InstabileViaggiare nello spazio e nel tempo senza mai distogliere lo sguardo dall'orizzonte... |
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Non avrei mai creduto di poter ricominciare a volare. Poi una sera ti ho vista sorridere. Ed all'improvviso ho ricominciato a volare. Sono passati quasi tre anni da quando mi hai riportato sulla terra. Così in alto da non vedere più nemmeno la cima delle montagne. Non avrei mai creduto di poter ricominciare a volare. Solo con un sorriso. Un sorriso... |
Post n°56 pubblicato il 12 Marzo 2007 da Enigmista76
Ciao, bambina... Povera figlia di una dimenticanza... Lasci stare il terrore dei tuoi occhi... Non lasciarti prendere la mano dal rumore... Francamente non pensavo di vederti in televisione... "Mi dicevano che ero una diva... Yrina... 14 anni... San Pietroburgo... Merda. Sono stanca. Troppo. Chi me lo fa fare. Io volevo solo una scuola con altri bambini come me. Volevo solo una vita come mille altre. Volevo una vita. E adesso. Adesso che sono qui a guardare cos'ho fatto mi sento sola. Sola come nessuno. E non mi resta che una cosa. Continuare a pensare. A pensare alla velocità. Speriamo stringa in fretta... Speriamo stringa in fretta... Speriamo stringa in fretta... Chiudi gli occhi bimba... Chiudi gli occhi davanti ai tuoi sogni... Davanti ai tuoi incubi... Perchè non esiste cura... |
Post n°55 pubblicato il 08 Marzo 2007 da Enigmista76
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Post n°53 pubblicato il 08 Marzo 2007 da Enigmista76
Arrivati... Fermi... Immobili... Gelida... Anche se ti senti addosso l'odore del sudore del tuo ultimo cliente... Ma adesso sembra ti dia molto meno fastidio... ...Sorriso... ...Voce fuoricampo... ...Ed è finita... |
Ho pensato... Ho pensato che se volessi potrei dire basta... Dire basta a tutto questo continuare a pensare... Pensare che dicendo basta potrei stare meglio... Ma meglio perchè poi... Meglio rispetto a quando... A quando non pensavo forse... Ma pensare fa sentire dannatamente vivi... E se non fosse così... Dovrei cercare dall'altra parte del cervello... Forse dovrei cercare un alibi a questo grande mistero...
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Silenzioso come l'urlo del gigante. Eppure lui non ha chiesto di essere così. Eppure facciamo sempre finta di non saperlo... |
Post n°50 pubblicato il 26 Febbraio 2007 da Enigmista76
"Ciao" Buonanotte allora... |
Post n°49 pubblicato il 31 Gennaio 2007 da Enigmista76
Ci siamo già stati qui.Tutti. Eppure non ce lo ricordiamo. Eppure ce ne rimaniamo in silenzio. Ad aspettare che il tempo sciolga il ghiaccio. Come dopo una nevicata, quando si guardano gli spazzaneve liberare le strade. Impotenti davanti a tutto quel bianco. Impassibili a fissarlo. Forse non è la prima volta che succede. Forse ci eravamo pure abituati. Ma ce ne siamo dimenticati. Come fa chi ha paura di ricordare. E rimaniamo in silenzio. Senza sapere nemmeno cosa pensare. Senza sforzare il cervello a sognare. Annebbiati dal bianco. Già.
