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Se i ragazzi si suicidano...

Post n°6 pubblicato il 11 Settembre 2006 da Fratus

 

“...il vitalismo liberale, che lo dica o meno, ha sempre il suo campo elettivo di azione nell’attività economica, nel far denaro, non nell’eroismo, non nella guerra. Offre insomma una prospettiva realistica e materiale non certo utopica. Non promette mai un nuovo mondo. Non promette quello che i giovani sempre cercano: il sovvertimento di tutti i valori. Il liberalismo infatti si fonda sul relativismo dei valori. Non consente, anzi si ripromette di impedire che qualcuno si erga a magister dei nuovi valori pronto a indicare i lineamenti di una nuova società.

Il leberalismo è incompatibile con qualsiasi spinta rivoluzionaria.”

Ernesto galli della loggia

Definire il concetto di giovane può essere difficoltoso se non si considera la società nel suo complesso, se, cioè, non si rapporta questo concetto ad un altro.

Un giovane si esplicita nella sua ribellione, nelle sue proteste nelle sue guerre: nessuno nasce tale o lo è per età ma lo può diventare se si mette in gioco, se si confronta.

Il giovane nasce dal contrasto generazionale con i genitori, politico con le istituzioni, ideologico con la società e dal confronto nasce lo scontro che sfocia in violenza giovanile.

Violenza che però è da intendersi nella sua accezione positiva di energia spirituale propositiva e prorompente; di volontà di rompere il vecchio, ma anche di forza di costruire il nuovo. Violenza come necessità dell’uomo di imporsi ma non egoisticamente bensì costruttivamente.

Un’energia che fino alla fine degli anni 70 si sfogava nella ribellione guidata da un ideale e mirata verso un fine.

Oggi i giovani si ritrovano a subire passivamente le scelte di altri e si adattano a vivere in una società dalle regole precostituite. Ci si è ormai abituati a seguire delle normative imposteci e, cosa ancora più grave, a considerarle radicate ed inattaccabili.

Quell’energia naturale che in una società intellettualmente ed ideologicamente attiva veniva usata per cambiare ciò che si considerava ingiusto, oggi si disperde e si consuma nei mille modi che ognuno o addirittura la società stessa, trova o inventa come surrogati.

Oggi i giovani vanno ad urlare allo stadio per una partita di calcio invece di farlo in una piazza per difendere le proprie convinzioni, anzi, ancora peggio, trasforma uno sport in una ragione di vita: non si sogna più di vedere trionfare i propri ideali ma una squadra di calcio, i colori delle magliette diventano una fede e la sua difesa la sola cosa importante.

Ed è proprio negli ultimi anni che si sono diffusi gli sport estremi o di combattimento perché in questi i giovani cercano di sfogare quell’energia che ancora li caratterizza ma che in questa società è soffocata dall’imposizione di istituzione, ideali, fedi, senza possibile alternativa.

Chi invece non riesce a sfogare la propria energia incanalandola in imitazioni o surrogati delle vere emozioni, la perde del tutto o la annulla in realtà distorte.

Per questo i giovani cercano nella droga quelle emozioni che non sono capaci di crearsi con l’attività e la volontà e solo nella droga trovano la possibilità di cambiare la realtà: di fronte all’impotenza di mutare la società e d’imporre il proprio credo, ci si riduce a cercare un alternativa finta e limitata pur di non restare intrappolati in un mondo che non soddisfa.

E se la droga è il modo più tristemente tradizionale, per raggiungere realtà distorte nei tempi più recenti si ha un nuovo metodo forse solo apparentemente meno dannoso: Internet.

É Internet che ti toglie dalla realtà a cui vuoi sfuggire, creandotene una su misura ma falsa e addirittura paradossale: con Internet puoi sfuggire alla solitudine comunicando con persone che non conoscerai mai o addirittura non esistono neppure, puoi valicare i confini dello spazio quando in realtà non vi è nessuno spazio tangibile; puoi sfuggire da un mondo che non ti piace costruendotene uno che alternativo ma così valido da infrangersi appena si spegne il computer. Internet è la nuova sciagura per i giovani.

Alla luce di tutto questo non ci si può stupire dell’ingente ondata di suicidi che ha investito i nostri anni e del perché questi riguardino soprattutto i giovani.

Ma forse non è importante riflettere sulla quantità , ma sulle motivazioni che portano a questo estremo gesto.

Non è il suicidio in se stesso ad essere aberrante, ma le ragioni che lo inducono , quelle ragioni che solo nel nostro secolo, e forse anche in quello passato, derivano dall’impoverimento se non dal totale annullamento dei veri valori.

All’epoca dei romani il suicidio c’era eccome ,ma se guardiamo bene era dettato dalla difesa di valori e non dalla loro mancanza.

Ci si uccideva perché si era mancati della parola data e solo con la morte volontaria ci si poteva riappropriare dell’onore perduto .

