Creato da shubala il 26/07/2009
Letteratua e arte indiana

SPOSA INDIANA

 

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INFANZIA IN MALABAR

 

 

Era il compleanno di qualcuno ad Ambazhathel, quando ci fu il ciclone. Ettan, il mio fratello maggiore, ed io eravamo stati invitati alla festa. Malathikutty ci condusse al santuario del serpente prima di pranzo. Rimanemmo ad osservare Meenakshi Edathi mentre preparava latte e banane per i serpenti.

Meenakshi Edathi era una parente lontana della famiglia Ambazhathel. Essendo povera, dipendeva dalla loro generosità. Era una donna molto scura, di mezza età, che passava tutto il suo tempo tra la casa e il cortile senza mai fermarsi e con il viso che perennemente aveva l’espressione di chi chiede perdono. Meenakshi Edathi aveva alcuni doveri piuttosto triviali in quella casa, come per esempio accogliere l’oracolo al suo passaggio con del dolce, accendere le lampade quando scendeva l’oscurità, fare il burro per i bambini e fare disegni con la crema di riso il giorno di Nira. Tutte le altre incombenze erano svolte dagli altri servitori. Comunque, la famiglia non sarebbe potuta vivere felice nemmeno un giorno senza Meenakshi Edathi, perchè era la sola che sapesse esattamente quanto riso doveva essere bollito per le esigenze della famiglia o quanti mundu dovevano essere mandati a lavare o quando i bambini avevano bisogno di un lassativo.

Io le chiesi: “Perché il serpente non viene?”

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http://digilander.libero.it/shubala/KAMALA%20DAS%20WEB.doc

 

KAMALA DAS

 

KAMALA DAS

 

IL RITO DELLA SUTEE

 

IL SACRIFICIO VIVENTE

 

LA VALLE DEL GANGE 1828

 

La piccola Tani disse: “No, Dwarki, non posso! Io amo questa vita. Amo ogni cosa: osservare i giochi dei bambini, lavare la mia piccola Urmi, cucirle i vestitini, quando non sto preparando da mangiare oppure sono occupata con la pulizia della casa. Amo vedere le bolle dell’acqua nel vassoio di bronzo, quando verso l’acqua dal pozzo che si trova vicino all’albero di bambù. Provo una gioia senza nome quando coloro le mie unghie con la tonalità adatta e quando indosso i miei abiti migliori e mi trucco gli occhi, affinché Gunga dal piede sfortunato bruci d’invidia, lei il cui cuore brucia arido come una fascina di legna secca. Ed ora tutto questo deve finire? No, non posso!”.Le sorelle stavano mano nella mano, completamente identiche nell’aspetto esteriore. I paesani dicevano: “Non si sono mai viste delle gemelle così identiche”. Però un osservatore attento avrebbe potuto notare che erano differenti nel carattere e nell’espressione. Dwarki era la moglie di un uomo, che era stato esiliato nelle Isole Andamane per attività sovversiva.

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RITRATTO DI DONNA INDIANA

 

Donna indiana

 

MEMORIE DI UNA PRINCIPESSA

 

 

Nel 1910, quando mia madre compì il suo diciottesimo compleanno, mio nonno la informò che avevano combinato per lei il matrimonio con il Maharaja Scindia di Gwalior, che era uno dei più importanti principati dell’India. Gwalior si trovava nell’India centrale e il Maharaja, che aveva circa quart’anni, era amico di mio nonno. Il Maharaja aveva già una moglie, ma era sterile e il sovrano voleva assolutamente un erede. Nel 1909 si era recato a Londra e lì aveva incontrato mia madre, la cui bellezza e vivacità non era passata inosservata nell’alta società. Al suo ritorno in India il Maharaja contattò mio nonno per chiedergli la mano di sua figlia: furono consultati gli astrologi, furono stilati gli oroscopi e, dopo la discussione sui giorni propizi per il matrimonio, fu accettato il fidanzamento. Mia madre, dal canto suo, accettò la decisione dei suoi genitori senza ribellione e protesta. I matrimoni combinati erano- e ancora sono- così accettati nella maggior parte della società indiana che l’idea di sposarsi per amore è considerata una dubbia e rischiosa idea occidentale, di cui non ci si può fidare soprattutto nel caso dei giovani. I genitori sanno che cosa è meglio per i loro figli, in modo particolare riguardo a qualcosa di così importante come il matrimonio....

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UNA PRINCIPESSA INDIANA

 

gayatri devi

 

karuthamma

 

DONNA INDIANA

 

DONNA INDIANA

 
 

 

 
« La vita matrimoniale del...