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Nel paese in cui vivevo da bambino c'era una vecchietta. Era chiamata da tutti "la strega". Circolavano storie e leggende sul suo conto. Si diceva che mangiasse il cibo dei suoi duecento gatti. Forse i gatti erano trecento. Si diceva che vivesse in una casa diroccata lungo il fiume con tutte le finestre sprangate per paura della luce. C'era chi ci aveva raccontato di averla vista la notte mentre dava la caccia ai topi con i suoi trecento gatti. O forse erano quattrocento gatti. C'era chi giurava di essere stato picchiato da quella vecchietta in una notte di luna piena. I ragazzi del paese la canzonavano quando passava. Le gridavano che era una strega e che doveva ritornare da dove era venuta. Le gridavano che puzzava di fogna. Ma lei sembrava non curarsi di tutte quelle persone e degli insulti che le indirizzavano. Camminava tenendo la testa bassa, obbligata a farlo dalla gobba che i suoi duecento anni d'età avevano fatto uscire sulla sua schiena. Aveva una borsa di pelle nera, una di quelle che andavano tantissimi anni fa con i manici corti e scoloriti dal tempo. Indossava quasi sempre un vestito grigio con dei disegni azzurri. Capelli raccolti ed ordinati sopra la testa, calze e scarpe di pelle nere deformate dai suoi piedi artritici. Un giorno vidi che teneva un fazzoletto bianco nella manica destra del vestito, come usavano le signore "bene" di un tempo. Mi chiesi a cose le potesse servire, visto che un essere così spregevole sicuramente non avrebbe mai potuto piangere o sentire il bisogno di soffiarsi il naso come fanno tutti. Ne avevo sentite di tutti i colori su quella vecchietta. E fui particolarmente incuriosito quel giorno in cui la notai mentre si dirigeva al cimitero con un pacchetto di carta nella mano sinistra. Pensai che andasse a caccia di topi o cose del genere e decisi di seguirla. Lei camminava lentamente senza accorgersi che la seguivo, poi si fermò davanti ad una di quelle vecchie lapidi di pietra nella parte nuova del cimitero. Rimasi a guardare i movimenti lenti del rituale che compì. Andò verso la fontanella, riempì una delle bottiglie di ammorbidente vuote che penzolavano sulla rastrelliera accanto al muro, si diresse di nuovo verso la lapide, appoggiò la bottiglia di ammorbidente a terra, prese il fagottino di carta che prima teneva nella mano sinistra e lo aprì. Dentro c'erano dei fiori. Prese quelli che erano dentro al vaso davanti alla lapide, si diresse lenta verso il cesto dell'immondizia e li buttò dentro. Tornò alla lapide, sistemò i fiori freschi dentro al vaso e lo riempì d'acqua facendo attenzione a non versare nemmeno una goccia d'acqua sul tumulo di terra. Poi si inginocchio a fatica ed iniziò a pregare. Quando finì la vidi rialzarsi e sorridere. Accarezzò la foto e se ne andò lentamente. La curiosità di vedere chi c'era sotto quella montagnola di terra fu enorme. "Amerigo Fortin N. 18/09/42 M. 11/03/71 La tua mamma Margherita ti ha sempre nel suo cuore". Ventinove anni. Allora pensai che era vecchio. Adesso direi che era più giovane di me. Lei, la strega, doveva essere sua madre. Più tardi negli anni scoprii molte cose su quella vecchietta. Scoprii che era stata sposata con un bel ragazzo che era morto al fronte due mesi prima della fine della guerra. Scoprii che, da giovane era bellissima e che aveva fatto anche la ballerina di fila alla Fenice. Scoprii che morì sola e canzonata da tutto il paese. E scoprii che a lei non importava un granchè di essere povera, di avere perso tutte le persone che aveva amato e di essere presa in giro da tutti. Scoprii che non aveva più parlato con nessuno da una decina d'anni prima del giorno in cui morì in silenzio. Scoprii che riusciva ancora a sorridere. Scoprii che Margherita avrebbe avuto tanto da dire, se qualcuno l'avesse voluta ascoltare ancora. Ma a lei adesso non importa più.
