadagno di velocità. Quest'incanto voleva riperpetuato, Protosforo. L'innaturalità della variazione cinetica sopra l'impassibilità dell'ago contagiri. L'ebrezza di partire in seconda, coll'automatico. Come a vela, di bolina. Tenue incorrispondenza di causa ed effetto, straniante onnipotenza di governare l'obliquo. Poi il carraio, l'immissione. L'invito dello scivolo, ora poteva affondare. L'attimo d'un rantolo, e subito la servofrizione cessava di mediare: ora chilometri e giri danzavano insieme. E pochi decibel, in più. Perchè la pilotava ancora la cambiata, Protosforo, ma senza leve. Giust'un rilascio, ed ecco i millesei pronti ad accogliere la staffetta dei duemilaecinque. Si, col joystick avrebbe potuto imporre cifra tonda, al ribasso. Invece no, il sedicivalvole non avrebbe gradito. Si, per Pritosforo il suo benzinino sapeva gradire. Forse, anche amare. Di certo, l'amava lui. Amori cangianti, al cambiare di lui, e di loro. Loro, le semoventi scatole gommate. Non c'era più d'appassionarsi al gorgoglio d'un cono, od intenerirsi ad un rifiuto gassoso. O sfoggiare l'abilità d'un amanuense nel trattar l'arricchitore, o debrayare coll'orecchio - porschista - d'un Karajan. Altri piaceri, altre età, di tutti e due. Ma algore, non ancora. Si, plastica invece d'alluminio, un triste titanium look da mercanteggiare con intattile radica.Ma pulsare, pulsa ancora. Non più l'elettricità del doppio corpo ch'esplode ai quattromila, non ancora l'elettricità del tutto a zero giri. Solo diversa, la progressione. Più velluto, ma curve ancora seducenti. E il manuale robotizzato, non meno carnale di quello col pedale in più. Dentro un dare precedenza, colonne ai fianchi. Vera sospensione marina, con tutti gl'altri boccheggianti in solfeggi subìti. Loro credono, voluti. Avessero provato, la sensazione di galleggiamento. Loro a vangare sopra il tappetino, obsoletamente sottratti a ciò ch'importa, sopra. La scena oltre il temperato, quella importa. Ci si può ancora navigare, pensava Protosforo, per quanto convulsa il montante ce la restituisca. Basta affrancarsi da quella roba lì, masturbatoria. E maschilistica, anche. Dovranno passare generazioni, da noi. Neppure l'Illuminato, in questo fu precursore. Lui pure, l'Illuminato Riccardo Bacchelli, che sentiva le pieghe, delle semoventi scatole gommate. Gioiva delle elargite sfumature, ma di questa roba qui s'era bagnato non immerso. Roba da americani, diceva. Si, non nego che sia utile, et cetera et cetera. L'emozione, gli sfuggì, tra tante delicatamente colte e magistralmente propalate, lui honoris causa di letteratura. Eppure c'è l'emozione, e si rinnova ogni volta. Col filosofare, basterebbe l'idea che deve essere la macchina a servire l'uomo, e non viceversa, con quel puriritornellato minuetto lì, di braccio e piede. No, c'è dell'altro. Lo pensava Protosforo, lui ch'il Garelli lo prese a tre marce, loro concependo come il luogo della creatività. E, lo sono, il luogo della creatività, le marce. Andare per decine e sceglierli, dopo averli delibati, i giri, chè duemilasettecentocinquanta respira diverso, di poco più sotto. E progettarla la progressione: tracciar diagrammi meglio di geometri, pianificare quali provetti architetti, il brandello di vita tra il semaforo e la strada aperta. Si, il luogo della creatività. Goderne. Interagire con l'imprevisto, metterci pure sagacia, nella scelta, ed eseguirla con perizia artigiana. Quando si vuole, però, non quando crediamo che ci voglia. E la creatività, Protosforo, se l'era diversamente ritagliata. Basta piede sinistro, se l'operazione deve essere bovina. Modulare la pressione sul freno con tocco da neurochirurgo, in quella coda in cui l'oscillazione da tornire è tra i due e i tre chilometri all'ora, quell'ora. L'agreste fruscio di scivolare tra materici starnazzi, agli stop. Le due mani sul volante, a disegnare traettorie come svolazzi su tela. Si, non c'è bisogno della falliconica leva, per godere. Sfumature tante, da ritagliarsi. Anche di più, nel traffico. Non una rinuncia: un guadagno. Liberi di fare, e di creare. Casomai, pensava Protosforo seguitando l'aristocratica navigazione, aridatece 'o termometro, magari i giri del differenziale (lo fece, lo ebbe, lo strumento indicatore, un bizzarro texano). Il pedale, no. Ce n'è da fare, da creare, anche senza. E si assapora anche di più. Di nuovo a casa, Protosforo. L'invito del carraio all'incontrario, piccolo sforzo da superare. Prima inserita manualmente, un'unica volta. Ruote sopra, dentro il portone. Il dito di nuovo sul fiocco di neve, e il rapporto s'allunga con lieve gemito, gas non concorrendo. Una folata euro quattro, ed è subito box.

 

Cordialmente

 

Claudio Trezzani

 

 

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Commenti al Post:
newromanticvisage
newromanticvisage il 15/12/05 alle 12:14 via WEB
Belle immagini, davvero! Mi sta venendo la voglia di provare di nuovo un'auto con l'automatico, che questa volta non sia di nuovo una Smart!!! Una curiosità: posso chiederti che auto hai?
(Rispondi)
Grilcantino
Grilcantino il 15/12/05 alle 18:47 via WEB
Sissì, non la Smart: troppo lento, quel robotizzato lì. Io posseggo una Opel Corsa 1200 benzina. Col robotizzato, ca van sa dire
(Rispondi)
toorresa
toorresa il 24/03/09 alle 15:07 via WEB
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