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Tesi -udire le voci- Primo capitolo....

Post n°39 pubblicato il 04 Novembre 2009 da mizomarea
 

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Parlerò ora del carattere che le voci assumono per chi ne fa conoscenza. Innanzi tutto la voce o le voci hanno un esordio improvviso magari inizialmente sotto forma di un pensiero o di un brusio disturbante, per poi arrivare ad essere percepite come tali, reali, vivide. Inizialmente un soggetto che ne fa esperienza è costretto ad ascoltare senza riuscire a dare un senso, senza trovarne una ragione, quindi con grosso disagio e difficoltà sul da farsi, tentando istintivamente di negarle, oggi più che mai per non dover credere di essere matto. Questo giacchè non siamo capaci di andare al di là di ciò che percepiamo come realtà condivisa, che sicuramente, potrebbe entrare a far parte della nostra esperienza, dato che già ne fa parte. Intendo dire che dobbiamo vedere il fenomeno dell’udire le voci come una possibile esperienza di comunicazione, simile ad altre magari più consuete, a cui siamo certo più abituati, per esempio parlare con un amico, un parente, un dottore.

Già in epoche antiche o leggendo testi del calibro dei poemi Omerici, appare chiaro quanto le voci abbiano sempre mantenuto la loro autorità e la loro autorevolezza nei confronti di chi ne sperimentava l’esistenza. Proprio nei poemi sopra citati si nota come i protagonisti siano ben lontani da una coscienza decisionale propria e come a guidare le loro azioni, intenzioni, volontà sia qualcun altro, qualcuno al di sopra dell’essere umano, un’ entità che attraverso la voce e l’immagine li porta a muoversi in avventure epiche. Ma come le voci riescono a creare e mantenere autorità ed autorevolezza nella mente delle persone?

Seguendo il pensiero di G. Bucalo, direi che questo accade per due ordini di motivi: perché le voci appaiono “disincarnate” e “sensate” a chi ne fa esperienza; non c’è niente di più vicino ad una persona della voce che sente, proprio perché è da lui che si genera (“Sentire le voci”, G. Bucalo, dal sito di antipsichiatria). Cercherò di spiegarmi meglio, per poi indirizzare l’attenzione sul perché è necessario instaurare un dialogo con loro per intraprendere un percorso comune di recovery (Ron Coleman, “Guarire dal male mentale”). Gran parte della loro autorità nasce dal fatto che appaiono come portatrici dei nostri più intimi desideri, segreti e sembrano conoscere ogni nostro punto debole. Le parole le conoscono bene, per farsi ascoltare, per attirare l’attenzione, ovviamente perché parlando di noi ci danno prova di conoscerci, appunto. Quello che sembra chiaro fin da subito è che non è possibile nascondersi, ci troverebbero, non serve sedarle o toglierle, se mai si potesse… torneranno, quindi a mio parere, condiviso dagli autori da cui ho preso spunto di riflessione, conviene affrontarle per cercare di comprenderle, cosa che, senza un dialogo con loro, sarebbe impossibile. Sembra che nulla possa essere celato alla voce. Il perché? Probabilmente perché possiede la capacità di pensare i nostri pensieri e a volte anticipare le nostre decisioni, ”l’invisibile abita i nostri pensieri ed i nostri segreti.” (G. Bucalo, “Sentire le voci”, dal sito di antipscichiatria, libri on-line). Un’ altra caratteristica che mi è stata descritta personalmente da un ospite della casa famiglia dove lavoro, sembra essere la “concentrazione” che le voci hanno, sempre presenti, attente a differenza degli altri “pensieri” della mente, più sottoposta a sbalzi della concentrazione e più facilmente distraibile, come di norma nella vita di tutti i giorni. Si instaura un processo in cui è la voce a tenere sotto controllo la persona, pur essendo parte di essa come altri “sensi”, continuando ad aumentare il proprio potere. Essa si ricorda bene come si accede ai vissuti più drammatici e traumatici della persona e la sua concentrazione è tale da riuscire a distrarre chiunque la senta in maniera continuativa. Questa testimonianza di “uditore” mette in luce quando sia difficile per queste persone riuscire ad avere controllo su di sé, quando non riescono a pensare ad altro che alla voce, poiché è quest’ ultima a chiedere tutte le attenzioni.