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Dicono che la noia uccida. Vorrei sapere come. Me lo chiedo da anni. La noia fa sbadigliare. Ma anche mangiare troppo. Ed un film palloso. La noia fa prendere sonno. Come dopo uno sbadiglio. Come mangiare troppo. Come un film palloso. La noia... Annoia. Non l'ho mai vista uccidere. E se lo fa, non lo fa per colpa sua. La gente si ucciderebbe per mille altri stupidi motivi oggi. Mmm. Forse anche per noia. Quindi non è la noia ad uccidere, ma la gente che si annoia. Invece di sbadigliare, di mangiare o di uscire dal cinema o spegnere la TV. Quindi la noia non uccide. Ma la gente si... |
Essere a proprio agio ovunque Sia fatto divieto di pensare e di avere opinioni dissonanti rispetto alle istruzioni che la società suggerisce democraticamente dopo regolare voto da parte del consulente supremo. Sia fatto divieto di non rispettare le direttive sopracitate e diffuse dalla televisione ad intervalli regolari. Fare uso regolare di antibiotici. |
Chissà quante volte si è perso il fiato per correre dietro ad un sogno. Un sogno che poi, una volte raggiunto, si rivelava per quello che era. Un'idea. Un briciolo di luce nel buio. Prendere fiato in una madida notte d'estate. Niente di più di quello che si era sognato. Chissà cosa ci si aspettava da quel sogno. Si sognava una vita migliore. Un sorriso in più la mattina appena alzati. E magari uno la sera prima di dormire. Si sognava di essere ricchi. Magari potenti. Magari si sognava solo di vivere come si era sempre sognato. Felici. E adesso. E adesso la cosa migliore da fare sarebbe rimettersi a dormire. Una volta ho conosciuto una persona molto anziana. Aveva la saggezza degli anni negli occhi e la tristezza del tempo nel cuore. Mi disse che la cosa più importante nella vita era amare ed essere amati. Me lo disse mentre mi raccontava del suo amore che la aveva abbandonata quando era troppo giovane per dimenticare e troppo vecchia per soffrire ancora. Me lo raccontava sorridendo. Sorrideva dei suoi ricordi. Sorrideva della vita. Sorrideva della morte. Mi sono chiesto spesso il perchè di tanta serenità. Non capivo il motivo del suo sorridere serena al ricordo della persona che la vita le aveva portato via. Poi, quando la persona che mi raccontò la sua storia morì, capii il perchè della sua serenità. Sorrideva perchè sentiva che, di lì a poco, avrebbe potuto riabbracciare il suo amore. Eppure mi aveva raccontato una storia piena di solitudine, di sofferenza, di delusioni. Ma anche di baci, di speranze, di sogni. Sogni che la facevano andare avanti. Sogni così belli da farle dimenticare quello che il suo amore le aveva fatto passare. Sogni che avevano tenuto in vita solo la parte bella del suo amore. Aveva sognato una vita. E morì sognando. Senza disturbare nessuno. In vita temeva di poter disturbare. E non voleva sicuramente farlo morendo. Ricordo che la vidi spegnersi lentamente. Come una candela che arriva al punto in cui la cera non ha più abbastanza forza per tenere acceso lo stoppino. Ricordo che le avevo promesso un giro in macchina appena avrei preso la patente. Le avevo promesso che non sarebbe mai morta senza quel giro. Non sono riuscito a mantenere quella promessa. Ma ogni volta che penso a lei, mi vengono in mente le parole che mi diceva. E quelle che non sono mai riuscito a dirle. Una cosa mi rincuora. So per certo che, quando morirò, lei sarà li ad aspettare il suo giro in macchina. Ed io potrò portarla dove aveva sempre sognato quando era qui con me. E questo è tutto quello che avevo da dire sull'argomento... |
Casa. Interno notte. Un filo di luce che illumina un trapezio esatto di scrivania. The Album Leaf suonano senza curarsi della centrifuga della lavatrice che, di quando in quando, si fa viva tra le chitarre. Suonano Twenty Two Fourteen. Squilla il telefono. "Pronto...". Silenzio. Poi riagganciano. Non ci faccio caso. Dopo un paio di minuti mi sono dimenticato di quella telefonata muta. Sopra la scrivania guardo la tazza in cui ho bevuto il caffè stamattina. Non dovrebbe essere lì. Dovrebbe essere nel lavello in cucina insieme ai bicchieri ed ai piatti che ho usato oggi a pranzo. Ma non c'è. Ho scoperto vivendo che spesso le cose dovrebbero essere dove in teoria dovrebbero essere, ma che spesso non lo sono. E si crea disordine. La cosa buffa è che succede anche con le persone. Le persone dovrebbero essere al loro posto. Sempre. Non