Creato da ariadnex il 27/04/2010
Quando i neuroni vanno in vacanza
 

 

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La Repubblica del Cannolo

Post n°5 pubblicato il 09 Maggio 2010 da ariadnex
 
Foto di ariadnex

La Sicilia, dovrebbe far continente a parte. A cominciare dal codice della strada, che è a statuto speciale come la Regione, e a finire dalla lingua. Perché in Sicilia si parla il siciliano, non l’italiano come molti credono.

Quando mi trovo a parlare con gli extrasiculi (come extraterrestri o extracomunitari, no?), mi rendo conto di come alcune parole, modi di dire che per noi isolani sono piuttosto ovvi, diventano causa di trattazioni filologiche.

Che poi io quasi mi innervosisco, perché proprio mi sembra così chiaro, palese un taléarré (per dire “di nuovo” in modo scocciato; che poi in realtà è pure la forma abbreviata di arrieri). (per esclamare: guarda un po’!) oppure un

Ma dico: vuoi mettere a paragone, per esempio nel traffico, un “guarda un po’!” con un be taléééé accompagnato da un bel gesto con la mano per dire talé a chistu ( guarda un po’ questo stronzo e tascio con la smart come mi sta tagliando la strada)? Con tre parole e un gesto si esprime un endecasillabo. Si aprono le porte ad una dimensione linguistica parallela.

Altro che accademia della Crusca, noi abbiamo l’Accademia dello Scaccio e della Semenza*.

(* Come volevasi dimostrare con due parole indichiamo: nocciole, arachidi, semi, semi di girasole, ceci, lupini, arachidi, e mais tostato venduti a peso da ambulanti rispettivamente: al festino di Santa Rosalia, alle feste di rione, al mercatino, alle fiere, per strada e ai concerti di tutti i tipi da Gianni Celeste a Borgovecchio a Vasco Rossi al Palasport).

Ci sono parole, poi, di cui non riesco mai a trovare dei sinonimi pertinenti. Una di queste è la parola tascio. Potrebbe essere sinonimo di “tamarro”, ma un tascio è un tascio e basta.

Posso solo indicandolo, dire : ecco lui è tascio!

L’identikit del tascio: ha una Fiat Punto sporting con alettone aerodinamico luminescente, fari allo xeno, neon ovunque : sul parabrezza, nel chassis, sulle ruote e pure sul cappellino con visiera, rigorosamente Alviero Martini; subwoofer montati anche nel bagagliaio che risuonano Gigi D’Alessio eo Nino D’Angelo oltrepassando la barriera del suono, orecchino con brillantino al lobo, ciuffo spiaccicato sulla fronte a mo’ di leccata di mucca, abbronzatura da lampada, piercing al sopracciglio che fa figo e alternativo, giubbotto di serie bianco, e per finire una bella cintura tarocca con il marchio falsificato Dolce e Gabbana. Che alcune volte è pure D&C come Dolce e Cappone…Altre volte la maglia Anporio Armani…

Una sola parola per indicare tutto questo. Ma è tascio anche chi ascolta musica tascia; è tascio chi ancora mette i pantaloni a zampa d’elefante; è tascio chi ha al collo una collana d’oro di 4 kg completa di crocefisso in bassorilievo; è tascia la commessa con vestiti maculati; è tascio chi sgomma con la smart; è tascio chi cambia la marmitta nel vespino per fare più scruscio (rumore); è tascio chi va a mangiarsi la quarume alla Vucciria; è tascio chi si veste di bianco e pare un gelataro.

Più che una parola è uno status symbol che dovrebbero aggiungere nella carta d’identità. Segni particolari: tascio.

Sulle parole sicule ci sarebbe da scrivere per giorni, ne sono consapevole. Molte le scopro di giorno in giorno, alcune sono proprio intraducibili.

Provate a tradurre ‘ncà o ‘ncà certu, vi sfido. Per non parlare poi dei modi di dire.

Come si traduce, ad esempio, mamaaaaààà per indicare stupore misto a shock?

