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La mia tesi- Primo capitolo... UDIRE LE VOCI...

Post n°38 pubblicato il 04 Novembre 2009 da mizomarea
 

 

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Partendo dal presupposto che non esiste malattia mentale che non sia stata considerata in passato normale o che non lo possa diventare in futuro, dato che la scelta è quasi totalmente di tipo culturale e sociale, in conclusione sembra essere soltanto una questione di punti di vista. Prendiamo in considerazione una comunità di spiritisti che accoglie una persona che, ipotizziamo, sia in contatto con un parente defunto. La comunità lo ascolterà, valorizzerà il suo vissuto e cercherà di supportarlo nella comprensione di quest’ultimo, essa infatti crede in questo tipo di conoscenza e non la condanna nè la da per falsa; al contrario pensiamo alla stessa persona che riporta le sue vicissitudini nello studio di uno psichiatra, molto probabilmente ne uscirà più confusa di prima ma con la certezza di avere un qualche tipo di male mentale di difficile spiegazione che è necessario eliminare per poter tornare ad essere… cosa? Se l’uomo è “esperienza” in senso ampio, negandola non si nega forse anche l’uomo? Parimenti accadrebbe ad un individuo che ha un contatto divino con la “Vergine Maria ” , una comunità cristiana non indugerebbe un attimo ad accogliere un “fratello” che possiede questo “dono”, sincerandosi si della veridicità di tali affermazioni, ma non certo negandole, o zittendole. Ebbene è probabile che anche quest’ultimo, una volta entrato nello studio del solito psichiatra, ne esca con il bagaglio del precedente, forse un po’ alleggerito dalla colpa se il dottore di turno fosse cristiano. Non voglio generalizzare né fare processi, le cose per fortuna stanno cambiando ed anche nell’ambiente psichiatrico, in parte, ci sono persone che lavorano a questo cambiamento, perché ci credono ed hanno osservato con i loro occhi, una volta aperti, che ci può essere un’alternativa alla diagnosi frettolosa ed all’associazione immediata con il farmaco, anche se a volte necessaria. Al riguardo basti pensare all’omosessualità, che fino a qualche decennio fa si trovava nel DSM con un posto di rilievo e che con il tempo ne è uscita, vista la possibilità di essere accettata come normale comportamento umano.

Come mostra J.Jaynes nel “Crollo della mente bicamerale” il sentire le voci può essere visto come una modalità parallela di funzionamento del nostro cervello e di conseguenza della nostra coscienza, quindi non come una patologia, ma come una diversa possibile percezione della nostra mente. Capire che per molto tempo questo fenomeno è stato normale, essendo percepito come tale e che spingendo l’uomo a decidere della sua esistenza, può certamente essere d’aiuto nell’ affrontare lo sconforto e la paura di fronte a tale esperienza, questo non sarà sufficiente a guarire, ma costituisce un buon punto da cui partire.

Torniamo alle voci, quello che convince l’uditore e lo spinge ad ascoltarle più di altre “reali” , è l’identità di tale fenomeno che si rivela nelle azioni che compie e nella coerenza di ciò che dice. Ciò fa parte del rapporto che l’uomo ha con l’invisibile, la ricerca di dati che ne provino l’esistenza e la natura. Questo avviene sia per i santi correlati ai loro prodigi, sia per gli oracoli per le loro premonizioni, sia per i capi di una setta satanica per i messaggi demoniaci di cui i membri diventano messaggeri. Il loro potere e autorità verso di noi, deriva spesso dalla loro capacità sovrannaturale di anticipare fatti e giudicare persone. Pare che non possa esistere un dialogo con loro, privo di prodigi, ma solo rumore, caos, che porta ad impazzire. Di contro concordo con G. Bucalo quando dice che, se si instaura un dialogo con la voce, anche solo rispondendo ad una sua domanda o facendone noi stessi a lei, evitiamo di farla “innervosire”, evitiamo che ci accusi e ci critichi per questa nostra decisione di non volerla accettare. Riporto una piccola testimonianza ripresa dal testo di Bucalo ( “Sentire le voci” ,dal sito di Antipsichiatria on line) di una persona che ha provato ad ignorarle: “Alla fine decisi di ignorare le voci e chiesi loro di lasciarmi in pace. Nella mia ignoranza scelsi il modo sbagliato di affrontare il problema. Non si può mettere da parte qualcosa che esiste all’interno di te stesso e che si manifesta così viva. Ovviamente, tutto fecero meno che lasciarmi in pace.” Questa testimonianza mette in luce l’importanza della forza del linguaggio nella creazione del reale. Non è possibile parlare di qualcuno se non si prende in seria considerazione il tutto che lo rappresenta. In quest’ottica ci troviamo di fronte a persone (con delle capacità diverse dalle nostre) che parlano con altre persone (del tutto eccezionali, le voci).

