Creato da: enrico.passani il 26/05/2010
Racconti tra le Apuane e il Mare Tosco-Ligure

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« Ora che sono vecchio.vigilia di pasqua »

Non sento più quella musica

Post n°157 pubblicato il 10 Novembre 2013 da enrico.passani

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NON SENTO PIU' QUELLA MUSICA

 

 

 Non sento più quella musica mentre scendo al mare. Di certo so che non è il motivo preciso di una canzone o il classico fraseggio di un pianoforte, né la musica naturale del vento che si perde tra i pini del sentiero, miscelata al rumore furioso del mare tra gli scogli, in questo pomeriggio chiaro d'autunno.

  Quella sensazione di una musica segreta, che ora non afferro più, mi veniva incontro negli anni della gioventù. Eppure lo scenario è lo stesso, il paese è sempre lì, immutabile, sopra la collina: I miei dormono nella cappella del cimitero, vegliati da un angelo di marmo che prega eternamente per loro, ma la mia musica è svanita.

  Eccomi alla piccola spiaggia deserta, in compagnia dei gabbiani. Cammino tenendomi lontano dagli spruzzi delle onde, cercando di non schiacciare le conchiglie vuote lasciate  sulla sabbia bagnata, dalla tempesta di due notti fa, provando a raccogliere  i pensieri sparsi nella mia vita. Ho chiuso la porta di casa dietro di me, per lasciarmi alle spalle la solitudine: I mobili e gli oggetti della mia camera, i quadri del salotto, i libri della biblioteca, non mi facevano più compagnia. Marietta, la mia tata e direttrice di casa, ha oggi il suo pomeriggio libero da spendere ai grandi magazzini della città, in compagnia della sorella. Domani ci aspetta un funerale importante: quello di Eleonora, la mia sorellastra. Ci sarà tutto il borgo e  i nuovi compaesani, quelli che hanno acquistato e riattato le case di pietra lungo i fianchi del monte. Nessuno vorrà mancare, perché io e lei eravamo la storia piccante dell'intero paese, che la gente si raccontava senza alzare la voce, mentre coltivava l'orto e

potava la vigna, o cercava tra gli scogli, i muscoli da marinare. Si, un paese  fissato nel suo tempo, tra un'alba e un tramonto, che passano e ritornano con poche novità, contento di possedere questa storia morbosa, di vederla vivere ogni giorno e di sentirla sua, familiare come il suono del campanile che batte le ore dell'esistenza di tutti.

  Eleonora ed io, rassomiglianti come gemelle, ma non con lo stesso cognome.  Lei aveva quello di un padre che non l'ha concepita, ma lo stesso sangue del mio genitore, notaio del paese e dintorni. Lei mandava avanti il forno di sua madre, vicino alla chiesa, abitando al piano, dove il paesaggio si distende prima d'incontrare altre colline e montagne, lontane dal mare.

  Io vivo nel palazzo antico di famiglia, alto come la chiesa, con la meridiana dipinta sulla facciata, che il sole e i vento hanno stinto.

Ho l'aspetto fragile della mamma e la sua salute delicata. Eleonora è più giovane di tre anni, è abbronzata, formosa, sprizza energia da tutto il corpo. Io, come mamma, sono stata la fedele collaboratrice di mio padre. Lei, dopo anni di lontananza, di studi incompiuti, ha sostituito la madre anziana nella conduzione del forno.

  Fu proprio la madre ad allontanarla da noi. Già incinta quando il marito tornò gravemente ammalato, dopo un lungo imbarco su una petroliera, morì un mese dopo, fu presa dal rimorso per i suoi peccati, un rimorso che sfociò in una religiosità quasi maniacale. Rifiutò di regolarizzare col matrimonio la relazione che aveva avuto con i notaio, rimasto vedovo dopo la mia nascita, cambiò residenza e tenne lontana dal paese la figlia.

  Il tempo passava consumando le stagioni della nostra vita. Crescevo con le cure di Marietta e nell'affetto di mio padre. Spiavo sul suo volto ogni velo di malinconia, gelosa dei suoi pensieri, gelosa dell'altra, da quando avevo appreso di non essere figlia unica.

  Il tempo passava rinnovando i nostri desideri, trascinandosi appresso inaspettate delusioni, piccoli e grandi colpi al cuore.

  In un mese di maggio,  avevo superato da poco i vent'anni, Eleonora riapparve nel paese, incredibilmente elegante ( il notaio vedeva e provvedeva), in compagnia di un giovane biondo, ufficiale di macchina della marina mercantile. Un'ereditata tradizione  materna. Stavo uscendo da casa, mi lanciò da lontano uno sguardo trionfante: "guarda come siamo belli e felici, com'è bello il mio ragazzo! Invece tu, così palliduccia e zitella! ".  Interpretai in questo senso quella sua occhiata un po' maligna , che esprimeva anche tutta la sua gioia di vivere. Ormai ci divideva il muro invalicabile dell'incomunicabilità di una lunga lontananza, di un amore fraterno non coltivato. Si sposò sei mesi dopo la morte di papà.