Ci si uccideva perché era stato negato un valore fondamentale come la gerarchia della famiglia e l’obbedienza al pater familias.

Ci si uccideva per tenere fede ad un giuramento , perché la morte era preferibile ad una vita disonorata e non tanto perché gli altri l’avrebbero considerata tale, ma perché ognuno dentro di sé sapeva di non poter essere un vero “cives” se il proprio codice morale non comprendeva la sacralità del giuramento. A tutti è noto l’esempio di Attilio Regolo che, pur consapevole di quello a cui sarebbe andato incontro se fosse tornato a Cartagine, non esitò ad andare incontro alla morte pur di tenere fede alla parola data.

Il suicidio come forza dunque e non come debolezza: forza di credere nei valori fondamentali e forza di sacrificare tutto in loro nome.

Fino a quando onore, patria, famiglia erano le fondamenta della società ci sono stati episodi come Leonida alle Termopoli, che senza indietreggiare ha sacrificato se stesso e 300 spartani per coprire il suo esercito e la sua patria.

Ma quando il suicidio diventa debolezza, povertà di ideali, vigliaccheria? Da quando i valori sono diventati denaro ed esteriorità i giovani oggi si uccidono perché sono confusi, perché non trovano sicurezze, perché non hanno veri valori in cui credere. E così sempre di più aumentano i suicidi per solitudine paradossalmente in un mondo dove si vogliono abbattere tutte le frontiere ma dove ci si sente soli in una metropoli di un milione di persone. É la solitudine di essere in un microcosmo non inquadrato in un macrocosmo, di sentirsi isolato in una società che non è un tutto ma è un’insieme slegato di individui .

Nella Res Publica romana ognuno aveva un compito e ognuno viveva in nome di un più alto ideale: lo stato.

Oggi un giovane o decide di vivere barcamenandosi in una società di compromessi ed egoismi o decide che una vita dominata da falsi dei e falsi idoli non è degna di essere vissuta.

Oggi, come dicevo, il suicidio è atto di debolezza e non più di coraggio. Debolezza di non riuscire ad adattarsi , ma anche, più profondamente, debolezza per non provare a cambiare.

Oggi un ragazzo si uccide quando comprende che non si può vivere per accumulare soldi, donne e successo, quando comprende che questi possono essere dei piaceri ma non dei valori e capisce che la vita deve avere altri scopi. Si trova disorientato perché nel nostro tempo i veri valori, quelli per cui vale la pena di vivere e, come abbiamo visto, anche morire, sono stati schiacciati.

Il valore della patria, da intendersi come tradizione, radici, orgoglio di appartenenza, scompare in vista di un mondo unico del quale nessuno può sentirsi cittadino.

Il valore dell’onore, inteso come dignità personale, coraggio nelle scelte, onestà verso se stesso e gli altri, si perde in una società dove si è pronti a tutto per arrivare alle mete effimere del successo e della ricchezza.

E il valore della famiglia, un tempo alla base di tutti gli altri valori attraverso l’educazione, è stato semplicemente dimenticato, è “passato di moda”.

In questo deserto etico-morale i giovani , si interrogano e i più deboli o semplicemente i meno cinici, si perdono.

“il suicidio dimostra che ci sono nella vita mali più grandi della morte”

Orestano

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Commenti al Post:
stella_alpina72
stella_alpina72 il 11/09/06 alle 16:17 via WEB
quindi stando a quel che leggo...e correggimi se sbaglio, la colpa dei suicidi più frequenti sarebbe del governo???
 
nutti1972
nutti1972 il 13/09/06 alle 13:19 via WEB
vuoi un mio commento? non mi interessano gli "ismi" e le definizioni, non mi interessa analizzare ciò che non si può definire a parole, non mi interessa generalizzare lo spirito umano e trovare delle facili soluzioni che non servono a niente e a nessuno, se non a chi si diverte a perdere il suo tempo ad arrovellarsi il cervello per trovare spiegazioni che fanno godere solo sè stesso. Tutto nello spirito umano è soggettivo della persona. Non siamo uniformabili e niente è definito. Qualunque cosa è opinabile. anche 1+1 fa due solo per convenzione. C'è chi si stanca di cercare risposte o chi non si è fatto nemmeno delle domande e dice di avere "fede" in qualcosa perchè non "crede" in niente.. c'è chi si tiene le sue domande senza risposta e l'unica cosa che sa fare è ascoltare gli altri e cercare come può, di mettersi sempre in discussione per provare a crescere, senza diventare grande mai..
 
n.cave
n.cave il 13/09/06 alle 14:46 via WEB
Scusa una domanda, ma una destra come la concepisci tu come trova riscontro nella politica di Silvio Berlusconi, della Lega e anche in molte parti dello stesso Gianfranco Fini, ossi con lo zoccolo duro della Casa delle Libertà? Sembra più una concezione di destra di stampo Tardo Ottocentesco, ma che ha poco a che fare con la attuale destra italiana.
 
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