COSA E' JANUS RELOADED
Ogni cosa ha una fine. Ed è ora di mettere la parola fine al mio diario, all'album delle fotografie impolverate. Ma non è detto che la fine sia necessariamente una cosa negativa, anzi. Per due mesi ho parlato di me. Adesso basta. Non ho certamente finito gli argomenti, solamente mi sono stancato di sentirmi blaterare sulla mia vita. Molti di voi mi hanno detto che potrei fare lo scrittore, tanto che un po' mi sono convinto anche io. E' ora di dimostrarvi che state sbagliando :) Questo sarà per me un quaderno per le mie bozze per tutte le storie che avrei voluto scrivere ma per ovvi motivi di mancanza di talento non ho mai fatto.
8 giorni fa "Alice... svegliaaaa" Cazzo, no... è già mattina. Che casino che c'è nella stanza. "Aliiiiiceeeeee" Un doccia rigorosamente gelata perchè lo scaldabagno è rotto e di corsa a mettere un po' di logica nella mia giornata. Arrivo in cucina, scivolando sul corrimano come al solito. A 12 anni lo facevo perchè mi divertiva. Ora lo faccio solamente perchè la fa incazzare. Le donne si sbranano tra loro, come se seguissero un istinto primordiale. In cucina l'odore di caffè si alza dalla tavola apparecchiata come se ci fosse a colazione il re di Chissenefrega. La tv accesa sul notiziario parla della crisi economica e del prezzo del petrolio che continua a salire. "Buongiorno Alice" mi dice piegando il giornale di fianco al suo solito piatto di uova e pancetta. Succo d'arancia, due fette di pane tostato. La sento che comincia a inveire sul mio modo di vestire, sulla mia camera sempre in disordine, su come combino sempre disastri. Mi alzo, schiocco un bacio sulla pelata di Art che mi sorride ed esco. Esco di corsa di casa, con lo zaino sulle spalle e vado alla fermata dell'autobus. Comincio a camminare, frugando nelle tasche per cercare una fottuta sigaretta. Continuando a fantasticare sul mio perfetto e utopico mondo anarchico in cui ognuno può fare quel cazzo che vuole fino a che non rompe le palle al prossimo, guardo l'orologio. Arrivo davanti al liceo con 27 minuti di ritardo. Dopo i canonici 16 minuti di cazziata da parte del preside che ci tiene a ripetermi che sono una fallita e che la puntualità è tutto, arrivo in classe. -Continua- |
Le luci della città filtrano nel mio studio e mi trovano ancora qui, tra tutti i miei vecchi ricordi. Un altro John Lee Hooker. 1/3 Bourbon 1/3 Scotch 1/3 Birra. Ma ho finito il Bourbon e verso al suo posto Whiskey del Tennessee. Fossi in "Casablanca", il barman mi servirebbe il drink e io mi accenderei una sigaretta ascoltando le note del pianista. Apro il cassetto della scrivania, cercando qualcosa per pulire qualche goccia di birra che è caduta sul tavolo. Lentamente dal cassetto spunta il mio distintivo. "Jonathan Francis Coleman - 47esimo distretto - Dipartimento di polizia di Hell City". Bevo in un sorso tutto il bicchiere e torno al cassetto. Due volti mi fissano dentro una cornice nera. Due ragazzi giovani, felici nel giorno del loro matrimonio. Sotto di loro una scritta a pennarello. "Nei giorni belli e in quelli brutti. Nella luce e nel buio. In salute e in malattia. Per sempre. Jessica Cassidy" Sento le lacrime scendermi dalle guance, ma le asciugo subito. "Gli uomini non piangono John" diceva sempre il mio vecchio. Ma io vorrei tanto farlo. Mi verso un altro bicchiere. Dietro alla foto il numero 104 di Capitan America. Un pezzo da collezione. Qualcuno bussa alla porta. Solo un foglietto è rimasto nel cassetto. Un piccolo cartoncino rosso. Lascio cadere la bottiglia cercando di portarmi le mani alla bocca per non gridare. |
Grazie a tutti intanto. Il secondo racconto, oramai ultimato, è invece del filone "Hell City Blues", una serie di racconti ambientati in una città corrotta e violenta che è la quintessenza di qualsiasi megalopoli americana. Una città talmente "reale" che potrebbe essere Detroit, Los Angeles, New York, Dallas. Ma non è nessuna di queste. Come al solito sarò molto felice di leggere ogni vs commento. A presto. |
Oramai sono rinchiusa in questa stanza da 3 giorni, senza nessun contatto con l'esterno. Li sento. Perchè sono qui ? No, devo smettere di guardare quella strafottuta porta. Cerco di alzarmi, ma non riesco. Non ho più forza. Inciampo e ricado come fossi una marionetta a cui hanno tagliato di colpo i fili. Rido. Mi guardo intorno. Faccio fatica anche a muovere la testa. Che stronzate. Come faccio a dirlo ? Ho sparato a uno di loro tre volte in pieno petto. Credete che si sia fermato ? Credete sia uscita una sola goccia di sangue dalle carni spappolate ? Torno a guardare la porta. L'armadio che le ho messo davanti è ancora lì, per il momento. Abbasso lo sguardo. La pistola che ho preso "in prestito" al cadavere della guardia giurata al primo piano è ancora lì tra le mie mani. Me ne fossero rimasti di più proverei ad uscire. Alzo gli occhi in alto. Mi accorgo solo adesso che il soffitto è un grande specchio. Guardo il mio riflesso per un istante. Potrei alzarmi. Potrei cercare di richiudere quella porta. Afferro forte la pistola tra le mani. Svegliati Alice, cazzo svegliati. BANG -Continua ?- |
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