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CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?

Post n°43 pubblicato il 04 Dicembre 2009 da IntelligenteNONbasta

La philosophie à l’œuvre dans Le deuxième sexe a fait prendre conscience aux femmes de leur inestimabile droit de dire NON.

Se da una parte la mia lettura degli scritti di de Beauvoir risaliva ai tempi lontani in cui ero una ragazzina, e non mi aveva entusiasmato, nonostante durante l’adolescenza ci si lasci facilmente incantare da un carisma intellettualoide tutto parigino, dall’altra, una volta superata l’adolescenza, la figura “Simone de Beauvoir”, proprio perché di fascino francese, l’ho trovata sempre più sgradevole.

L’immagine che mi si è conficcata in mente è quella di lei seduta al Café de Flore a scrivere e a chiacchierare con Jean-Paul Sartre.

La coppia più “cerebrale”, libera e libertina dell’ultimo secolo francese mi è sempre parsa infida, capace di quella joie de vivre che si concretizza nel sedurre (senza la minima responsabilità etica) le giovani studentesse, priva di un’effettiva originalità intellettuale, impegnata a scandalizzare per il mediocre gusto dello scandalo, contrabbandato però come un gesto eroico di lucida autenticità.

 Il suo volersi imporre agli occhi del mondo come la pensatrice della ristretta cerchia dei maîtres à penser, il suo essere non la donna bella e al contempo intelligente, ma la donna che deve mostrarsi bella e deve mostrarsi intelligente, talmente pretenziosa da volere parlare a nome di ogni donna, così come di svelare gli orizzonti di ogni singolo aspetto della femminilità,mi hanno sempre reso piuttosto antipatica de Beauvoir.

 Nei confronti delle persone antipatiche, provo in genere una certa freddezza.  Riuscire però a stendere le circa mille pagine di Le deuxième sexe in poco più di due anni non è un’impresa da tutti.  Le deuxième sexe è un libro da leggere ancor oggi, senz’altro, anche per comprendere i tanti luoghi comuni sulle donne e delle donne del circolo “de Beauvoir”, della bourgeoisie dell’epoca.

  Non pensate che ce l’abbia con Parigi. E’ pur sempre a Parigi che c’è il ritratto sessualmente più intrigante dell’intera storia dell’arte, la Gioconda, e quello più perspicuo, L’Origine du monde. E’ pur sempre Parigi che vede George Sand vestirsi da uomo, consente a Coco Chanel di lanciare lo stile androgino, ospita al contempo l’edonismo di Colette e l’ascetismo mistico di Simone Weil.

 Quanto diverse sono le due Simone – Weil e de Beauvoir – quanto apprezzo la prima, e non la seconda, sia negli scritti, sia nella coerenza di vita, e cosa non darei per assistere a un loro incontro/scontro nel cortile della Sorbonne, per assumere le difese di Simone Weil e rimproverare a Simone de Beauvoir l’alterigia, l’indifferenza, la competitività nei confronti delle donne, nonché l’ordinario desiderio di essere solo un altro, ennesimo, uomo tra gli uomini. 

Magari Le deuxième sexe, sebbene sia l’opera beauvoiriana per eccellenza, di successo, quella più ricca e venduta, è un testo che non ha più nulla da dirci, perlomeno sotto il profilo filosofico, sempre che abbia avuto da dirci qualcosa in passato, e/o che non fosse meramente «a modern-day sex manual», come lo giudicava Blanche Knopf.

E se nel volume c’è qualcosa di filosofico, esso si trova talmente ingarbugliato con molte altre considerazioni non sempre appropriate. 

C’è di sicuro un po’ di Agostino, Aristotele, Diderot, Engels, Hegel, Kierkegaard, Marx, Merleau-Ponty, Montaigne, Montesquieu, Nietzsche, Platone, Rousseau, Sartre; c’è di sicuro un po’ di accidente, Altro, Assoluto, determinismo, dualismo, essenza, esistenzialismo, fenomenologia, immanenza, materialismo storico, nulla, mitsein, Soggetto, sostanza, trascendenza, Uno, mentre c’è pochissimo Descartes, Locke, Pascal, Spinoza, Voltaire.

Quando, invece, mi viene detto che la sostanziale innovazione di de Beauvoir si situa nell’insistenza sull’eguaglianza delle donne, replico che di innovazione non si tratta affatto – basta leggersi (tra le altre) le belle pagine di John Stuart Mill e Harriet Taylor ( Sull’equaglianza e l’emancipazione femminile).

 L’esperienza vissuta” di Le deuxième sexe, il libro controverso, polemico, uscito a cinque mesi dal primo, nel novembre del 1949, che ha scandalizzato, e oggi non ci scandalizza più perché i “costumi” sono mutati.

Scandalizza invece e ancora la sottoscritta.

Mi si rimprovererà a questo punto di non aver ancor menzionato il famoso slogan con cui il secondo libro si apre: «Donna non si nasce, lo si diventa».

 In realtà, non volevo nominarlo: è solo uno slogan sovrastimato. Eppure lo slogan riassume la “vera” de Beauvoir, incapace di capire che parlare di “donna”, e non di “donne”, conduce a legittimare determinate pratiche e a delegittimarne altre – per esempio, ad assegnare alla donna e, pertanto, alle donne ruoli culturali, intellettuali, professionali, sociali, distinti e inferiori rispetto ai ruoli assegnati all’uomo e, pertanto, agli uomini.

 Meglio, decisamente meglio, addentrarsi nelle meravigliose complessità della differenza tra sesso e genere leggendo “la più lunga lettera d’amore della storia”, ovvero Orlando di Virginia Woolf.

 Virginia Woolf pensava che la superiorità intellettuale e creativa non fosse né maschile, né femminile, bensì semplicemente androgina, al contrario di de Beauvoir che ha sempre cercato di imporsi come la pensatrice (o il pensatore?) in un mondo declinato tutto al maschile.

 

 
 
 
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