  Mentre il marito navigava, lei accudiva al forno. Ogni mattina arrivava presto con il suo furgoncino per distribuire il pane ai negozi alimentari: Marietta comprava da lei, tenendo contatti cordiali, apprendendo notizie che poi mi riferiva.

  Io vivevo anni sospesi nella melanconia dei ricordi, senza immaginare altre strade esistenziali da percorrere. Avevo lasciato gli incarichi d'ufficio che prima svolgevo per il babbo, mi limitavo soltanto ad amministrare i beni di famiglia, facevo lunghe passeggiate, leggevo libri e ascoltavo buona musica. Spesso mi recavo al cimitero, nella cappella trovavo  sempre dei fiori freschi, che sapevo portati da Eleonora.

  Una vita in penombra la mia, che sarebbe durata chissà quanto se non fosse arrivato Matteo, antiquario di Lucca. Cercava una casa per l'estate, in un paese di mare, forse per coltivare  con discrezione alcune sue relazioni femminili. Lo indirizzarono da me, che possedevo case e terreni.

 M'innamorai di lui quasi subito. Mentre  l'accompagnavo a visitare i posti buoni per costruire, o qualche casa colonica con vista sulla scogliera,  l'osservavo ammirata, sperando che non si accorgesse, che gustavo con gli occhi il suo profilo e l'onda scura dei capelli che gli incorniciavano il volto. Non riuscii a vendergli nessuna casa, ma lo sposai velocemente.

  L'amore riempiva tutte le mie ore vuote, spazzava via la mia solitudine, rendendomi più tollerante verso Eleonora. Immaginavo noi due più unite nel dialogo di una nuova famiglia, dove si scioglievano, finalmente, i nodi di un passato doloroso. Incontrandola, provai timidamente  ad accostarla con un sorriso, ma lei, scura in volto, mi voltò le spalle.

 Mi scordai presto di quel gesto, immersa nell'appassionata freschezza del matrimonio. Finché una sera, dopo un rapporto coniugale intenso, sbiancai in volto, perdendo quasi le forze, il mio cuore accelerò di brutto.

  Il dottore di famiglia, dopo la visita, parlò a Matteo. Certamente gli riferì su i difetti di salute che avevo ereditato dalla mamma, sicuramente lo consigliò. Quando uscì, avevo ripreso colore, Matteo sembrò più tranquillo, trovò anche l'animo per fare qualche battuta spiritosa.

  Da quella notte, i nostri rapporti amorosi divennero più cauti, non diminuì la frequenza, ma lui si mosse con meno affanno, assecondando il reciproco desiderio con un ritmo più tranquillo, con carezze più diluite in un dolce, spazio erotico, che conduceva al piacere senza strappi al cuore.

  Non so chi disse, che ci accorgiamo della felicità quando essa è passata. Eravamo felici, o solo io lo ero, come quella notte a Lerici, mentre finiva l'estate. Nel golfo, si riflettevano le luci del castello e della passeggiata, un'orchestrina suonava lontano. Il ristorante era accogliente, i camerieri premurosi, il vino e la cena squisiti. Gli occhi di Matteo erano solo per me, che mi sentivo attraente in abito da sera, e le tragedie del mondo, in quell'istante, mi sembravano antiche leggende di un'era scomparsa.

  Inaspettatamente, pronunciò il nome della mia sorellastra: - l'ho vista oggi, m'è parsa depressa, povera Eleonora! Non possiamo fare qualcosa per lei? -.

  Rimasi senza parole. Da quando se ne occupava?  Gli avevo accennato di lei fuggevolmente, non aveva mostrato molto interesse: Ora, invece, la chiamava per nome, trepidava per la sua depressione. Avrei voluto dirgli:" perché non si rivolge al suo biondo marinaio? ".

  Risposi con voce neutra:- ci penserò -. Il golfo rifletteva fredde conchiglie di luce prive di vita.

  Avevo perso la pace, la gelosia mi rodeva l'anima. Sospettavo di mio marito, avevo il terrore che s'invaghisse di Eleonora, spiavo ogni suo gesto, valutavo ogni sua parola d'affetto, ogni sua carezza d'amore. Interrogavo quasi giornalmente Marietta, che manteneva i contatti col forno. Lei mi confermava la crisi di mia sorella.

  L'allarme mi squillò nel cervello, una certo giorno, quando Marietta, interrompendomi nella lettura, disse: - stamani Eleonora era di buon umore, direi quasi raggiante -,

- sarà tornato suo marito -, replicai senza alzare il viso dal libro.- Non credo, è parecchio tempo che non parla più di lui. Prima era tutto un raccontare dei regali che le faceva, dei porti dove l'aspettava. Da un po', silenzio, come se fosse diventata vedova -.

