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Un sms sbagliato Così l’errore allunga la vita

Post n°49 pubblicato il 16 Aprile 2008 da icedada
 

sabato 12 aprile 2008, 07:00

Era
seduto in cucina in mutande. Da più di un'ora guardava fuori dalla
finestra. Abitava al primo piano. Se non usciva sul terrazzino, non
riusciva a vedere nemmeno una striscia di cielo. Quel pomeriggio non
gliene importava niente del cielo. Aveva altro a cui pensare. Quando
era bambino aveva mille sogni, come tutti i bambini. Non ne era rimasto
in piedi nemmeno uno. Si erano spenti uno dopo l'altro, come candele
consumate... scrittore, astronauta, esploratore, pilota, perfino grande
chef. Adesso lavorava come guardia giurata davanti a una banca. Su e
giù sul marciapiede, centinaia di volte ogni giorno. Conosceva ogni
pietra dell'edificio, ogni macchia dell'asfalto, ogni particolare dei
palazzi di fronte. Se li sognava la notte. Ma in quel momento non
gliene fregava nulla della banca. Aveva altro a cui pensare.
Guardò
la sua pistola appoggiata sopra il tavolo, accanto alla bottiglia di
grappa. Vederla lì davanti era un sollievo. Si riempì di nuovo il
bicchiere e finì la bottiglia. Non era ubriaco, si sentiva solo la
testa un po' calda. Cercò di riprendere il filo dei pensieri. Era
proprio alla banca che l'aveva conosciuta. Wanda. Capelli neri, lunghi,
lisci. Lavorava agli sportelli. Carina, aveva pensato. Ce n'erano di
più belle, in quella specie di manicomio. Wanda. Occhi neri che
brillavano di luce. Un neo sul labbro. Piano piano gli era entrata nel
sangue. E un giorno capì che l'amava. Wanda era diventata tutto ciò che
non aveva mai avuto. Avendo lei, avrebbe avuto tutto. Sarebbe diventato
un astronauta, uno scrittore, un pilota... C'era solo un piccolo
inconveniente, pensò, con un sorriso amaro: lei non ne voleva sapere.
Bevve
un sorso di grappa. Una mattina si era fatto coraggio e le aveva detto
che l'amava, fissandola negli occhi. E lei era scoppiata a ridere.
Aveva un sorriso magnifico, Wanda. Due manine grassottelle che veniva
voglia di mangiarle. Un pomeriggio l'aveva aspettata fuori. Le aveva
detto di nuovo che l'amava, e lei lo aveva guardato con le braccia
incrociate sul seno. Non sento assolutamente nulla per te. Proprio così
aveva detto. Non sento assolutamente nulla per te. Si era voltata e se
n'era andata via. Per lui era stato come precipitare nel vuoto. Se lui
fosse stato il direttore della banca, lo avrebbe rifiutato? Era solo
una squallida questione di prestigio?
Si vuotò in bocca il bicchiere
di grappa. Se non poteva avere lei non voleva avere più nulla. Ma lei
non ne voleva sapere. Si sentiva prigioniero, e la pistola era la
libertà. Ma lei doveva sapere. Si alzò barcollando e andò a prendere il
cellulare. Si erano scambiati i numeri molto tempo prima, senza nessun
motivo. Scrisse un messaggio: Ciao Wanda, sono Mario. Senza di te la
mia vita è un incubo. Ma ho risolto la questione. (Gli scappò un
sorriso amaro). Sto per uccidermi. Finalmente sarò libero. Verrai
almeno al mio funerale a darmi un bacio? Quell'ultima frase lo
commosse, e il mento prese a ballargli. Lo sguardo gli si velò di
lacrime. Prima di cambiare idea cercò il suo nome sulla rubrica.
Messaggio inviato. Spense il cellulare e lo gettò via. Prese in mano la
pistola. Bastava infilarsela in bocca e bum. Finalmente libero.
Immaginava
lei che riceveva il messaggio. Avrebbe gridato, avrebbe cercato
sull'elenco il suo indirizzo, sarebbe corsa da lui per cercare di
fermarlo... Troppo tardi, lui era già morto. Continuava a ripetersi in
mente quella scena. Finalmente aprì la bocca e c'infilò dentro la
canna... In quel momento sentì dei passi frettolosi sul pianerottolo e
dei colpi alla porta. Era lei. Era venuto a salvarlo. Ci aveva messo
pochissimo ad arrivare. Sfilò la canna dalla bocca e si sentì scoppiare
di gioia. I colpi sulla porta erano sempre più forti. Wanda, amore mio.
Moriva dalla voglia di vedere il suo neo sopra il labbro. Si alzò con
la pistola in mano e andò di corsa ad aprire... si trovò davanti
Walter, un collega di lavoro che abitava nello stesso quartiere.
«Mario, che ca**o fai? Non vale la pena di morire per una donna».
«Che ci fai qui?».
«Il messaggio per Wanda... lo hai mandato a me, devi esserti sbagliato».
«Che?»
Era colpa delle lacrime che gli avevano offuscato la vista: il numero
di Walter era subito prima di quella di Wanda. Si appoggiò al muro, con
le gambe che gli tremavano. Se il messaggio lo avesse ricevuto lei, a
quest'ora era già morto.
il giornale

 
 
 
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