ci sono quasi mai. E si crea di nuovo disordine. Mia nonna avrebbe detto che c'è un posto per ogni cosa e che ogni cosa ha il suo posto. Io, adesso, potrei tranquillamente risponderle : "quasi nonna, quasi". Forse se tutto e tutti fossero al loro posto nel momento richiesto non ci sarebbe tutto il disordine che c'è. Mi giro lentamente. Sto cercando un disco da ore nello scaffale in ufficio. Inizio a pensare che dovrei mettere in ordine alfabetico tutti i miei dischi. O forse dovrei catalogarli per genere. O per artista. Forse potrei fare una catalogazione incrociata, cioè dividere tutti i generi, poi nei generi ricercare gli artisti e dividere gli artisti per anno di pubblicazione del disco. Diventerei pazzo. Mi rassegno. Guardo il trapezio di luce sopra la scrivania. The Album Leaf continuano senza curarsi troppo di me, dei miei dischi, dei miei dubbi, e di mia nonna. Non si curano nemmeno della centrifuga della lavatrice. Non pensano all'ordine che vorrei fare nei miei CD. Nè tantomeno a quello che ho creato nella mia vita. E magari hanno ragione loro. |
Tutto è talmente veloce. Talmente veloce da far perdere il senso del tempo. La vita. Le passioni. Gli amori. Tutto incontrollabilmente sfugge di mano con una velocità innaturale. Ma d'altro canto siamo nell'era di internet. L'era dei 20 mega al secondo. L'era in cui se esci con una donna due volte e non te la sei ancora portata a letto sei uno sfigato. Un'era in cui auto, moto, aerei, treni, immagini, suoni, movimenti sono così veloci da non poterli nemmeno vedere. O sentire. Un'era in cui a scatenare una guerra e vincerla o perderla è questione di secondi. A volte basta un premere un tasto. A volte basta anche solo pensarlo. Non c'è tempo per fermarsi a guardare i colori di un tramonto. O il sorriso di un bambino. Non c'è tempo per scambiare due chiacchiere la sera con una moglie che non ha avuto tempo di preparare una cena e quindi ha ordinato in tutta fretta due pizze alla pizzeria all'angolo che non ha tempo di prepararle bene perchè ne deve fare troppe. Non c'è tempo per scrivere una lettera, ed ancor meno non c'è il tempo per aspettare che arrivi. Anche lo facesse in giornata, sarebbe già passato troppo tempo. Non c'è nemmeno tempo per accorgersi che il tempo passa e ci porta via tutti. Partendo dalle persone che amiamo. Ma a cui, spesso, non abbiamo trovato il tempo di dirlo. Azione e reazione. Oggi si potrebbe parlare di reazione ed azione. Ammesso che dopo la reazione ci sia ancora tempo di agire. Ammesso che ci sia ancora il tempo di vivere... |
Cieli stellati... Stelle sottili come ombre... Gli incubi di sempre... |
A volte ci penso. Come se ce l'avessi accanto. Come se potessi aprirla. E pescarci quello che voglio. Non smettere di sognare mai amica mia. Non farlo. E tieniti vicina la tua SCATOLA DEI RICORDI... Per sempre... Hai visto, ce l'ho fatta... |
Non è sempre stato così. Non per quello che mi ricordo. Non per i pochi anni a cui posso risalire con la memoria. E la memoria, si sa, con il passare del tempo tende a smussare alcuni angoli. Tende a rendere meno brutti i ricordi peggiori, per evitare di farci stare male di nuovo. Non li fa sparire. Niente riesce a cancellare le cicatrici. Le rende solo meno dolorose in confronto a com'erano quando sanguinavano. Ma i segni restano. La pelle della terra ne è piena. Guerre. Catastrofi. Terremoti. Tutte cose che l'hanno segnata. Noi ne abbiamo persa la memoria, soltanto perchè non la conosciamo così bene come vogliamo credere. Siamo troppo concentrati sui nostri piccoli dolori per preoccuparci dei suoi. O di quelli di qualcun'altro. Pensiamo che i dolori di chi ci vive attorno siano troppo piccoli rispetto ai nostri. Ed abbassiamo gli occhi. Quasi ci vergognassimo inconsciamente davanti a tanta presunzione. Le persone sono piene di cicatrici. E di ricordi. E di pensieri. E di sogni. Alcuni sono minuscoli. Come dei piccoli sassolini che danno fastidio dentro ad un paio di scarpe comode. Altri sono come macigni. E schiacciano tutto quello che trovano. Ho conosciuto persone che si sono tolti quei fastidiosi sassolini dal loro paio di scarpe comode. Altre che, invece, non sono riuscite ad evitare di farsi travolgere dai macigni dell'anima. E sono rimaste senza ossigeno per andare avanti. Anche se indossavano anche loro un bel paio di scarpe comode che avrebbero potuto portarli ovunque avessero voluto. C'è poi chi ha imparato a convivere con i sassolini dentro al paio di scarpe comode. Quelle che portano ovunque se lo vuoi. Lo fanno ogni giorno. Come se niente fosse. Avanzano sorridendo a tutto e a tutti. Ma soffrono. Perchè i sassolini fanno male dopo un pò. Fanno sanguinare e creano nuove cicatrici. Così, forse per non pensarci troppo, si cominciano a preoccupare della pelle della terra. E delle sue cicatrici. ...Schivando abilmente i macigni dell'anima... |
