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LA LEGGENDA DEI 36 GIUSTI

Post n°23 pubblicato il 02 Febbraio 2011 da axmm
 

 

Di Otta von Bass

 

Da poco si è celebrata la Giornata della Memoria in ricordo di tutte le vittime del Nazifascismo; la data scelte, il 27 gennaio, commemora l’apertura dei cancelli del tristemente famoso campo di concentramento di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa nel 1945.

Sebbene la maggior parte delle persone tenda ad associare gli innocenti periti in nome di ideali folli e disumani con la popolazione ebraica, prima di continuare a parlare di una leggenda proprio di tradizione ebraica, vorrei ricordare anche le altre vittime morte in lager o durante eccidi o regolamenti di conti, persone ed etnie non conformi alla dottrina ariana: portatori di handicap, malati di mente e Pentecostali (la loro glossolalia era considerata una malattia psicologica), che avrebbero potuto inquinare il sangue puro del perfetto tedesco; gli oppositori politici, comunisti, massoni o semplicemente anti-nazisti; le cosiddette “razze inferiori”, come i polacchi, gli slavi e le popolazioni zingaresche; gli omosessuali; i Testimoni di Geova; i prigionieri di guerra (soprattutto sovietici).

Secondo le stime più di 17 milioni di persone sterminate sistematicamente a cui deve andare il nostro ricordo perché le future generazioni, sempre più distanti nel tempo da questi fatti terribili, non dimentichino quanto in basso può spingersi l’animo umano.

Come anticipato, però, tratteremo della leggenda ebraica dei 36 Giusti, che trae spunto da un passo della Bibbia (Genesi 18, 20-32), quello che racconta la nota vicenda delle città di Sodoma e Gomorra. In uno dei rari episodi in cui la giustizia divina viene messa in discussione dall’uomo, Abramo inizia una trattativa con Dio affinché non distrugga le due città a condizione che vi dimorino cinquanta giusti; conoscendo le abitudini dissolute dei cittadini Abramo “tira sul prezzo” e ottiene la salvezza delle città qualora vi siano almeno dieci giusti, ma evidentemente, visto come sono andati i fatti, nemmeno un numero tanto esiguo di innocenti vi dimorava.

Per nostra fortuna, la leggenda non ha un esito così drammatico, ma anzi spiega come mai Dio non abbia più portato distruzione sul mondo, in seguito al diluvio universale, per punire il genere umano di tutti i suoi peccati, nonostante alcuni di essi siano veramente al di là della nostra concezione (ma forse non al di là di quella del Signore?): generazione dopo generazione, in ogni momento della storia, sulla terra ci sono trentasei Giusti, per amore dei quali Dio risparmia l’intera umanità.

La loro identità è sconosciuta, neppure loro stessi sanno di essere tanto importanti, ma sanno riconoscere il male e le sofferenze e se ne fanno carico perché non possono tollerare simili ingiustizie proprio per il loro innato status di Giusti.

Si ritiene che l’anonimato serva a facilitare l’accettazione di questa leggenda, poiché il Giusto deve apparire almeno nell’immaginario come un simbolo, un essere caratterizzato da elementi difficilmente raggiungibili dall’uomo della strada, e non “uno qualunque” con il suo nome e cognome, il suo lavoro, la sua famiglia…

Questo è un artificio ricorrente nel mondo della fiction, basti pensare a una figura leggendaria come quella di Guglielmo Tell: non si sa di preciso se l’eroe nazionale svizzero sia esistito realmente o no, ma a ben guardare che importa? Non dobbiamo focalizzare l’attenzione sull’uomo in carne e ossa, quanto piuttosto sul messaggio che si può trarre dalla sua storia.

Lo stesso discorso vale per personaggi sicuramente inventati, come per esempio i supereroi dei fumetti, la maggior parte dei quali nasconde sotto una maschera la propria identità segreta; quest’aura di mistero porta l’eroe in una dimensione diversa rispetto a quella del cittadino e soprattutto evita quella certa delusione che possiamo provare vedendo da vicino qualcuno che avevamo mitizzato.

Infine, per rimanere in un ambito più spirituale, pensiamo ai santi lontani nel tempo da noi e a quelli vissuti in epoca moderna. I primi possiamo tutt’al più vederli in alcune raffigurazioni, spesso posteriori, o pregarli davanti alle loro reliquie e troviamo più facile immaginarli come modelli di ogni virtù, idealizzati più che reali. Dei secondi, invece, abbiamo svariate informazioni, fotografie e, nel caso di nostri contemporanei, filmati, li abbiamo sentiti parlare e li abbiamo visti muoversi, alcuni di noi hanno potuto incontrarli e tutto questo non ci permette di portarli in una dimensione ultraterrena, cosa che, comunque, nulla toglie alle loro azioni e ai motivi per cui sono stati portati all’onore degli altari.

Un’altra questione sorge a proposito dell’anonimato del Giusto, ovvero quali devono essere le sue caratteristiche? Possiamo dire tutte e nessuna, visto che non ci sono distinzioni di sorta tra uomo e donna, ricco e povero, bianco e nero… Un’ampia scelta di circa sette miliardi di persone per trentasei posti. Non c’è nemmeno una differenza di religioni, il Giusto può essere ebreo, ma anche cristiano o musulmano, il suo agire non dipenderà da questo.

