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« Considerazioni...INCONTRI CON LA CITTADINANZA »

La libertà è partecipazione (ART.3- 4 - 5 )

Post n°7 pubblicato il 17 Gennaio 2014 da IsolaRizzaInforma

Articolo 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.

La prima proposizione (comma) afferma l’uguaglianza formale, come pari dignità e uguaglianza di fronte alla legge. Il ricordo ancora vivo delle discriminazioni razziali (contro gli ebrei) e del trattamento degli avversari politici nel precedente regime fascista ha portato a specificare le diversità che non possono più essere messe alla base di discriminazioni fra i cittadini. C’è voluto del tempo, però, per cercare di adeguare le leggi a questo principio (si pensi, per esempio, al fatto che, fino al 1968, il Codice penale puniva l’adulterio solo della moglie; fino al 1975, il marito era considerato superiore alla moglie ed esistevano la potestà maritale, ossia l’autorità del marito sulla moglie, e la patria potestà). La seconda parte fa carico alla Repubblica di interventi per raggiungere l’uguaglianza sostanziale (come possono essere uguali due cittadini di cui uno ha studiato e l’altroè analfabeta; uno ha i mezzi per curarsi e l’altro no; uno è disoccupato e l’altro possiede ingenti capitali?). Sono in questo modo poste le premesse costituzionali per lo stato sociale

Articolo 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioniche rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

  

Il riconoscimento del diritto al lavoro non significa che ogni cittadino debba aspettarsi che lo stato gli trovi un lavoro, ma invece che non si può impedire di lavorare (non contrastano con questo principio le norme che, a difesa della collettività, impongono esami e licenze per svolgere un certo lavoro) e che devono esserci degli interventi a favore dell’occupazione. Essi riguarderanno le norme sul collocamento, l’assunzione obbligatoria di invalidi, i lavori pubblici, i finanziamenti alle imprese e altre misure di politica economica. Quanto al dovere di lavorare, non si vuole imporre una scelta, ma invitare i cittadini a contribuire al benessere generale o con un’attività economica (manuale o intellettuale, dipendente o autonoma) o svolgendo una funzione avente valore sociale e/o culturale (il religioso, la madre di famiglia, l’artista ecc.).

 

Articolo 5

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attuanei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

 

Mentre si riconosce che l’Italia non è uno stato federale, ma unitario e indivisibile, si affermano due principi che perseguono un modello diverso da quello dello stato centralizzato, prevalente fino alla proclamazione della Repubblica. Il primo è il decentramento, in base al quale l’amministrazione pubblica è affidata anche a organi periferici dello stato (come il provveditorato agli studi, l’intendenza di finanza ecc.); il secondo è quello dell’autonomia, inbase alla quale devono esistere enti pubblici, distinti dallo stato, che amministrano parti del territorio e le popolazioni che vi abitano (comuni, province, regioni: vedi artt. 114-133).

 

 

 

 
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