Ho trovato un posto dove stare seduta tranquilla e alzarmi ogni tanto nell’attesa espirare piano tutta l’aria del corpo restare vuota ad aspettare che anche tu sia vuoto e neanche vuoto sarà abbastanza.
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Tutto ciò che muove sale come sapienza lungo vie esplorate dai santi che salamandre e caprioli conoscono molto bene da molto più tempo e che le cose praticano nel silenzio della loro natura e mai per caso. Qui le cose tendono a ciò che è bene per loro obbedienti come frecce scagliate verso il bersaglio e non starò a dire chi è l’arciere.
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Dov’e quel tetto di coppi e lamiera e il muretto – gonfiato d’abbandono il tornante la sorgente il sentiero i gesti dei campi le corse in salita il cielo gonfio di navi ancorate? Tutto si alza in volute come da un bollitore svanendo a spirale tutto torna alla fonte sonora originale per prendere forma memorabile.
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Siedo da anni nell’ansa dove curvano i pensieri si congiungono e riavviano mi infilo nello spazio tra uno e l’altro allargo le gambe – divarico il tempo tra la fine e il principio della pausa prendo l’impronta.
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“In questo testo si compone verso dopo verso la suggestione della sparizione come passaggio. È il mio canto stanziale che si fa parola nomade e apre, ingloba, sputa e riaccoglie al proprio interno. [...] La salvezza insita nella sua saggezza. Mi rivolgo e parlo direttamente a lui: al paesaggio. Invoco la sua forza, l’essenza fisiologica della vita, perché operi un risanamento. È un’invocazione ma è anche una lotta, un’imprecazione, un sacrificio affinché tutto sparisca e rinasca a nuova vita.” (Antonella Bukovaz)
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non sto in piedi e la terra non manca io però cerco un'altra materia a sostenere la geografia che porto tatuata sotto la pianta dei piedi
* del prato mi piace l'orlo dove sfrangiano i cespugli al limitare del bosco come i pizzi di una sottoveste il vento li solleva in un frusciare di vespe
* (ed. LietoColle)
ogni giorno sgrano per le mie figlie un melograno ne raccolgo le perle in due ciotole mentre osservano impazienti e imparano a contare
da Tatuaggi
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Se io fossi un viaggiatore inquieto e tu la mia casa ti traslocherei ad ogni partenza vorrei vedere cosa va perso e cosa pensato perduto ricompare.
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Draga mojadanzo al tuo ritmo senza mai essere a casa nei campi a cui Šiman risaliva la terra il bosco soffoca ai meli muschiati la voce fruttuosa tesa ad arco la faggeta l’idea aperta dovrebbe invaderti scatenarsi così intensamente trasformarti da bersaglio in freccia ma incaglio è l’antica nomadezza. Impasto mederjavka uovaluštrik moko an mlieko per risentire l’unica voce che mi appartiene. *
Voce voce voce ho bisogno di voce con la voce cercata parlata nella voce. È stata. Dove? Tam! Tam! Dajte mi glas glas glas E ora è tardi e ora è domani. Tam je blo ali tamle ... al talee kje?
da Al limite
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Antonella Bukovaz (il cognome significa "colei che vive nei pressi del faggio". Bukev è faggio, bukva è libro)