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Post n°36 pubblicato il 03 Ottobre 2012 da L.Onely
 

*

Cavallo Morto
è un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo.
Una poesia di Lédo Ivo è una lucciola che cerca una moneta smarrita.
Ogni moneta smarrita è una rondine di spalle, posata sulla luce di un parafulmini.
Dentro un parafulmini c’è un frastuono di api preistoriche intorno ad un’anguria.
In Cavallo Morto le angurie sono donne semi addormentate che nel mezzo del cuore hanno il rumore di un mazzo di chiavi.

Cavallo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo.

Lédo Ivo è un uomo vecchio che vive in Brasile ed esce nelle antologie con viso di pazzo.
In Cavallo Morto i pazzi hanno ali di mosca e tornano a conservare nella propria cassa i cerini
bruciati come se fossero parole raschiate dallo splendore di altro mondo.
Altro mondo è il fondo di un vaso, un luogo dove ciò che è retto ha forma di ferro di cavallo e c’è una sola strada foderata con tela impermeabile.

Cavallo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo.

Un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo è un fiume che albeggia per andare a fabbricare l’acqua delle lacrime, piccole menzogne di pioggia ferite da una spina d’acacia.
In Cavallo Morto gli aerei annodano con cinture di vapore il cielo come se le nubi fossero un regalo di Natale ed i felici e gli infelici salgono direttamente agli ippodromi eterni per la piccola scala di colui che inanella i gabbiani.

Cavallo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo.

Un poesia di Lédo Ivo è l’amante di un orologio di sole che abbandona in punta dei piedi le locande della mattina seguente.
La mattina seguente è ciò che dovevano dirsi quelli che non giunsero mai ad incontrarsi, quelli che ancora così si amarono ed escono dal braccio con la brezza del tramonto a celebrare il compleanno degli alberi e scrivono partiture con il campanello delle biciclette.

Cavallo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo.

Lédo Ivo è una scuola colma di fringuelli e un timoniere che canta nel piattino di latte.
Lédo Ivo è un infermiere che benda le onde e accende col suo bacio le lampade
delle barche.
In Cavallo Morto tutte le cose perfette appartengono a un altro, come appartiene il dado delle stelle marine al saccheggiatore delle teste sonnambule e il postino delle rose della domenica alla coroncina di luce delle impiegate domestiche.

Cavallo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lédo Ivo.

In Cavallo Morto quando muore un cavallo si chiama Lédo Ivo perché lo resusciti, quando muore un evangelista si chiama Lédo Ivo perché lo resusciti, quando muore Lédo Ivo si chiama il sarto della farfalla perché lo resusciti.
Fatemi caso, i ricordi piacevoli sono fugaci come gli scoiattoli, ogni amore che termina è un cimitero d’abbracci e Cavallo Morto è un luogo che non esiste.

Cavallo Morto

*

*

Parlo con te, ignoro dove sei, verso quale luce cerca il mio Essere
l’eco in cui ti ascolto.

Non c’è usura nella tua voce, io so che un’aria tersa ti respira, che
qualcosa che redime, una chiarità che trascina il fiume, porta
il tuo pensiero.

Parlo con te, un’intatta passione vive nel tuo fosforo, un’unica
luce che non si spegne mentre la morte fluisce, mentre la morte
soffre questa parola.

Io parlo, parlo con te al bordo di un vuoto, al bordo di me stesso
come colui che gira mutuo, come ciò che dentro noi
è prossimo e s’avvicina col suo fascio luminoso di purezza.

Parlo di fronte al destino che immagina l’uomo, di quello abbandonato,
di quello delirante e oscuro parlo con te. Ed è notte, è
notte in entrambi come metallo oscuro, e vediamo come lungamente
la verità estende il suo unico filo di saliva, un unico alfabeto
nel rumore di tutti.

Parlo con te, oh bontà compartita di chi è silenzioso,
ombra di quest’ombra che aleggia ed è volo di somigliante
eloquenza, colui che scrive, colui che ascolta, colui che foglio a foglio
infila nell’eco una voce che risponde, quella voce in me
stesso, quella che ci illumina e persuade da oltre la morte.

Parlo con te

*

Juan Carlos Mestre
(poeta, artista visuale, fisarmonicista - Villafranca del Bierzo, 1957)

 
 
 
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