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« PANDORAMessaggio #19 »

FILEMONE E BAUCI

Post n°18 pubblicato il 11 Dicembre 2007 da deadlock999
Foto di deadlock999

Zeus amava, talora, rivestito di spoglie mortali, andare di
terra in terra, di paese in paese. Quel giorno, sulle colline di Frigia, gli
era compagno Ermete, che aveva nascosto le ali per non farsi riconoscere.
I due
passavano di casa in casa, chiedendo ospitalità per la notte. Ma Trovarono
tutte le porte sbarrate. Tutte, salvo quella di una capannuccia dal tetto di
paglia, in cui, dall’epoca della giovinezza, quando si erano uniti in
matrimonio, avevano trascorso una vita semplice e serena, contenti del poco che
avevano, Filemone e Bauci. Gli anni avevano imbiancato i loro capelli, ma
l’amore che li legava era rimasto immutato nel tempo.
Gli dei entrarono
nell’umile abitazione, piegando il capo per varcare la soglia.
Subito Filemone
porse agli ospiti uno sgabello e Bauci si affrettò a riattizzare le ceneri
ancora tiepide, alimentando il fuoco con scorze e con rami.
Mentre la vecchia versava in una conca l’acqua, per dar
sollievo ai piedi affaticati dei viandanti, il marito sprimacciava i giacigli
rigonfi di alghe fluviali, perché potessero distendervisi sopra. Poi si
apprestarono a dividere con i visitatori la povera cena, colmando l’attesa con
cortesi parole.
La donna pose sul tavolo davanti a ciascuno una coppa di
legno, in cui versò il vino, ed imbandì latte rappreso, uova cotte sotto la
cenere calda, verdure dell’orto; e poi noci, fichi, uva, raccolti nella piccola
vigna.
Ben presto i due vecchi si
accorsero che l’anfora appena svuotata tornava a riempirsi, ed il prodigio li
colmò di reverente timore.
“Sono dei!”, sussurrò Bauci, levando al cielo le mani.
“E noi che li abbiamo accolti in modo così inadeguato!”
“Dobbiamo offrire loro per cena qualcosa di più, visto che
si sono degnati di entrare nella nostra casa.”
“Ma non abbiamo altro in dispensa.”
“Potremmo fare arrosto l’oca. Lo so che a te è molto cara,
perché ci custodisce la capanna.”
“Non Importa: hai fatto bene a pensarci. Aiutami a
prenderla.”
Cercarono di afferrarla, ma l’oca correva via qua e là,
sbattendo le ali con grande schiamazzo, e sfuggiva di mano agli inseguitori,
ogni volta che credevano di averla finalmente acchiappata. Quando infine si
rifugiò starnazzando fra i due numi, che seguivano divertiti la scena, Zeus
stese sulle sue candide piume la benevola mano.
“Lasciatela stare: non è il
caso che la sacrifichiate per noi, anche se avete capito chi siamo. Già prima
di saperlo ci avete dato ampia prova della vostra bontà: e siete stati i soli
ad accoglierci, in mezzo a tanti empi che hanno rifiutato di ospitarci. Perciò
adesso ascoltate. Lasciate la vostra casa e venite con noi in cima alla
montagna, per sottrarvi al castigo che si abbatterà sopra i vostri vicini.”
Ubbidirono,
e tennero dietro agli dei con passo incerto, appoggiandosi ai loro bastoni.
Quando furono sulla sommità del monte, si volsero indietro: e videro che
l’intero paese era stato inghiottito da un lago, sulle cui rive si levava
soltanto più la loro capanna. Ed ecco che, a un tratto, quel tugurio si
trasformò in tempio: i pali di legno divennero alte colonne, il tetto di paglia
brillò di tegole d’oro, le porte ebbero battenti di bronzo scolpito, il
pavimento si coprì di marmi preziosi.
“Esprimete un desiderio e vi
accontenterò”, disse il sovrano del cielo ai due vecchi sbigottiti.
Consultata
Bauci, Filemone rispose con trepida voce: “Permetteteci di essere i custodi del
vostro sacrario; e, dal momento che abbiamo trascorso in perfetto accordo,
fianco a fianco, tanta parte della nostra vita, consentiteci di finirla nello
stesso momento, così che nessuno di noi debba assistere alla sepoltura
dell’altro”.
I loro voti furono esauditi. Per lunghi anni ancora restarono a
guardia del tempio: finchè un giorno, mentre davanti all’entrata raccontavano
ai visitatori la storia meravigliosa di quel sacro luogo, guardandosi amorevolmente
negli occhi, si videro l’un l’altro ricoprirsi di foglie. E già una verde chioma ammantava i capi canuti, mentre le
bocche si scambiavano l’ultimo addio.
Trasformati in tiglio ed in quercia,
Filemone e Bauci continuarono a restare vicini intrecciando fronde e radici e,
stormendo al soffio dei venti, ripresero l’affettuoso colloquio. Mani pietose
appesero ai rami ghirlande di fiori, per rendere omaggio a quei giusti, cari
agli dei.

 
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