La psichiatria tramite la negazione di questo, spesso è riuscita a trasformare atti altrimenti vissuti come violenti o tremendamente ingiusti, in strategie e tecniche terapeutiche: “ciò che avrebbe rilevanza penale viene considerato un atto scientifico e terapeutico” (T.Szsaz, cit. “Sentire le voci”, G. Bucalo, sito di antipsichiatria, libri on line).

Dobbiamo invece, per usare sempre un termine caro al Dott. Szsaz, evitare di cadere nella dittatura percettiva imposta ai nostri sensi per quanto riguarda il riconoscimento di cosa è reale e cosa non lo è, poiché su questo non può esserci imposizione, nonostante ogni giorno viviamo il reale scelto dalla comunità, non solo perché possiamo farlo, ma anche perché dobbiamo per essere integrati ed accettati. E’ come se ad un certo punto della storia dell’uomo e precisamente nella nostra epoca si sia tentato di negare questo tipo di esperienza, impedire un confronto con essa con l’ausilio di personale specializzato nell’abnegazione, formato per far si che l’imprevedibile venisse prevenuto, con l’utilizzo di strumenti di dubbia efficienza terapeutica, ma di sicura efficienza distruttiva (elettroschok, ecc…).

Posso citare anche Padre pio che indubbiamente ha contribuito al consolidamento della sua comunità ed alla manifestazione terrena di forze pensate soltanto nelle mani di Dio e divenute umane grazie alla sua persona, o Giovanna D’ Arco la quale tramite “l’ allucinazione uditiva” riuscì a portare il suo popolo in battaglia, tramite la forza e la sicurezza indotta da qualcosa che nulla aveva di umano.

Appare comprensibile che le voci prendano le “sembianze” di Dei o Demoni perché è nel nostro immaginario collettivo, o inconscio collettivo per citare C. G. Jung, che queste immagini archetipiche sono depositate, fin dall’infanzia attraverso le storie che ci sono state tramandate. Essendo stato proprio l’uomo a tramandarle, è molto probabile che in una qualche forma le abbia vissute (si tratta ovviamente di un ipotesi); ricordo che, secondo la nostra ipotesi principale, “noi siamo i conoscitori, tutto è presente nella nostra mente, tutto è conosciuto a livello inconscio” , se questo si manifestasse, il nostro cervello sfrutterebbe appieno tutte le sue potenzialità ed a noi sarebbe concesso di vedere al di là della semplice percezione del reale condiviso che ci da la possibilità di vivere nel modo che conosciamo e forse, dovremmo ripensarlo totalmente. A questo punto citerò una frase di C. Castaneda, ripresa dal Don Juan ,”A scuola dallo stregone”,che dice: ”le alternative umane sono ciò che siamo capaci di scegliere, come persone. Hanno a che fare con il livello del nostro raggio d’azione quotidiano, il conosciuto e pertanto sono piuttosto limitate in numero e portata. Le possibilità umane, d’altro lato appartengono all’ignoto. Non solo quello che noi siamo capaci di scegliere come persone, ma quello che siamo capaci di conseguire come esseri umani”. Detto questo è supponibile che gli uditori di voci abbiano una potenzialità in più, limitante per il nostro modo di pensare ed agire ma biologicamente dimostrata dalla loro attivazione cerebrale, nell’area dell’emisfero sinistro di cui ho già parlato, che non si verifica in altri soggetti. Attivandosi una parte “normalmente” inattiva, ci troviamo di fronte ad una nuova possibilità che non è dato di sperimentare a tutti, più che un limite ai miei occhi questa diviene una potenzialità che è necessario imparare a conoscere e soprattutto non “demonizzare” .

Anche la scena psicoanalitica mostra chiaramente come in ogni uomo due componenti siano fondamentali, quella del sentire, del desiderare (Es) e quella dell’agire, del dover essere o fare (Io) e come, usando la metafora del teatro del palcoscenico come vita, noi attori difficilmente riusciamo a controllare le scelte nascoste che guidano le nostre decisioni e a sfuggire ai ruoli che il nostro Sé inconscio ci vuole far recitare, di come quest’ultimo sceglie di mettersi in contatto con noi, mentre ci accingiamo a recitate parti del nostro passato (Joyce Mc Dougall, Teatri dell’io, 1982). Siamo una moltitudine, le voci sono certamente una parte di questo mondo inesplorato che riconduce al nostro inconscio e improvvisamente decide di manifestarsi, come un personaggio a noi sconosciuto che però ha sempre fatto parte di noi e che ora diviene fondamentale conoscere, per conoscere noi stessi e per instaurare quel processo di guarigione tanto agoniato dai professional.