La vita matrimoniale della donna indù di alta casta nel diciannovesimo secolo, Pandita Ramabai Sarasvati

Post n°46 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da shubala

Pandita Ramabai Sarasvati

 

  Non è semplice stabilire quando finisce l’infanzia di una ragazza indù e inizia invece la vita matrimoniale. Il più antico sistema matrimoniale, risalente a 500 anni prima dell’era cristiana, asserisce che dodici anni è l’età minima per contrarre matrimonio nel caso di una ragazza appartenente ad un alta casta, mentre l’età massima si situa intorno ai diciotto anni. Tra i dieci tipi di matrimonio, che vengono sanzionati dalla legge, ce ne è uno secondo il quale basta che due innamorati si giurino fedeltà per rendere la loro unione istantanea, senza bisogno di nessuna cerimonia religiosa e nemmeno di testimoni. Anticamente tutte le caste  e le classi sociali potevano scegliere questo tipo di unione, il che ci dimostra che vi erano casi, e non rari, in cui l’età della sposa non differiva di molto da quella dello sposo e sia gli uomini che le donne possedevano la piena libertà di scegliere il proprio compagno. In quest’epoca una donna aveva la possibilità, senza il rischio di essere derisa oppure di venir ostracizzata dal suo contesto famigliare e sociale di appartenenza, di scegliere liberamente il proprio compagno. Il Svayamvara, ossia il processo di scelta dello sposo, era una procedura piuttosto comune fino all’undicesimo secolo e, ancora adesso, anche se in modo molto ridotto, viene seguita da un ristretto numero di persone. Ho conosciuto personalmente una donna, residente a Bombay, che aveva sposato un brahamano secondo questa procedura. Però, essendo la prima moglie dell’uomo ancora viva, quest’ultimo non poteva riconoscerla come sua sposa secondo il rito religioso, in quanto la sua seconda sposa apparteneva ad un’altra casta, anche se la loro unione risultata di fatto a tutti gli effetti legittima in quanto rispettava i dettami della legge indù. Oggi però questi sono casi molto rari, perché le bambine vengono promesse in spose tra i cinque e gli undici anni e questo è un costume che viene seguito dai brahamani in quasi tutta l’India. In questo caso la scelta degli sposi viene affidata o ai famigliari oppure ai loro guardiani legali. Nel nord del subcontinente solitamente un servo della famiglia ha il compito di selezionare gli sposi, sia bambini che bambine, perché è considerato troppo umiliante per la famiglia e per i suoi guardiani cercare di persona le proprie nuore o i propri generi. Anche se nel codice di Manu è scritto chiaramente che ventiquattro anni è l’età minima per la sposo, oggi il costume impone che bambini di dieci o undici anni siano sposati a bambine di sette o otto anni. Anche i ragazzi non hanno alcuna voce in capitolo nella scelta delle loro spose e, solo se rimarranno vedovi, potranno nella scelta della loro nuova sposa esprimere una preferenza. Anche se gli antichi legislatori hanno sostenuto che la scelta migliore per una giovane sia quella di essere data in matrimonio molto giovane, tuttavia hanno proibito alla famiglia e ai guardiani di scegliere uno sposo che non sia adeguato in termini di bontà del carattere, educazione e presenza fisica. Molte leggi però sono rese inefficaci dal costume prevalente. Se una giovane infatti rimane nubile dopo l’età massima per contrarre matrimonio, sulla sua famiglia ricade una pesante vergogna. Anche se nessuna legge indù sancisce una tale credenza, il popolo ritiene che una donna non possa raggiungere la salvezza se rimane nubile. Per questo motivo non bisogna meravigliarsi del fatto che la maggior parte dei genitori viene presa dall’ansia quando le loro figlie superano gli otto anni di età e ancora rimangono nubili. Le ragazze, appartenenti a famiglie povere, anche se sono di alta casta, non ricevono solitamente molte proposte matrimoniali. D’altro canto però, anche se la ricchezza ha il suo spazio in India proprio come negli altri paesi, tuttavia non può nulla di fronte alla differenza di casta. Un uomo di alta casta infatti non accetterà mai di sposare una ragazza che appartiene ad una casta inferiore, anche se è milionaria. Se però si colloca all’interno della stessa casta, la ricchezza ha più valore dell’educazione, della bellezza e dell’onore. Infatti, i genitori cercano dei generi di famiglia agiata e, se lo sposo è troppo giovane per mostrare di possedere delle buone qualità spirituali e caratteriali, i suoi futuri suoceri non la considerano una questione importante perché preferiscono che la loro figlia viva in condizioni economiche agiate piuttosto che con un marito di buon carattere, ma continuamente preoccupato da problemi economici.  Questo costume è stato seguito per così tanto tempo che le famiglie, più preoccupate per il loro buon nome e per la salvezza religiosa, hanno di fatto tralasciato di preoccuparsi per il destino della giovane sposa.