A ben guardare questa leggenda va contro l’ordine istituzionale precostituito, perché è palese il fatto che fra tutti gli enti preposti a far rispettare la giustizia in tutto il mondo ci sono molte più cariche di trentasei, anche se in questo caso parliamo di ordini gerarchici tipicamente umani, mentre dovrebbe ormai esser chiaro che l’ordine a cui si rifanno i Giusti è ben superiore a questo livello, tanto più enorme da comprendere nel suo interno l’esistenza stessa del mondo e della vita.

Il tipo di giustizia a cui si rifà questa storia non è quella a cui noi siamo portati, ovvero quella secondo cui a ogni peccato dovrebbe corrispondere una pena e a ogni peccatore, su una bilancia ideale, dovrebbe corrispondere un giusto per far sì che i due piatti siano in equilibrio.

Dio però risparmia il mondo anche se da un lato abbiamo trentasei uomini giusti e dall’altro il resto dell’umanità, una sproporzione incredibile!

Escludendo l’idea che Dio si sbagli, siamo noi a dover abbandonare quest’ottica terrena, dobbiamo smettere di misurare la giustizia secondo canoni umani ed entrare in una prospettiva più ampia che comprende appunto l’incommensurabilità.

Quella della potenza di Dio, talmente grande che qualsiasi aggettivo, anche “infinita”, non può descriverla perché la rinchiuderebbe in schemi troppo umani. Quella della sua morale, che, in ottica religiosa e spirituale, è perfetta e infallibile. Ma, spostandoci in un ambito temporale, anche quella del rapporto (o del mancato rapporto?) tra i moltissimi peccatori e i pochissimi innocenti: come fare a comprenderla? Prima di tutto dobbiamo smettere di misurare in numeri. Concentriamoci sul peso specifico, per utilizzare un termine vicino alla scienza, della moralità di questi trentasei uomini giusti, che da soli salvano il mondo: rispetto a quella del resto del mondo la loro moralità è enorme, immane, incommensurabile appunto, una moralità che non si affida alla quantità, ma alla qualità della giustizia. Così, da questo punto di vista, risulta più facile, anche se non mi spingerò a dire completamente comprensibile, capire i piani di Dio.

Il fatto che esistano sempre trentasei Giusti permette a tutti noi di conoscere la giustizia di Dio perché chi può dire con assoluta certezza di non essere mai venuto a contatto con un Giusto? Nessuno di noi, visto che non conosciamo la loro identità.

Forse sapere che da secoli esistano per ogni generazione solo trentasei uomini giusti va contro l’idea di progresso dell’uomo, soprattutto, in questo caso, dal punto di vista della coscienza e della morale. E contemporaneamente annulla il mito dell’età dell’oro, secondo cui l’uomo, ai suoi albori, visse un’epoca perfetta che progressivamente si deteriorò, fino a raggiungere il giorno d’oggi se vogliamo dar retta a questa leggenda e che purtroppo non tornerà mai più.

A mio parere non è una cosa totalmente negativa: poiché i Giusti esisteranno sempre e il mondo sempre sarà salvo, all’uomo rimane comunque la speranza di non assistere alla distruzione del tutto, grazie forse anche a se stesso. Realisticamente il male continuerà a pervadere il mondo, non possiamo avere una visione tanto ottimista da pensare di sconfiggerlo in toto, ma anche nei momenti più bui rimarrà in noi la speranza in una forza salvifica tanto potente (ricordiamo le riflessioni sulla qualità della giustizia) come il bene.

È difficile credere a questa leggenda, se un individuo subisce un’ingiustizia nella vita di tutti i giorni o anche nei tribunali non trarrà chissà quale sollievo sapendo che la giustizia comunque esiste, perché alla fine ognuno pensa al suo caso, ma dopotutto siamo esseri umani, nessuno se la prenderà se in qualche caso siamo egoisti, l’importante è non esserlo sistematicamente.

Il fatto che il numero dei Giusti della nostra leggenda sia trentasei potrebbe esser legato alle caratteristiche di questo numero, anche se non possiamo dirlo con certezza.

Dal punto di vista matematico è un numero triangolare, ovvero una cifra rappresentabile in forma di piramide con una unità al vertice, due unità al secondo livello, tre unità al terzo livello e così via fino all’ottavo (1+2+3+4+5+6+7+8=36); da notare che i pitagorici attribuivano a questo genere di numeri particolari valenze magiche e soprannaturali. È un numero abbondante, per cui la somma di tutti i suoi divisori è maggiore al trentasei medesimo (1+2+3+4+6+9+12+18=55>36). É un numero altamente composto, cioè un intero positivo che ha più divisori di qualsiasi intero positivo minore. È un numero semi-perfetto, ovvero è uguale alla somma di alcuni dei suoi divisori (36=6+12+18). È un quadrato, di 6, e anche il prodotto di due quadrati, di 2 e di 3. È un numero di Harshad, divisibile cioè per la somma delle sue cifre (9=3+6). E infine, è un numero di Friedman, esprimibile usando le medesime lettere dei numeri romani con l’espressione IX (XX/V), ma anche come VIXX/X.