Le voci ,ci conoscono in ogni nostra sfumatura, ci entrano in testa, si intrufolano nei pensieri, nei sogni, toccano ogni piccola ferita insomma fanno parte della vita interiore di chi ne sperimenta l’esistenza, di conseguenza una maggiore consapevolezza può portare ad aumentare il potere su di loro. Come dice Bucalo lavoriamo innanzi tutto con il buon senso e con quello che ci suggerisce, per giungere alla nostra personale recovery.

Questo fenomeno si riscontra anche nelle persone affette da sordità grave e diagnosticate schizofreniche, come mostra lo studio di J. Jayne a tal proposito (“Il crollo della mente bicamerale”, pag. 119-120) e serve a far ancora più chiarezza sul fatto che quest’esperienza sembrerebbe essere più cerebrale che non sensoriale, il che dal punto di vista dell’esistenza umana appare più come la sensazione di essere posseduti, o abitati.

Il buon senso quindi suggerisce di muoversi con cautela, da parte dei professional, nelle diagnosi e nelle cure farmacologiche che appaiono di indubbia utilità in alcuni casi, ma di dubbia in altri, quando si tenta in qualche modo di nascondere un fenomeno, che come ho già detto più volte non può essere fatto tacere e quindi è bene che si manifesti nella sua realtà, a noi che siamo ciò che realmente siamo.

Per riallacciarsi all’inizio del capito e concludere questo tragitto storico e culturale sulle voci riprendiamo il concetto della scissione in due parti della mente dell’uomo bicamerale e accostiamola alla mente di uno “schizofrenico” che ode le voci oggi, un uditore di voci. Bene, solita scissione tra reale ed illusorio, solito meccanismo creato dal cervello sottoposto ad un forte stress, l’unica strada possibile per ridurre la scissione, in passato come oggi, appare il dialogo tra le due parti, una presa di coscienza e di responsabilità, un percorso personale e sociale di accettazione e comprensione, che si allontana sempre più dalla demonizzazione odierna o passata. Un classico esempio potrebbe essere la persecuzione avvenuta contro Gesù, mentre dei suoi miracoli meravigliava il mondo. Per superare questo il percorso sarà personale e comunitario. Personale poiché è il soggetto in prima persona a dover essere protagonista, attore attivo di questo processo, senza delega alcuna, sostegno, ascolto, psicoterapia, ma non delega. Comunitario perché soltanto riuscendo a cambiare mentalità in termini comunitari su questa problematica, come in altre, sarà possibile dare maggiori opportunità a chi volesse consapevolmente affrontare questo viaggio non essendo costretto a nascondersi per farlo, cosa che non faciliterebbe certo questa opportunità, Gesù non si è mai nascosto e questo lo ha portato alla morte. Oggi non dovrebbe essere più necessario morire (anche in senso lato).

Nel secondo capitolo metterò in luce come attraverso i gruppi di auto-aiuto, che tra breve descriverò nella loro organizzazione, si offra questa possibilità e come attraverso l’utilizzo di un manuale personale, creato da un uditore voci, si renda reale il concetto spesso astratto di guarigione, intesa come riappropiazione del potere personale sulla propria vita, partendo dalla forza interiore che esiste dentro ognuno di noi,iniziando cioè dal concetto di Empowerment per sviluppare quello di recovery(Ron Coleman, ”Guarire dal male mentale”, 2001”). Per empowerment si intende il processo attraverso il quale potenziare gli utenti, sviluppando le risorse che già risiedono dentro di loro. Per chi crede nel potere personale di ognuno come risorsa unica ed essenziale verso la recovery è una nozione fondamentale. Il potere è un diritto e va preso, in ogni categoria che creda fino in fondo al suo fine, che spesso è la normalizzazione di un fenomeno, che ricerchi qualcosa di importante e legittimo per se e per chi sperimenta la stessa situazione. Come, per esempio, è avvenuto per i Gay, ora per gli uditori di voci e per il processo di guarigione, domani chissà chi sarà a dover lottare per la propria libertà.

 

 
 
 
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