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MOBBING

Post n°4 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da dodolo75
 
Foto di dodolo75

Lo sguardo del dottore si sofferma su quella ragazza, vicino alla finstrea ,che guarda fuori volgendogli le spalle.

Sta piovendo. 

Prende la cartella clinica e leggendo nome ed età riconosce in lei la sua nuova paziente. Appoggiandole una mano sulla spalla, si dirigono verso l'ambulatorio.

Lungo il corridoio solamente uno sguardo fisso, un fievole sorriso appena accennato ed una lacrima dagli occhi lucidi.

La ragazza si siede quasi in punta su quella plotrona nera, come se da un momento all' altro deve abbandonare a stanza.

Il dottore la incoraggia e lei inizia a raccontare la sua storia.

Non riesce a darsi una spiegazione, un reale motivo, non trova risposta al Perchè!?

Sulla professionalità non c'era nulla da dire. "So fare il mio lavoro" ripeteva sempre.

Poi, è arrivata lei, più carina, più attraente, che veste alla moda, più disinibita.

"Ma io so fare il mio lavoro". Non trova un razionale.

Di botto, si ritrova privata del suo ufficio. Dietro alla sua postazione, ora c'è l'altra, con la qualifica di Capo. A Lei viene concesso un tavolino vicino alla porta dei bagni.

E' quello il tuo posto; è li che devono stare le persone come te che puzzano e sono brutte.

Pensa sia uno scherzo, ma nessuno ride, nessuno le appoggia lo sguardo. Nessuno risponde a quella chiamata di aiuto.

Tutte le danno le spalle. La isolano, la escludono.

Vietato parlare con lei, ripercussioni ai trasgressori.

Anche a mensa va da sola senza usufruire più dei buoni pasto.

Non ha più nessuno.

Le sue amiche diventano perfette estranee pronte a schernirla e a screditarla come se stessero seguendo un copione.

Ogni giorno diventa sempre più difficile andare al lavoro. Si sente sola, si sente persa. Nessuno più le crede. Anche la Faniglia non le presta attenazione.

Troppo assurda la storia per essere vera.

Il tempo passa, ma la sofferenza aumenta. Le umiliazioni non cessano e andare al lavoro diventa insostenibile. Lo stato psicofisico comincia a subire crollo. Non è più in grado di svolgere anche le mansioni più umilianti.

Si sente una nullità ed abbandonata da tutti.

Comincia a sentirsi sbagliata, forse si merita tutto questo; Si colpevolizza. "Che disonore per la Famiglia", pensa..

Padre imprenditore, madre insegnate... "Son io che non valgo. Io non funziono".  L'ideazione di porre fine a tutto questo, diviene realtà.

Un tentativo non riuscito, fortunatamente.

La malattia si conclude e il rientro al lavoro viene  vissuto come un ritorno negli inferi.

Non sta bene. Iniziano gli attacchi di panico, non esce più di casa. Sospende tutte le attività ricreative e comincia ad isolarsi dal mondo.

Unico amico, il frigo. Nel giro di pochi mesi aumenta di 20 Kg. 

Ora si vede brutta, si vede diversa; non più lei. Non si riconosce, ha paura di se stessa.

La famiglia comincia  crederle e a temere. Le forniscono un registratore e la esortano a tornare al lavoro.

Ma non ce la fa. Inizia una nuova terapia specifica e le sedute da specialisti divengono più frequenti. Non crede più in nulla. Si sente sbagliata.

In breve tempo arriva anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto. Un insuccessoo professionale che vive con immensa vergogna. "Solamente tutta colpa mia, forse me lo merito?"

Emana un sospiro... apre la borsetta e tira fuori il registratore.

Il dottore la guarda come impaurito e tremante schiaccia quel maledetto play

Il racconto appena esposto, non è nulla in confronto alle umiliazioni, alle ingiurie ed imprecazioni che sono registrate. Si sente che  grida, che piange disperata.  "Aiuto, Aiuto" in sottofondo.

Ad un tratto la ragazza schiaccia stop

Si ripropone la scena iniziale: lo sguardo perso, gli ochi lucidi da cui escono lacrime in un rigagnolo continuo. Un sorriso appena abbozzato che traspare vergogna ed imbarazzo...e una voce rassegnata che sussurra: "Ormai è troppo tardi, ma la prego, mi Aiuti".

 

 
 
 
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