Creato da Fratus il 08/08/2006
Commentiamo la società
 

 

Catastrofe umanitaria in Congo, ma si parla solo di Bin Laden!

Post n°416 pubblicato il 05 Maggio 2011 da Fratus

Arrivano dal Congo notizie drammatiche in merito all’epidemia di morbillo che ha colpito il Paese: si parla di 21 mila persone morte ed un milione e mezzo di vaccini distribuiti. Ciò che colpisce di più, però, nel seguire la situazione dall’Occidente, è che mentre l’Africa non trova pace tra rivolte, scontri ed epidemie (oltre al costante dramma della povertà), l’attenzione dei media è tutta incentrata sull’uccisione di Bin Laden. S’insegue il mito del “nemico abbattuto” a tutti i costi e si nascondono le altre problematiche del mondo. Oltre ai fuochi di rivolta di Egitto, Libia e Tunisia, abbiamo assistito anche alle tensioni in Burkina Faso, con gli scontri di piazza e l’ammutinamento dei soldati del reggimento presidenziale contro il presidente Campaorè.

La situazione più drammatica si vive però in Congo, paese già storicamente martoriato da cruenti genocidi, e dove, oltre alle epidemie, la quotidianeità è continuamente sconvolta dalle violenze e dalla guerra. La vittima è sempre la popolazione civile, costretta a convivere con gli scontri etnici tra eserciti regolari ed indipendentisti che si contrappongono. Le epidemie trovano terreno fertile proprio nelle fughe verso l’ovest del Paese e la capitale Kinshasa da parte dei profughi. In questo contesto sono tanti i bambini già denutriti, che soccombono al cospetto di una malattia in Occidente già debellata e che invece in Congo sta producendo un disastro umanitario. In Congo c’è una speranza di vita media di 43 anni e su quasi 60 milioni di abitanti la metà ha meno di 15 anni, perciò il morbillo può avere conseguenze devastanti. Davanti ad un quadro di questo tipo, ribadiamo la centralità della cooperazione internazionale e del sostegno alle ONG che tentano di ribaltare a partire da piccoli gesti di solidarietà quotidiana questa triste condizione. Non ci si può ricordare del sostegno a distanza e della cooperazione soltanto al cospetto dell’”emergenza immigrazione”, per poi ritornare nel mondo disegnato dalla tv, che oggi piuttosto che raccontare il dramma vissuto da milioni di persone, insegue le prove dell’uccisione di Bin Laden.

Reach Italia, presente sia in Congo che in Burkina Faso e sostenendo circa 2700 bambini, tenterà di portare il proprio aiuto, nonostante le difficoltà e le emergenze che stiamo riscontrando, ma lancia il suo grido di preoccupazione dopo aver riscontrato le loro esigenze primarie in termini di salute ed integrazione alimentare.

Il ministro Tremonti, rappresentante del Governo, ha dichiarato qualche settimana fa che l’unica strada da intraprendere contro l’”emergenza immigrazione” è l’investimento sulla cooperazione internazionale.

Reach Italia ha già richiesto un tavolo con le ONG virtuose e trasparenti e,

dopo le chiacchiere, attendiamo i fatti.

 
 
 

Come la TV danneggia le facoltà mentali

Post n°415 pubblicato il 02 Maggio 2011 da Fratus

di Marco Della Luna - 


tv-subliminal-hypnosis

Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante l’addestramento (familaire, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.

Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games.

 

Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).

Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290).

Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293).

I nostri cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata.

Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità sottrattiva) (pag. 288).

Per tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano, che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi” neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e orientali (pagg. 298-304).

Dopo tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e di controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza.

Ogni ora passata alla tv a quell’età comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307).

La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E l’introduzione di computer in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.

Notevole è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì per primo Marshall McLuhan. Il medesimo testo è processato diversamente dal cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).

“Molto del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music videos e i computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura crescente. Video games, come pure il porno in Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa cerebrale.”

Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.

Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei media.

È la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto.

La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi. La tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli spot pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione di orientamento senza recupero.

Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura, conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag. 309-310).

In sostanza, la televisione rende la gente al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento.

Diventa quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.

Va inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi scritti.

Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.

