COSA E' JANUS RELOADED
Ogni cosa ha una fine. Ed è ora di mettere la parola fine al mio diario, all'album delle fotografie impolverate. Ma non è detto che la fine sia necessariamente una cosa negativa, anzi. Per due mesi ho parlato di me. Adesso basta. Non ho certamente finito gli argomenti, solamente mi sono stancato di sentirmi blaterare sulla mia vita. Molti di voi mi hanno detto che potrei fare lo scrittore, tanto che un po' mi sono convinto anche io. E' ora di dimostrarvi che state sbagliando :) Questo sarà per me un quaderno per le mie bozze per tutte le storie che avrei voluto scrivere ma per ovvi motivi di mancanza di talento non ho mai fatto.
Getto la sigaretta a terra vicino allo scarico fognario. Il fumo sale lentamente costruendo piccole spirali che scompaiono nell’aria in pochi secondi. Poi, finalmente il silenzio viene squarciato. Un breve lamento, una sorta di mugolio. Basso e sofferente. Non so nemmeno se sia umano. Disperato, ma famelico. Come se avesse… fame. Sì fame, una fame oscura e lacerante. E proviene esattamente dal vicolo che il barbone mi aveva indicato. Merda, Alice. E dire che credevo di non essere un tipo suggestionabile. Silenzio, solamente silenzio. Non c’è nulla, proprio nulla. Uno grido lacera nuovamente quell’orrendo silenzio, facendomi sobbalzare. Salgo senza pensarci due volte, sedendomi accanto ad una vecchietta che sta leggendo una rivista di cucina dietro ad un paio di occhiali spessi. No, non esageriamo. Non sono COSI’ disperata. Vorrei chiudere gli occhi e riaprili davanti al liceo. Cestinare questi brutti cinque minuti e borbottare un liberatorio “vaffanculo”. No… questo non c’era. Capelli lunghi, scuri, nemmeno un’ombra di barba, vestito completamente di pelle con tanto metallo tra borchie e catene che farebbe esplodere un metal detector. Sta barcollando visibilmente, avanzando incerto sulle gambe. Strafatto di eroina. Che peccato. Ma perché tutti i ragazzi che mi piacciono sono dei completi coglioni o sono drogati ? Qualcuno deve avermi fatto il malocchio. Peccato che io non creda a queste cazzate. Sarebbe stata un’ottima spiegazione. Liceo Lincoln. Sono arrivata. -continua- |
Nessun rumore, nessuna voce, nessuna televisione accesa che dice che il mondo sta per esplodere o impazzire o entrambe le cose. Nel silenzio più totale metto sulla tavola le fette di pane tostato e succo d'arancia. Dopo aver voracemente consumato la colazione, esco di casa. Non ho voglia nemmeno di correre. Non faccio neppure in tempo a dare alla luce questo pensiero, che qualcosa mi sbatte violentemente a terra. Davanti a me c'è un uomo. Avrà forse quarant'anni, i vestiti sono logori e strappati, la lunga barba bianca è sporca e unta. Stavo dicendo ? Sì oggi è proprio una giornata perfetta, QUASI perfetta ora. Arrivo alla fermata dell'autobus, fissando il solito pannello luminoso, pregando che non dica nulla. Come quelli di un morto. -Continua- |
7 giorni fa
Mi stiro, incredula. Non ho nemmeno mal di testa stamattina. E' una data da segnare sul calendario per i posteri. Guardo la mia stanza, solito casino. L'unico modo di uscire e di entrare è seguire un percorso preciso, una specie di sentiero di guerra cercando di schivare accuratamente le colonne di libri che sbarrano la strada. Mi infilo sotto la doccia e quasi non riesco a respirare per la sorpresa. Acqua... calda ? Che cosa diavolo sta succedendo ? Non che mi lamenti, ovvio. Per una volta che ho un risveglio normale. Guardo la scrivania, ancora piena delle sue fotografie, delle nostre fotografie, delle mille lettere che gli ho scritto in questi anni. "Ciao papà. Solo... solo che è difficile andare avanti senza di te. Solo che non c'è giorno in cui non ti pensi papà, in cui non vorrei aprire la porta di camera mia e ritrovarti lì sulla soglia. Non so cosa darei per riaverti qui. Tua, Infilo la lettera nella busta e la metto insieme a tutte le altre. Mi vesto velocemente, mi infilo sulla testa il tuo cappello, zaino in spalla e scendo al piano di sotto. Un silenzio innaturale avvolge la cucina. -Continua- |
Ciao a tutti, come avrete notato ultimamente ho pochissimo tempo per scrivere causa lavoro. Per fortuna dalla prossima settimana la situazione dovrebbe gradualmente migliorare. E' da un po' che ci sto pensando. Insomma, vorrei avere un parere... |
Iz mi guarda stranito. E' il mio compagno di banco dai tempi delle medie. L'archetipo dark-outcast : capelli sparati di un nero finto, occhi chiarissimi, magro come un chiodo, vestito solamente di nero. Lezione di algebra con equazioni di secondo grado. Una metafora della vita. Ovvero come possono cambiare le cose se ad una serie di numeri ed operazioni assolutamente piatte e razionali inserisci una variabile. Faccio finta di non sentire i commenti delle oche sedute dietro di me che cominciano a ridere e starnazzare alle mie spalle. Mi volto verso il mio compagno, sbirciando tra i suoi appunti. Come al solito sta disegnando. Che io ricordi non ha mai seguito una lezione intera. Si annoia. Ha talento ma non si applica. Un po' come me. Il suono acuto della campanella che suona per indicare la pausa pranzo mi perfora la testa come un trapano. E l'emicrania torna istantaneamente, neanche l'avessero spedita col dhl. Cerco di trascinarmi fuori dalla scuola, con l'agilità e la prontezza di riflessi di un bradipo con evidenti lesioni cerebrospinali. Mi siedo sulla solita panchina nel cortile. "Tutto bene Al ?" dice Iz sedendosi di fianco a me. La solita folla di decerebrati, rincoglioniti e oche giulive sfila davanti a noi. Il pomeriggio passa tra le lezioni di letteratura, chimica e attività ricreative, l'unica ora in cui io e il mio inseparabile "Robin" ci dividiamo. La stramaledettissima, fottuta campanella ci tiene a sottolineare che le lezioni sono finite, almeno per oggi. Fantastico. Mi siedo sulla panchina, tenendo gli occhi fissi sul tabellone. Non so, forse mi aspetto un "Servizio sospeso per grave caso di sfiga conclamata". Oramai ci sono abituata. Il viaggio è traumatico. Spero di arrivare a casa prima che la testa mi possa esplodere o prima di svenire per il fetore che il vecchio ciccione maleodorante seduto di fianco a me spande nell'aria. Scendo alla fermata di casa, oramai ridotta ad uno straccio. Spero solo che domani arrivi presto. |
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