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Destinazione Francoforte - Cap. 3° - I primi mesi (terza Parte)

Post n°11 pubblicato il 24 Giugno 2008 da Biscottu_che_Mennuli
 

I giorni passarono in fretta.  Ben presto arrivò il Natale. Il ristorante lavorava bene, c'era sempre molta gente. Tra queste, una coppia di tedeschi, molto distinta, sulla quarantina e con un un pastore tedesco, venivano spesso, sopratutto la sera.

Lei era bionda, molto bella, dal fisico asciutto e con un bel sorriso. Anche lui aveva un fisico asciutto, un pò brizzolato ed estremamente educato. Il cane poi sembrava finto. Si accucciava sotto il tavolo e lì stava, senza muoversi, fino a quando andavano via. Anche lui molto educato.

Piano piano feci amicizia con loro. Lei era molto gentile nei miei confronti, mi chiese da dove venivo, da quanto tempo mi trovavo qui. Le solite domande di rito. Fin quando la conversazione si basò su argomenti generali, riuscivo a rispondere in tedesco. Quando poi, col passare dei giorni, parlammo di altre cose, lei notò che cominciavo ad avere dei problemi ad esprimermi, così parlavamo in inglese, fu molto più facile per me approfondire gli argomenti, conoscevo più vocaboli e l'inglese era molto più facile rispetto al tedesco. Molti tedeschi parlavano inglese e quando ero in difficoltà accettavano volentieri di conversare in inglese. Per questo i tedeschi mi erano e sono tutt'ora simpatici.

Quando venivano ero io che li servivo. Con loro ebbi il battesimo del fuoco e cioè quello di spinare il pesce che fino ad allora avevo visto fare a Michele o Riccardo. Così, un giorno, davanti alla coppia e con l'ombra di Michele alle mie spalle che mi osservava, mi apprestai a fare lo stesso. In quell'occasione fui molto agitato. Non volevo fare brutte figure, tantomeno farmi rimproverare da Michele, che sembrava non aspettare altro.

Una volta pulito il pesce, lo sistemai nei piatti imn modo da presentarlo in maniera elagante ai clienti. La signora mi guardò con profonda simpatia, sorrise e mi strizzò un occhio come per dire : "C'è l'hai fatta, hai superato la prova con successo". Fui molto contento. Apparentemente fu una cosa banale lo ammetto, però era un piccolo successo per me.

Il giorno di Natale il ristorante era al completo.  Molte persone avevano prenotato per il pranzo.  Ci demmo molto da fare. La coppia di "amici" era presente con altri ospiti. Oramai mi chiamavano per nome ed io ero contento di servirli in esclusiva. Andò tutto liscio se non fosse per Michele che, avendo notato che avevo acquisito più fiducia in me stesso e che mi muovevo sempre meglio, senza fare errori, mutò in peggio il suo comportamento nei miei confronti. Sempre più sgarbato, usando perennemente un tono di comando estremamente fastidioso.

In sostanza, cominciò a mostrare una certa insofferenza nei miei confronti. Così quando capitava che facevo qualche errore, lui era sempre pronto ad enfatizzarlo, in modo da mettermi in cattiva luce con il proprietario, il figlio di Giovanni. Riccardo aveva proprio ragione, era l'esempio perfetto di un superiore a dir poco, perfido, meschino. Oramai entrambi ci facevamo antipatia.

  

Per quanto mi riguardava, cercavo di evitare ogni discussione. Evitavo di rispondere o di mostrarmi a mia volta sgarbato. Lui, forse perchè non reagivo, sembrava accanirsi di più nei miei confronti. Era dura alle volte, stare zitto di fronte alla sue provocazioni.

Subito dopo Natale litigammo di brutto. Tutti i miei propositi di controllarmi andarono a farsi benedire. Capitò infatti che mi ordinò di prendere dei vassoi con delle pietanze appena cucinate da portare al tavolo.  Andai in cucina ed il cuoco mi disse di stare attento perchè erano ancora caldi, così presi due tovaglioli di stoffa per diminuire il calore nelle mani.

Quando Michele mi vide entrare in sala con un pò di ritardo, secondo lui e mi vide le mani avvolte nei tovaglioli che tenevo i due vassoli, mi rimproverò di brutto. Sia per il ritado, sia perchè a suo dire, non era bello vedermi mentre portavo i vassoi in quel modo. Mi disse che un "vero" cameriere, ha i calli nelle dita che fanno da cuscinetto evitando così di bruciarsi le mani. Detto questo prese a mani nude i vassoi e li portò al tavolo come se niente fosse.

Mi sentii veramente umiliato per come mi trattò. Covai tanta rabbia dentro che non potete immaginare. Stavo dando il meglio di me stesso e quest'imbecille non perdeva occasione per umiliarmi. Sul momento evitai ogni discussione perchè il ristorante era pieno di clienti, ma successivamente, con il locale vuoto e prima che ci sedessimo a tavola, lo affrontai una volta per tutte.  Gli dissi che era una persona meschina, maleducata e che se si fosse permesso nuovamente di trattarmi il quel modo lo avrei steso a pugni, parola mia. Ultimai la frase spingendolo leggermente all'indietro.

Lui non aspettava altro. Vistosi affrontato direttamente, in presenza di tutto il personale, andò in escandescenza. Ci separarono perchè stavamo per suonarcele. Cominciò a gridare, a minacciarmi di farmi mandare via, telefonò a Giovanni per raccontarli tutto.

Quel giorno non mangiai. Uscii dal locale, furioso, accompagnato da Riccardo che cercò di consolarmi dicendo che avevo  fatto bene a reagire, che Giovanni avrebbe capito la mia reazione e mi avrebbe dato ragione. Andammo nel parco e mangiammo due panini presso un chiosco. Provai a rilassarmi e godermi quel momento di quiete.  Pensai che era meglio ritornare a Francoforte con Giovanni, piuttosto che rimanere nel ristorante del figlio. Ne avrei parlato con lui al più presto. 

La sera ripresi servizio senza dire una parola. Anche Michele evitò di parlarmi. Il figlio di Giovanni era assente in quei giorni e così l'indomani sarebbe passato il padre per chiarire la situazione.

Fine terza parte

 
 
 
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