Ovvia misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio presente che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione.

http://www.ariannaeditrice.it/

 
 
 

La conversione degli atei

Post n°414 pubblicato il 28 Aprile 2011 da Fratus

«Le persone intelligenti non diventano cristiane». Così la famosa dottoressa Holly Ordway professoressa alla University of North Carolina e alla University of Massachusetts Amherst. Una frase che non desta sospetto alcuno sul suo pensiero rivolto ai cristiani e a coloro che sono credenti in senso lato. Semplicemente poco intelligenti. Poi però, sulla strada della ragione, colei che ebbe modo di dire quanto scritto sopra ha trovato la strada della conversione e nel suo libro Un accademico razionale trova una fede radicale (Editori Moody, 2010) si è ravveduta convertendosi dall’ateismo militante alla fede in Gesù Cristo.

Ho già avuto modo di parlare della conversione di Antony Flew, il più famoso ateo al mondo autore di svariati saggi a favore dell’ateismo che nel 2004 annunciò la sua conversione durante un convegno a New York, (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=29028). La professoressa, anche lei fervente atea, nonché sicura del fatto che uno scienziato autorevole non potesse credere in Dio ha dovuto ricredersi sino a testimoniare: «E’ una cosa difficile da guardare la verità, sopratutto quando essa è in contrasto con quello che hai sempre creduto.

Non ero in cerca di Dio, io non credevo che Lui esistesse. Sono un professore universitario: logico, intellettuale, razionale e atea». A 31 anni però qualcosa ha cominciato a cedere: «La mia visione naturalistica del mondo era insufficiente a spiegare la natura della realtà in modo coerente: non potevo spiegare l’origine dell’universo e non potevo spiegare la morale. Ho dovuto riconoscere che la visione teistica del mondo è sia razionalmente coerente che fortemente esplicativa, e soprattutto spiega tutto ciò che una visione naturalistica non può fare. Non c’è da stupirsi che gli atei siano così ossessionati».

Come per Flew anche per la Ordway è proprio la spiegazione naturalista ad averli condotti a Dio; non un semplice rimbambimento come sostenuto da Dawkins per Antony Flew ma vera e propria consapevolezza nel fatto che la visione materialista della nostra esistenza non è soddisfacente. In Italia fa molto più notizia il fatto che Piergiorgio Oddifreddi scriva un inutile libro come: Perché Dio non esiste più che i maggiori atei al mondo si stiano convertendo al cristianesimo; nel 2007 fu la famosa senatrice socialista Mercedes Aroz militante marxista ad essersi convertita al cristianesimo, ma ancora più interessante è il processo di conversione seguito dal filosofo ateo Pietro Barcellona Docente di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania, ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura e già deputato PCI.

Barcellona si è convertito in quanto la filosofia naturalista e l’evoluzione della specie non sono risposte soddisfacenti, non rispondono ad una logica razionale e conducono l’uomo verso un nichilismo e un relativismo senza ritorno, una sconfitta per l’uomo. In Italia, però, si tace e un sereno dibattito sulla nostra esistenza, sulla teoria di Darwin, su Dio e sull’uomo non è possibile. Le diverse partigianerie non contribuiscono ad un normale dibattito. La propaganda vince sulla discussione tralasciando il dovere oggettivo di ricercare la verità. Mentre nel mondo cadono i dogmi dell’800 e si promuove con diverse formule il ritorno ad una scienza in cui il progetto è fattore principale nella ricerca, in Italia si vietano convegni ed incontri televisivi per paura del contraddittorio.

 Trincerarsi dietro ad una fantomatica autorità accademica quando ormai l’Università italiana è declassata in tutte le classifiche mondiali è solamente la sconfitta della cultura e della scienza. Non dogmi ma reale comprensione seguendo la logica razionale, non sterili paradigmi ma volontà di ricerca della verità ecco la strada da seguire per essere ancora, come in passato, la luce della conoscenza e del sapere.

 
 
 

EVOLUZIONISMO

Caro amico mio.................. dialoghi minimi intorno ai sistemi

   Presentazione del saggio del Prof. Pier Maria Boria

edizione Pagine

19 maggio 2011 -ore 18,30

 presso la sala parrochiale di Via Sebenico, 31 - Milano -

Intervengono:

Pier Maria Boria

Don Angelo

 Marco Marsili

Luciano Lucarini

Fabrizio Fratus

 La teoria dell’evoluzione, nata oltre cento cinquanta anni fa, viene confrontata con le scoperte scientifiche recenti nei più svariati campi della biologia: dalla paleontologia all’embriologia, dalla biochimica alla genetica.  Alcune ipotesi originarie sono state smentite, come il gradualismo, e tutto l’impianto teorico viene messo in discussione, anche se, nelle sedi ufficiali, non se ne parla.