Qui il problema per la società è legato al fatto che, se chi “ode” si muove in relazione a quest ’ esperienza, può o potrebbe smettere di lavorare, decidere di allontanarsi dalla sua famiglia, commettere atti apparentemente insensati. Questo spaventa, crea instabilità e porta a cercare di eliminare la causa, senza prendere in considerazione però, che essa è molto più complessa della manifestazione di un sintomo, ed è proprio l’essere umano a tenerla custodita dentro di sé, quindi appare riduttivo se non a volte inutile cercare di eliminarla immediatamente come un semplice mal di denti. Con questo non voglio affermare la “psicofarmacologia” è una branca della medicina inutile, anzi in alcuni casi può essere molto utile, però c’è il bisogno di un criterio diverso da quello del: “addormentando i sintomi si risolve il problema”, perché questo non è vero, la “patologia” vaga in uno stato alterato di coscienza prodotto dal farmaco… e lì resta… a vagare.

(Naturalmente mi sto riferendo in particolare alla categoria di farmaci detti neurolettici o antipsicotici creati proprio per far fronte al problema delle allucinazioni.)

Comunque nella malattia mentale comunemente definita schizofrenia, la voce o le voci riescono ad instaurare con l’uomo qualsiasi tipo di rapporto: conversano, minacciano, consigliano, criticano, possono intimidire, consolare, ordinare, piangere, ridere, urlare…tutto questo molto lentamente e chiaramente alcune volte, altre come in un orchestra dove tutti suonano a caso e non si riesce a percepire il senso di ciò che ascoltiamo.

Concordo con il pensiero di G.Bucalo ( “Sentire le voci”, sito di antipsichiatria, libri on -line) quando dice: “non c’è niente che noi possiamo pensare o fare che non sia già nelle nostre possibilità umane” . I consigli che seguiamo, possiamo supporre che siano già presenti dentro di noi, facendo parte della nostra storia, per questo le voci hanno la possibilità di pensare al nostro posto, di dire cose che altrimenti non diremmo mai, fino ad arrivare al paradosso di poter scegliere per noi, quando in realtà siamo sempre noi gli artefici dei nostri vissuti.

Oltre a ciò, come avevo detto in precedenza “la voce” sembra possedere un’altra caratteristica fondamentale, quella di apparire agli “occhi”, o meglio alle orecchie, di chi ne fa conoscenza come disincarnata, cioè senza corpo, come un’entità invisibile. Non è possibile ricondurre una voce ad un corpo perché esso non è presente, così la voce acquista potere nei confronti dell’ uditore non potendo essere fermata, zittita, o semplicemente allontanata, soprattutto perchè nel nostro immaginario l’essere invisibile è il principio di tutte le cose del creato e, allo stesso tempo, distruttore del reale (G. Bucalo, “Sentire le voci”, sito di antipsichiatria, libri on line).

Il potere che noi attribuiamo alle voci non è dissimile da quello che immaginiamo abbiano entità invisibili che influenzano la nostra esistenza. Crediamo seriamente che chi non ha corpo abbia di fatto accesso alla conoscenza delle leggi che regolano la vita. Non solo, crediamo anche che possa avere influenza sulla nostra vita. L’essere umano ha sempre creduto alle presenze immateriali che determinano gli eventi umani. Ha sempre creduto che essi vogliano e possano modificare la realtà in cui viviamo. Angeli, folletti, demoni, dei hanno spesso deciso per gli uomini e per il loro destino. Tra le voci e noi esiste una differenza, condividiamo sì la stessa realtà ma abbiamo e agiamo esistenze e possibilità diverse. Quindi appare evidente come alle voci non sia permesso agire sulla materia se non attraverso di noi.

Come possiamo immaginare l’esperienza dell’udire le voci può, anche se non come regole fissa, stravolgere la vita di chi ne fa esperienza, soprattutto se si viene allontanati e fraintesi dalla società in cui ci siamo trovati fino a poco prima a vivere in “armonia”.

Spesso quando siamo costretti ad intraprendere un viaggio personale e spirituale, dobbiamo allontanarci da tutti, in maniera particolare da chi ha contribuito nel tempo alla creazione della nostra identità (genitori, amici cari, ecc…) e proseguire in un cammino che inizialmente non sappiamo dove ci porterà, per poi ricondurci, se intrapreso consapevolmente ad una maggiore conoscenza interiore. In modo analogo si muovono le voci verso chi le ode, chiedono un percorso simile di conoscenza profonda del nostro essere.