Ritroviamo inoltre il numero trentasei in chimica, come numero atomico, che corrisponde al numero di protoni all’interno di un nucleo, del kripton (Kr); in musica, visto che corrisponde al numero dei tasti neri di un pianoforte e come numero delle nacchere nella “Smorfia”.

Ora vorrei fare un passo indietro per parlare dell’accezione del termine “Giusto” come forse è più noto al giorno d’oggi.

Ritorniamo a qualche decennio fa, quando l’Europa era invasa dalla barbarie nazista con i suoi ideali sulla razza ariana, che avrebbe dovuto essere la più pura se non l’unica pura. Per ottenere questo risultato fin dagli anni ’30 il Reich iniziò una campagna di sterminio contro tutti gli “indesiderati”, i più indesiderati dei quali furono gli appartenenti alla religione ebraica. Sei milioni di morti. Senza un motivo, perché sfido chiunque a prendere per buone le motivazioni dei Nazifascisti.

Ma anche in quel periodo di terrore e odio ci fu chi rischiò la propria vita, perdendola anche, per salvare un ebreo o una comunità ebraica, non importava se amico o semplice sconosciuto. La punizione per un fatto come questo era la morte del colpevole nel migliore dei casi, poiché anche i familiari potevano subire la stessa sorte, anche persone che non c’entravano niente e non sapevano niente, senza pietà neppure per i bambini. Non che ci si aspettasse pietà da chi mandava altri esseri umani alle docce di gas.

In pochi casi la giustizia e l’amore verso il prossimo avevano sfidato l’indifferenza e l’odio di molti e se allora qualcuno osò tanto, non c’è forse speranza per ogni tempo dell’uomo?

A questi eroi per lo più sconosciuti, uomini e donne normali, è stato dato l’appellativo di “Giusti tra le Nazioni”, dal termine “Gentile Giusto”, vale a dire un non ebreo che ha rispetto per Dio, che rispettano cioè alcune norme etiche, come il non uccidere o l’avere un ordinamento legislativo, ecc. In questo c’è molto rispetto anche per le religioni altrui, in quanto un uomo non deve per forza seguire i dettami della Torah ebraica, ma può anche avere un altro genere di fede ed essere considerato in maniera positiva.

Nel 1953 il Parlamento d’Israele, nato solo nel 1948 per dare una nazione a parecchi esuli ebrei che non riconoscevano più l’Europa come patria, incaricò l’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, un complesso che comprendeva un museo e un memoriale dedicati alla Shoah (Olocausto è un termine improprio secondo molti ebrei, poiché indica un sacrificio religioso della religione giudaica), di dare il titolo di “Giusto tra le Nazioni” (“Chasidei Umot HaOlam” traslitterato dall’ebraico) a tutti coloro che avevano rischiato la propria vita per salvare quella di anche solo un ebreo, infatti, come già visto, non conta la quantità ma la qualità della giustizia.

Oltre a questo gesto di riconoscimento e ringraziamento a nome di tutto il popolo ebraico ai Giusti, dopo esser stati esaminati da un preposto comitato che stabilisce che il loro gesto fu spontaneo, non remunerato e compiuto in territori occupati dalle forze dell’Asse, è stato dedicato nel ’62 il “Viale dei Giusti”, un grande giardino presso lo Yad Vashem, dove un albero viene piantato in loro memoria e onore secondo la tradizione ebraica di ricordare in eterno una persona cara. A partire da una ventina di anni fa, visto che lo spazio a disposizione del giardino si è esaurito, il nome dei Giusto è inciso sul Muro d’Onore che circonda tutto il memoriale della Shoah; inoltre i Giusti ricevono la cittadinanza onoraria dello stato d’Israele.

Negli anni la scoperta di nuove persone meritevoli è via via aumentato, man mano i singoli casi venivano esaminati, e a tutt’oggi sono stati riconosciuti oltre 23.000 Giusti in tutto il mondo (ben oltre i trentasei della leggenda!).

Il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano si occupa in Italia delle indagini preliminari dei vari casi e finora i cittadini italiani a fregiarsi del titolo di “Giusto tra le Nazioni” sono circa 500.

Se alcuni dei Giusti al giorno d’oggi sono noti grazie al cinema o alla televisione, basti pensare a Oskar Schindler o a Giorgio Perlasca, molti sono ancora restano nell’ombra, almeno per il grande pubblico; è impossibile conoscere la storia di tutti loro, ma sarebbe giusto, scusate il gioco di parole, leggere almeno una volta nella vita qualcosa anche sugli uomini e sulle donne a noi sconosciuti, perché l’unica cosa che possiamo fare per evitare che una simile barbarie si ripeta è ricordare.

 

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mglazzaro
mglazzaro il 10/10/11 alle 19:28 via WEB
Brava! E' molto interessante e ben scritto.
 
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