  Il prof. Boria si definisce un "Pocologo"  e si vanta solo di due cose:

saper scrivere in Italiano e saper spiegare bene quel poco che sa... 

 
 
 

IDIOTI

Post n°412 pubblicato il 18 Aprile 2011 da Fratus
 

di Andrea Marcon




Mi ripugna dover spendere parole per commentare quelle di esponenti di sodalizi totalmente sconosciuti ma comici già nel nome, quali “Associazione donne arabe in Italia” o “Associazione Musulmani Moderati in Italia”, o addirittura di personaggi come Maria Giovanna Maglie, “famosa” solo per lo scandalo degli esorbitanti rimborsi spese presentati da inviata del TG2 o per essere stata opinionista all’”Isola dei Famosi”. Certa gente meriterebbe solo un compassionevole silenzio. Quando però sono loro stessi a voler ridurre al silenzio gli altri, quelli che non la pensano come loro (ma verrebbe da dire “quelli che pensano” e basta), beh allora qualcosa bisogna dire.
Per chi non lo sapesse, questi apologeti dei diritti delle donne, dell’esportazione della democrazia e di altre amenità che da anni vengono sparse a piene mani dalla propaganda occidentale, si sono resi protagonisti di una crociata mediatica e giudiziaria nei confronti dell’ultimo libro di Massimo Fini, una biografia del Mullah Omar. Nel loro comunicato si leggono frasi che non si sa se definire tragiche o ridicole, come: “Dove si può mai trovare  grandezza in un uomo che professa da sempre l’odioso principio dell’inferiorità della donna, in un uomo che  fa saltare sulle mine i soldati che cercano di portare un minimo di libertà?” oppure: “A noi non piace la censura e amiamo la libertà d’espressione, ma ancor meno ci piace l’elogio del terrorismo e dell’oppressione della donna, tanto più in tempi così incerti e rischiosi”.
Si potrebbero dire molte cose, non solo sul Mullah Omar, sugli afghani, sui "nostri eroi" (nel testo dell’appello contro il libro si usa questo termine, ve lo giuro, per definire i soldati impegnati in Afghanistan) o sul concetto di terrorismo. Ma sono cose che chi ci legge sa benissimo e che una Maglie non sarebbe mai in grado di capire, anche perchè all’Isola dei famosi non gliel’hanno spiegata.
Oppure si potrebbe tornare sul tema, più volte affrontato anche in questo giornale, di quanto questi sedicenti democratici siano ormai avvezzi ad usare le armi tipiche dei sistemi ai quali dovrebbero opporsi, ovvero la censura e il rogo dei libri. In questo senso la seconda frase sopra riportata è veramente emblematica: noi siamo democratici, ma solo nei confronti delle idee che ci vanno a genio. Eh già, anch’io sono vegetariano quando devo scegliere tra un’insalata e una carota…
Ma anche su questo punto ripeteremmo cose già dette e ridette.
No, io voglio solo esprimere un’invocazione: ridateci gli assassini dichiarati, i colonizzatori che professano l’inferiorità delle etnie colonizzate, gli invasori che non fanno mistero di volersi impadronire delle ricchezze del territorio che depredano, coloro che perlomeno chiamano le cose con il loro nome. Di più: ridateci i persecutori dichiarati, quelli che bruciavano i libri nelle piazze, gli autori delle censure. Ci accontentiamo anche di quelli che agivano mascherando le loro iniziative dietro nobili ideali, ma che dentro di loro e tra di loro si dicevano chiaramente quello che erano e cosa volevano. Individui spregevoli, ma quantomeno consapevoli di ciò che erano e di cosa facevano. Insomma, ridateci quelli in malafede.
Al loro confronto, le Maria Giovanne Maglie, le sedicenti donne arabe in Italia, i musulmani che si premurano di dichiararsi moderati, sono nemici molto più pericolosi ed intollerabili. Perché l’avidità, la crudeltà, la malvagità sono colpe gravi, ma l’idiozia è di gran lunga più devastante.

 
 
 

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