Oppure il Picchì, chi è? – che è come dire: “Scusa, perché mi guardi con occhio torvo, c’è qualcosa di ciò che sto facendo che non ti aggrada? Perché se così fosse basta che me lo dici e ti dimostro che ho ragione anche con un randello se è il caso”. E pure solo tre parole: Picchì, CHI è?

Siamo poi degli esperti in materia di fanculizzazione umana. Con i vari va rumpiti i corna a ‘dda banna (letterale: Vai a romperti le corna dall’altra parte della montagna), ovvero vai a dare craniate dall’altra parte opposta, purché tu sia lontano dalla mia vista. O ancora Va iuoca cu i fili i l’alta tensione (lett. Vai a giocare con i fili della luce elettrica). Sii un curnutu, tu e TUTTA a to’ razza (cioè non solo tua moglie ti mette le corna, ma tutte le mogli e mariti della tua famiglia ascendenti e discendenti hanno l’amante).

Avere u scimunitu ‘nta panza (letteralmente: avere lo scimunito nella pancia, per dire che una persona ride senza motivo). Come quando si ha il sivo, no? La ridarella.

Ogni volta che sento dire che qualcuno ha lo scimunito (che non è uno munito di sci), me lo immagino con il ventre trasparente con dentro un nano spastico che fa le smorfie e si dimena allegramente. Voi come ve lo immaginate uno, con uno scimunito nella pancia?

L’espressione che però mi ha sempre più inquietata è per me puoi fetere. Letteralmente: puoi fare puzza, per dire che puoi aspettare in vano tanto quella cosa che tu speri accada non accadrà mai. Una sorta di “campa cavallo” oppure un ironico “sì, puoi aspettare”. Ma il puoi fetere è davvero di una cattiveria sconfinata, perché se ci pensate significa non solo “aspetterai inutilmente”, ma nell’ordine: morirai, andrai in decomposizione, i vermi ti mangeranno e la tua carcassa emanerà un lezzo fetido prima che si avveri il tuo desiderio, o accada quella cosa impossibile.

Altro che film splatter.

Quello è un passolone, per dire che è una persona innocua, inoffensiva. Ora, io, con tutta la buona volontà rifletto e pondero: ma da PASSOLONE (grande acino di uva sultanina) a “persona innocua” come ci si arriva?

A D’Annunzio noi facciamo un baffo con il linguaggio immaginifico.

Ce ne sarebbero una caterva di cose da dire. Un cenno, però, merita la nostra inflazionata ed onnicomprensiva parola universale: minchia (il Word me la corregge in “mischia”…)

D’accordo che compare oramai pure nello Zingarelli, ma per noi la parola mischia (sempre ’sto Word) è come il jolly a poker. Come la tessera dello scarabeo con lo scarabeo. In qualunque discorso la metti ci sta. Sempre pertinente, sempre nella bocca di tutti (scusate l’infelice accostamento).

Il nostro intercalare preferito per esprimere apprezzamento: Mischia! Troppo bello!

Per esprimere felicità: Mischia che sono felice!

Per dire che una cosa non è fatta bene: ‘Sta cosa è fatta a mischia di cane.

Per esprimere noia: Mischia che palle!

Per esprimere stupore: Mischia non ci posso credere!

Per dire ad una persona che è proprio una mischia per come si comporta, quando usa un altro organo per ragionare in rimpiazzo del cervello.

Ed ora che ci penso, più che una parola è uno status symbol che dovrebbero aggiungere nella carta d’identità, alla voce segni particolari : minchia.

 
 
 
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Maestra nell'altissima arte del brontolio, regina dei rimuginamenti, paladina del nichilismo da retrobottega...mia madre voleva darmi in affidamento a Satana.

Il mio secondo lavoro di casa preferito è cucinare. Il primo è sbattere la testa sulla sponda del letto fino a svenire.

Le certezze che gli altri mi mettono addosso mi fanno venire una voglia insopprimibile di deludere.

 

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