  La mia gelosia riprese vigore, quasi mi mancò il fiato. Ricordai che qualche giorno prima, telefonando, non avevo trovato mio marito in negozio,  non aveva risposto nemmeno al cellulare: - scusa, l'avevo spento, ero a casa di un cliente, non volevo disturbare -. S'era giustificato. In quella settimana non avevamo fatto ancora all'amore. Stavo diventando pazza! Decisi di pedinarlo.

 

                                       °°°°°°°°°°°°°°°°°°°

 

 Dal mare salivano nuvole di pietra, un gabbiano sopra noi ci avvisò della tempesta, l'aria era calda e immobile. Seguivo mio marito a distanza, nascondendomi dietro gli angoli delle case. Non camminava verso il parcheggio, aveva preso la stradina per il cimitero.

  Eleonora arrivò con il suo furgoncino, parcheggiò sul ciglio della via, scese con un mazzo di crisantemi. Matteo gli andò incontro, insieme varcarono il cancello ed entrarono nella cappella della mia famiglia. Incominciò una pioggia violenta.

  L'impermeabile non mi proteggeva la testa scoperta, l'acqua mi accecava e dal collo scendeva lungo la schiena, entrava nelle scarpe  basse. Provai a stringermi al mento il bavero rialzato, cercando un riparo, ma scivolai sull'erba fradicia finendo con la faccia tra le tombe.  Mi sollevai a metà, piangendo di rabbia e di vergogna, per rannicchiarmi contro una lapide, sentendomi una morta vivente, una zombie, incurante della pioggia, dei lampi che saettavano e dei tuoni che scassavano l'aria.

  Non so per quanti minuti rimasi così, li sentii uscire senza vederli. Allora entrai nella cappella per cercare le tracce della loro intimità. L'angelo di marmo, illuminato dalla lampada votiva, pregava ancora, dunque non s'era mosso, stritolandoli in un abbraccio mortale, per aver profanato il lungo sonno dei miei avi. Mi chinai per osservare meglio il pavimento, non rilevai alcun segno d'amore, tranne il fango e il bagnato che mi lasciavo dietro.

  Ritrovai Matteo in casa, mi venne incontro preoccupato. - Dio...come sei ridotta! Che cosa hai fatto, dove sei stata? -. Mormorai di una visita ad un'anziana che non conosceva, fuori del paese, mentre mi rinchiudevo nel bagno per fare una doccia calda e riflettere,.

  Il bagno mi calmò, recuperai un po' di saggezza. Non potevo investirlo con i miei sospetti, manifestando tutta la mia devastante paura di perderlo, di dividerlo con un'altra. Dopo essermi cambiata lo raggiunsi in

salotto: - perché non sei andato al negozio? -, chiesi, cercando di dominare l'ansia che provavo. Rispose con una bugia: - sono tornato quando è iniziata questa burrasca, non  volevo lasciarti sola in un giorno come questo -.

  Restammo in un imbarazzato silenzio, ognuno  di noi nascondeva una menzogna e una personale verità. Chi avrebbe confessato per primo all'altro la sua slealtà, incrinando per sempre un rapporto d'amore e fiducia? Chi ci avrebbe salvato?

  Marietta, irruppe nel salotto grondante di pioggia, stravolta dall'emozione. Aveva fatto di corsa le scale, gli mancava il fiato per parlare, infine riuscì a sillabare: - Eleonora è uscita di strada con il furgone, è  finita contro un traliccio elettrico, è grave all'ospedale -.

 

                             °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

 

  Nuvole bianche s'inseguono nel cielo, come vele in una regata. Tra poco incomincia il tramonto. Non ho voglia di risalire il sentiero, vorrei restare in compagnia del mare ad aspettare la notte, per dire al buio le domande che non ho fatto all'uomo che amo, sperando di darmi da sola una risposta utile per la pace interiore.

  _ Gloria!... -, Matteo mi sta chiamando mentre scende verso la spiaggia - ho sistemato tutto, il marito di Eleonora e sua zia hanno accettato di seppellirla  nella cappella, accanto a vostro padre. Sua madre non potrà opporsi, sta su una poltrona completamente rincretinita -.

  Mi bacia sulla fronte, chiede premuroso: - tu come stai? -.

  Camminiamo mano nella mano, senza parlare: Finalmente sento una musica conosciuta risuonarmi dentro, come risvegliata d'improvviso, dopo tanti anni, dall'armonia del sentimento appassionato che mi attraversa Riconosco la sua melodia, è fatta con i suoni delle parole d'amore, con le sensazioni di una felicità da ricordare:

  So che  domani piangerò per Eleonora, ma nessuno muore mai veramente nel nostro paese: amiamo, viviamo, dormiamo per sempre sulla collina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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