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FRANCA VIOLA

Post n°22 pubblicato il 28 Gennaio 2011 da axmm
 
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 di Otta von Bass

In questi giorni, a causa di avvenimenti simil politici ben noti, le donne stanno facendo una figura, che definirò con un eufemismo, barbina. Ridotte a semplici giocattoli sessuali o ad approfittatrici, secondo qualcuno vittime (mah…), certe signorine hanno offeso la dignità di tutte quelle donne che si sono impegnate per raggiungere i propri obbiettivi e che hanno lottato per non essere giudicate inferiori all’uomo.

Proprio queste donne hanno dato il via a un’iniziativa su Facebook: perché non ricordare le grandi donne del passato usando una loro foto come immagine del profilo o postare frasi come “Io sono una partigiana” o “Io sono una suffragetta” nel proprio stato?

Tra le varie Rosa Parks, Alda Merini o Elisabetta I, io ho scelto di celebrare Franca Viola.

Forse il suo nome non dirà molto alla maggior parte di voi, ma Franca può essere considerata il simbolo di un nuovo modo di pensare in Italia, poiché è stata la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore, dopo esser stata rapita e violentata.

Nata ad Alcamo nel 1947, Franca viene rapita il 26 dicembre 1965, a soli 17 anni, dal suo spasimante Filippo Melodia, che fino a quel giorno aveva sempre respinto.

Vuoi per vendicare il proprio onore, vuoi per la sicurezza dell’impunità data dalla parentela con la potente famiglia mafiosa dei Rimi, l’uomo, insieme a ben dodici complici, quel giorno rapisce Franca e il fratellino Mariano, subito rilasciato fortunatamente, la stupra e poi la rinchiude per otto giorni in un casolare. Durante il sequestro alcuni intermediari contattano il padre di Franca e pretendono le nozze riparatrici, alle quali l’uomo finge di acconsentire; in realtà è d’accordo con le forze dell’ordine che al rientro di Melodia e soci in paese li arrestano.

Secondo l’usanza del tempo la ragazza avrebbe dovuto sposare il suo rapitore per non macchiare l’onore suo e della famiglia, poiché nessun’altro avrebbe sposato una donna non più vergine, che sarebbe stata indicata come svergognata nonostante una colpa non sua. Questa pratica era avallata anche dalla legge, poiché il codice penale considerava la violenza sessuale oltraggio alla morale e non un reato contro la persona, anche se minorenne, pertanto il matrimonio riparatore avrebbe appianato ogni contesa tra accusato e parte lesa, come fosse stato una multa, un risarcimento sufficiente a giustificare un’azione vergognosa e la sofferenza che la vittima avrebbe patito per tutta la vita! Non solo la donna doveva provare un dolore fisico e mentale, ma poi doveva pure passare la sua vita con il mostro che l’aveva violentata e perché? Per ipocrisia, per salvare le apparenze e l’onore.

Franca no. Lei si rifiuta. Preferisce la sua dignità all’onore e diventa simbolo dell’emancipazione femminile, oltre a una figura di riferimento per tutte quelle donne che avrebbero subito la sua stessa terribile esperienza.

Nonostante i tentativi della difesa di screditare la ragazza, Filippo Melodia subì una condanna di undici anni, in seguito ridotti a dieci e a due di soggiorno obbligato nelle vicinanze di Modena. Uscito dal carcere nel 1976, venne ucciso due anni dopo da ignoti con un colpo di lupara, una fine che avrà fatto (fa) provare soddisfazione a molte persone, non mentiamo a noi stessi.

Dopo i primi momenti difficili, aggravati anche dalle minacce di morte al padre Bernardo che aveva osato opporsi alle regole non scritte, ma accettate come normali dalla società, e alla devastazione della vigna dei genitori a scopo intimidatorio, Franca riprese una vita normale. Si sposò nel 1968 col fidanzato Giuseppe, suo compaesano, che aveva voluto sposarla lo stesso, nonostante i timori di lei che temeva vendette; in questa occasione anche il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat inviò un regalo di nozze alla coppia per dimostrare la solidarietà di tutto il paese alla giovane eroina.

Nonostante questo passo avanti nel riconoscimento dei diritti della donna si dovette aspettare fino al 1981 perché il vecchio articolo 544 venisse abrogato nel codice penale dall’articolo 1 della legge 442, che finalmente abolì la possibilità di cancellare la violenza carnale con un successivo matrimonio.

 
 
 
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