Quando ti dicono che "tutto finisce, poi" stenti a crederci.
Certe volte, almeno, non vorresti crederci.
Perché ci sono delle situazioni che non comprendono la parola fine scritta in fondo,
o the end, come al cinema nei vecchi film in bianco e nero.
Ci sono delle esperienze, dei periodi e dei rapporti che non la devono vedere una fine,
un arrivo cui non consegue nessun festeggiamento, nessuna bottiglia da stappare, nessun trofeo.
E invece, presto o tardi, finiscono.
Finiscono le ore, le tappe di un percorso, finiscono le parole da dirsi, le dita da contare,
e poi finiscono anche le carte e le partite, gli sguardi e i sorrisi da svenire.
Così è finita questa estate, per me.
A meno di un giorno all'inizio della scuola, oggi che si chiude la parentesi lavoro.
E dispiace, e non l'avrei mai creduto possibile, non così tanto.
Ché so già che ogni fine e ogni inizio mi destabilizza e mi disorienta,
ché le abitudini positive sono lacci troppo stretti da sciogliere rimanendo incolumi,
ché mi mancherà soprattutto lei e la sua vicinanza,
perché era da tempo che non conoscevo qualcuno così, da dirsi "è importante".
E la scuola è un insieme di discorsi che zoppicano, di paranoie e ipocrisie,
di persone che non meritano e di altre che vanno e vengono, senza scuse.
Inizia un anno nuovo, l'ultimo lì dentro.