Tale viaggio si potrebbe paragonare a quello intrapreso da San Francesco per liberarsi della ricchezza materiale che il suo stato sociale prevedeva, per ritrovare invece quella ricchezza spirituale di cui aveva bisogno nella realizzazione di se stesso, per poter comprendere la parola di Dio che parlava alle sue orecchie, invitandolo a oltrepassare il materiale fino ad arrivare allo spirito e una volta raggiuntolo con dedizione e sacrificio, divulgare la sua “Parola” attraverso il mondo. Tutti sappiamo quale fu l’impatto di quest’uomo guidato dalla voce di Dio sul mondo, basti pensare che l’ordine religioso dei Francescani è presente tutt’oggi. Gli Sciamani, stregoni del continente americano, pur inducendosi stati alterati di coscienza con l’utilizzo di droghe psicotrope, su suggerimento di voci e visioni svolgevano e svolgono un ruolo fondamentale per la sopravvivenza della loro popolazione e la loro funzione etica e sociale si basa ed è nobilitata proprio dall’utilizzo di tali mezzi.

Anche l’esperienza mistica ha nel suo patrimonio il rapporto con le voci e il dialogo con esse. I cristiani lo chiamano discernimento,un fatto etico e non scientifico. I mistici non negano la realtà della loro esperienza e così fanno anche gli uditori di voci che riescono a gestirle. Per fare ciò è importante che la persona superi ogni pregiudizio circa la sua sanità mentale e la concretezza della sue percezioni.

Come ho detto inizialmente possiamo sostenere che le allucinazioni degli schizofrenici siano simili alle direttive date dagli dei nell’antichità (J.Jaynes “Il crollo della mente bicamerale”, pag. 122) e se esse sono originate da un esposizione a forte stress, appare chiaro che non essendo un fenomeno generalizzato, ci devono essere delle differenze nella soglia di sopportazione a tali tensioni, da individuo a individuo, questo fa si che una soglia più bassa sia presente nei soggetti schizofrenici odierni,come negli uomini di allora e questo ne rafforza l’unicità e la straordinarietà.

Le voci rappresentano quindi una “guida” reale, perché tale risulta a chi ne fa esperienza, tanto da mettere in secondo piano, per esempio, la voce degli interlocutori che la persona si trova di fronte e che non riesce ad ascoltare, perché distratto,quasi attratto dall’altra, più determinata a farsi dare attenzione.”Se quella non è una voce reale, allora neanche voi adesso state parlando con me.””Per me è molto più facile ascoltare la voce, che lei”. (J.Jaynes “Il crollo della mente bicamerale”, pag. 124).

Soffermiamoci ancora su altri paralleli tra l’oggi e i tempi antichi illustrati da J.Jaynes: pensiamo ad un uomo che sta passeggiando in riva al mare ed ad un certo punto sente chiaramente una voce che lo ammonisce, lo deride, lui si volta credendo che sia qualcuno vicino a lui a parlare ma non scorge nessuno.

Poco dopo la voce che improvvisamente era sparita, ricompare, più forte, vivida e con un messaggio preciso:”non vali niente, entra in mare e lasciati affogare!” L’uomo si allontana dal posto in cui si trova, sperando che la voce non torni, ma essa torna, questa volta con un intensità tale da sembrare che il corpo si trasformi in un orecchio, le dita, le gambe, tutto gli parla e continua a metterlo di fronte alla sua pochezza, alla nullità che è e lo spinge a buttarsi in acqua come ultima possibilità. L’uomo si butta ma per fortuna viene salvato, e così racconta la sua esperienza. Anche Agamennone finisce per obbedire al tremendo comando di Zeus che gli ordina di sacrificare la giovane figlia Ifigenia. Così Achille, dopo il torto subito da Agamennone, mentre è sotto stress per la decisione da prendere, lungo il grigio mare, vede nella sua allucinazione Teti che esce dalle nebbie ( J. Jaynes, “Il crollo della mente bicamerale”, pag. 123). Questa è la storia delle voci! Questo serve a dimostrare che è dall’uomo e con l’uomo che questa condizione si manifesta ed è ormai da secoli presente nella vita degli individui che popolano la terra. A differenza del passato, oggi esistono classificazioni psicopatologiche dove entrerebbero ad onorem molti dei personaggi trattati in precedenza.