Per tutte le volte che ho sentito la tua mancanza. Per tutte le volte che ti ho chiamata perchè avevo bisogno di te. Per ogni lacrima che ho lasciato scendere in silenzio guardando una tua foto. Per tutti i momenti in cui avrei voluto che fossi con me. Per tutti quelli in cui ci sei stata. Per tutti i giorni che ho passato davanti ad una finestra chiusa a pensarti. Per tutti i sorrisi che non hai potuto regalarmi anche se avresti voluto farlo. Per tutta la vita che la vita ti ha portato via. Per tutte le volte che ti ho sognata. Per tutti i consigli che avrei voluto da te. Per tutta la forza che ho dovuto avere per fare tutto da solo. Per il vuoto che ho dentro senza di te. Per quello che avrei voluto farti vedere. Per te. Ciao Mamma. |
ég er kominn aftur |
Chissà cosa sarebbe successo se qualcuno avesse scritto un manuale. Un manuale che nessuno ha mai scritto. Forse perchè nessuno c'ha mai pensato. Forse perchè c'hanno pensato in troppi. Forse perchè chi non c'ha pensato sapeva cosa scrivere ma non aveva pensato a come farlo. Forse perchè chi c'ha pensato non sapeva cosa scrivere ma aveva ben chiaro a cosa sarebbe potuto servire un manuale del genere. O a chi. Un manuale con le istruzioni per imparare a parlare e a camminare. Con le istruzioni per far sorridere i genitori. Con il senso esatto dell'amore che provano per un figlio. E con la spiegazione del perchè sia così grande e disinteressato. Con le dieci migliori mosse per riuscire ad andare in bici senza rotelle senza sbucciarsi troppo le ginocchia. E con quelle per giocare a nascondino con gli altri bambini la sera dopo il tramonto. Un manuale che ti insegni a come reagire bene ad un brutto voto. O cosa fare quando litighi con la compagna di banco. Quella che ti piace tanto e non sai perchè. Istruzioni per prendere sempre bei voti a scuola, con appendice sull'università adatta. E foglio riepilogativo sulla prima volta con una ragazza. Spiegazione di come baciarla. E di come farla ballare un lento senza pestarle un piede quando lei appoggia la testa sulla tua spalla. Uno di quei manuali che ti dica cosa fare per chiederle di sposarti. E che ti dica esattamente come fare a scegliere il lavoro perfetto per te. Quello che ti può far vivere senza pensieri. Ci vorrebbe un manuale così. Un manuale che ti dia indicazioni su come sorridere ai tuoi figli senza farli sentire compatiti. Su come riuscire ad amarli profondamente e disinteressatamente anche nella difficoltà. Su come insegnargli ad andare in bici senza rotelle evitando di sbucciarsi le ginocchia per non farti morire vedendo il sangue. Su come nascondersi senza farti preoccupare quando giocano a nascondino la sera con gli altri bambini dopo il tramonto. Su come farli reagire ad un brutto voto senza prendertela o su come fargli capire che a volte si può litigare con la compagna di banco, anche se piace tanto da togliere il fiato. Su che università fare. Su che lavoro scegliere. Su come chiedere alla fidanzata di sposarli dopo averla fatta ballare senza averle pestato un piede. Un manuale che insegni a rispettare la moglie o il marito. Anche dopo che i figli se ne sono andati. Uno di quelli che ti dica come fare a diventare vecchi e felici insieme. E che ti insegni a non pestarle un piede quando balli con lei uno dei tuoi ultimi lenti. Un manuale che ti insegni a capire che siamo qui per andare altrove. E che ti faccia morire sereno. Senza soffrire per quello che stai perdendo. Perchè niente si perde se tu non lo vuoi. Un manuale che ti dica che dopo anni, beh, sei ancora vivo nel cuore di chi hai amato davvero. E di chi ti ha amato davvero. Un manuale per la vita. Un libro che ti insegni a ballare. Con le tue piccole ali. |
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 11:35
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 20:50
Inviato da: trixi03
il 19/11/2007 alle 10:42
Inviato da: trixi03
il 17/10/2007 alle 13:37
Inviato da: Anonimo
il 30/09/2007 alle 14:03