Per questo motivo le fanciulle povere, le cui famiglie non riescono a trovare uno sposo ricco ed adeguato, vengono promesse a uomini di età avanzata. Nel caso invece in cui il futuro genero sia un giovane di casta elevata, la famiglia dovrà dargli in dono una cospicua somma di denaro e dovrà trattarlo con umiltà e rispetto, al fine di assicurare il matrimonio della loro figlia. Le famiglie che hanno la possibilità di assicurarsi un genero giovane e ricco, tuttavia non tralasciano mai di consultare l’oroscopo di entrambi gli sposi al fine di conoscere il futuro delle loro figlie e in modo particolare sono ansiosi di sapere se diventerà una vedova. Se l’oroscopo invece afferma che lo sposo sopravviverà alla sposa, è considerato molto soddisfacente, in caso contrario invece sarà cercato come sposo un ragazzo con un oroscopo ugualmente sfortunato, nella ferma convinzione che i guardiani dei due pianeti combatteranno uno contro l’altro, conducendo o alla vittoria di quello del marito oppure alla tragica morte di entrambi gli sposi. Un amico mi ha raccontato che una volta una famiglia ha rifiutato trecento oroscopi, e quindi anche trecento possibili generi, fino a quanto non ne ha trovato uno che si allineava in modo soddisfacente con quello della sorella della sposa. Senza dubbio a causa di questa credenza molti giovani vengono rifiutati, e altri invece vengono scelti unicamente sulla base del loro oroscopo e non delle loro qualità. In questi casi purtroppo molto spesso l’oroscopo diviene una fonte di miseria piuttosto che di prosperità. Abbastanza frequentemente inoltre accade che i padri diano in spose le loro figlie a dei perfetti sconosciuti senza cercare di conoscere il loro carattere o la loro posizione sociale, perché basta che la persona li informi (senza alcun testimone) della loro casta, del loro clan di appartenenza e della località in cui abitano. Sono personalmente venuta a conoscenza di alcuni matrimoni che sono stati organizzati nel modo seguente. Quando un uomo si trovava in pellegrinaggio religioso insieme a sua moglie e alle due figlie, rispettivamente di nove e di sette anni, si fermarono in una cittadina per un paio di giorni. Una mattina, mentre l’uomo si stava lavando nel sacro fiume di Godavari, si avvicinò un uomo di bell’aspetto. Il padre, dopo aver terminato le abluzioni e aver terminato le sue preghiere, chiese allo straniero chi fosse e a quale casta appartenesse. Dopo essere venuto a sapere che era un vedovo e da dove veniva, l’uomo gli offrì in sposa sua figlia di nove anni. Tutto venne stabilito in meno di un’ora; il matrimonio fu solennizzato il giorno dopo e l’uomo portò via la bambina a circa 900 miglia lontano dalla sua casa. Il padre lasciò la cittadina il giorno dopo il matrimonio senza sua figlia e continuò il pellegrinaggio a cuore leggero. Fortunatamente la bambina in quel caso era caduta in buone mani e fu trattata con grande cura al di là di ogni aspettativa, anche se questo non giustifica il comportamento inqualificabile di suo padre.

Quando si avvicina il momento di solennizzare il matrimonio, l’affetto della madri indù verso le loro figlie frequentemente non conosce confini, perché sanno che in pochi giorni le loro figlie saranno tolte dai loro abbracci affettuosi. Quando vanno a visitare le future suocere delle loro bambine, domandano loro con ansia di essere indulgenti e affettuose con le piccole estranee proprio come se fossero le loro stesse figlie. La madre del futuro sposo il più delle volte promette di essere una buona madre anche per la bambina. Nel giorno stabilito per le nozze la famiglia affida la bambina alla famiglia dello sposo, presso la quale i due giovani saranno uniti in matrimonio dai sacerdoti che pronunciano le formule sacre e solennizzano la cerimonia alla presenza dei testimoni, della famiglia e degli amici dello sposo.

Quando il matrimonio è concluso è considerato indissolubile. Il matrimonio è l’unico sacramento che viene amministrato alla donna indù di alta casta con la recitazione delle formule dei Veda. Presumibilmente i testi sono introdotti in onore dell’uomo a cui viene unita in matrimonio, perché nessun sacramento può essere amministrato all’uomo senza la recitazione delle sacre formule.

La fanciulla non è considerata solo proprietà del marito ma anche dei suoi parenti più stretti, perché gli antichi testi dichiarano che la sposa è affidata alla famiglia del marito e non solo al marito. Dopo il matrimonio la sposa appartiene al clan del marito e assume anche il suo cognome. In alcune parti dell’India alcune famiglie proibiscono alla sposa di essere chiamata con il nome, che le hanno dato i suoi genitori, come se fosse qualcosa privo di personalità.

  Quando viene chiesto a molte bambine per scherzo se vogliono sposarsi presto, la maggior parte risponde affermativamente, perché spesso vedono le loro sorelle, le cugine o le compagne di gioco sposarsi e l’occasione viene da loro ricordata con piacere. Anche le famiglie più povere infatti tentano di organizzare i matrimoni al meglio delle loro possibilità e i bambini sono coloro che si divertono più di tutti: abiti dai colori brillanti, bellissime decorazioni, musica, canzoni, fuochi d’artificio, frutta e dolci. Spesse volte la giovane sposa viene portata in processione sul dorso di un elefante elegantemente decorato e non c’è nulla che eccita di più a fantasia dei bambini.

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