Di questa storia lunga un’eternità fanno parte anche numerosi poeti come S.T.Coleridge, che afferma che i cinquantaquattro versi del suo poemetto Kubla khan , gli erano stati dettati in uno stato di allucinazione durante la convalescenza solitaria seguita ad una malattia. Mallarmè dice che “noi non parliamo, siamo parlati” , alludendo alla sua creatività poetica. A. de Lamartine, lascia scritto “non sono io a pensare, sono le mie idee a pensare per me”, altra testimonianza di esperienza di allucinazioni uditive ( Psicologia contemporanea N. 166, art. “Pensieri che parlano”, pag. 12 ). E’ impossibile non citare “A scuola dallo stregone” di C. Castaneda, dove l’autore e protagonista del racconto, grazie agli insegnamenti di uno sciamano, riesce ad avvicinarsi alla parte più profonda di se stesso attraverso pratiche mistiche ed allucinatorie. Nel testo sacro cristiano, la Bibbia, sono spesso le voci a raccontare e a far agire i protagonisti, compreso Gesù, attraverso le parole, il suono, la voce di qualcun altro che non è mai il soggetto in questione. Lo stesso nei Poemi Omerici dove i personaggi sono mossi da entità superiori, anziché dalla propria coscienza consapevole, come accade oggi. Fondamentale e molto interessante sarebbe riuscire a capire il perché per taluni la voce diviene una guida spirituale e per altri no, un’ ispirazione per alcuni, per altri invece una dannazione e un dolore insopportabile, il diavolo. Il caso? Probabilmente i traumi in età sensibile associati ad una bassa soglia di sopportazione stressogena portano a questa differenziazione, ma ribadisco, il condizionale in questo caso diviene un obbligo.

Perché il suono? Poeti, oracoli, posseduti, semplici casalinghe, scienziati.. Perché il suono? Non possiamo ignorarlo o controllarlo, in definitiva non possiamo chiuderci le orecchie, possiamo tentare di smorzare i rumori, ma non eliminarli; l’udito è la meno controllabile fra tutte le modalità sensoriali ed il linguaggio è il risultato più complesso ottenuto dall’evoluzione biologica. (J.Jaynes, “Il crollo ella mente bicamerale”, pag. 126).

Negli studi effettuati da J.Jaynes emerge che, in comunicazione con l’area del linguaggio situata nell’emisfero sinistro dominante (area di Wernicke) adibita al linguaggio normale, ce ne sia un ‘altra nell’emisfero destro (non dominante) un’area da lui definita allucinatoria, che prende le informazioni attraverso la commissura anteriore che si collega all’area di Wernicke. Quindi le allucinazioni uditive esistono in forma linguistica perché questo è il modo più efficiente per far passare i prodotti di complesse elaborazioni corticali da un emisfero, all’altro (J.Jaynes, ”Il crollo della mente bicamerale”, pag. 135). Il linguaggio può selezionare e mediare ciò che pensiamo, per permetterci di dire solo ciò che vogliamo o possiamo in un determinato contesto, aiutandoci ad avere un controllo sulle nostre relazioni. Riflettiamo un attimo, se ognuno di noi esponesse tutto ciò che pensa in ogni situazione in cui si trova, sicuramente resterebbe ben poco della nostra vita relazionale e sociale che tanto ostentiamo. Non sono i pensieri ed i sentimenti che riusciamo a controllare, ma soltanto la loro espressione nel tempo, in linea con ciò che pensiamo di noi stessi e sulla base delle aspettative che gli altri ripongono nei nostri confronti. Questa parte di linguaggio inespresso che abbiamo dentro di noi, le emozioni, i sentimenti, vanno a depositarsi, in chiave psicoanalitica nel nostro spazio più segreto, l’ inconscio. Ebbene questa parte condivide lo stesso spazio fisico nostro, ma ha probabilmente una storia ed una voce diversa da quella che siamo abituati a sentire, o meglio a far sentire.

Confucio diceva: “La via più semplice per uscire è la porta, ma nessuno sembra usarla” ( G. Bucalo, cit. Confucio, “Sentire le voci”, sito antipsichiatria, libri on line). Di fatto, dovrebbe apparire banale a chi ode la voce domandare “chi sei?”, ma questo spesso basta per fare una diagnosi di malattia, invece di diventare la strada maestra per la guarigione. Ignorare la voce è inutile e controproducente oggi come lo era in passato, in esperienze “Bicamerali”, a logica, se qualcuno parla vuol essere ascoltato, di contro chi si accorge di non esserlo può stizzirsi quanto meno. Ovviamente la prima strategia per far fronte a questo tipo di problema è proprio la fuga, la distrazione, comportamenti però che tendono a negare il problema e che non lo risolvono, anche se sono comunque leciti e comprensibili. Molti utilizzano droghe legali o non per abbassarne l’intensità, ascoltano la musica a tutto volume per cercare di zittirle, ecc… .

L’intento di questo lavoro, al contrario, è quello di valorizzare l’importanza della presa di coscienza e della riappropriazione del potere personale, nell’esperienza dell’udire le voci.

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