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MALATTIE DI INTERESSE
Oggi, mercoledì 5 aprile 2011, si è svolta la conferenza del professor Alberto Maleci, direttore della Cattedra di Neurochirurgia dell’Università di Cagliari. Il tema trattato è stato quello delle”Malattie di interesse neurochirurgico nell’anziano”, con riferimento, prima all’Idrocele e poi alle Fratture craniche e, particolarmente, alle problematiche connesse con l’Ematoma Epidurale. La relazione ha avuto inizio con la presentazione di una sintetica storia della Neurochirurgia. La Neurochirurgia, una delle branche più "moderne" della medicina, ha in realtà una storia molto antica. Infatti già nel periodo neolitico (7000 a.C. - 3000 a. C.) gli archeologi hanno trovato i resti sia in Europa che nelle Americhe di trapanazioni craniche. I motivi di tali pratiche sono ancor oggi oscuri ma sicuramente in alcuni casi i "pazienti" erano sopravvissuti a tali trapanazioni. In molti casi le trapanazioni venivano eseguite per motivi religiosi (uomini posseduti da spiriti maligni) o anche venivano praticate dopo la morte del soggetto, ma talvolta, dai resti rinvenuti, è possibile supporre anche uno scopo terapeutico. Il primo documento ufficiale riguardante la Neurochirurgia è un papiro Egizio del VII secolo a.C. nel quale veniva descritta una accurata anatomia del cranio e della colonna vertebrale e nel quale venivano trattate molte patologie di interesse Neurologico e Neurochirurgico. Ippocrate nel 460 a.C. scrisse sulla trapanazione cranica e sugli strumenti da utilizzare per eseguirla.Tali strumenti presentavano molte affinità con gli attuali. La neurochirurgia continuò ad essere praticata nei secoli successivi "occasionalmente", cioè in rapporto con la competenza delle singole Scuole Mediche che si svilupparono su tutto il nostro pianeta con risultati più che soddisfacenti considerati i limiti "tecnologici". I primi interventi della moderna Neurochirurgia risalgono alla fine del secolo XIX è furono eseguiti da chirurghi degli Stati Uniti e dell'Inghilterra. Essi furono conseguenza diretta dello sviluppo dei concetti di anestesia (1848) di antisepsi (1867) e di asepsi (1891). All'inizio del XX secolo grazie soprattutto a due chirurghi nordamericani, Harvey Williams Cushing e Walter Edward Dandy, la Neurochirurgia subì quello sviluppo che la portò in tempi abbastanza rapidi ad ottenere risultati ragguardevoli nella cura non solo dei traumatismi cranici ma anche dei Tumori Cerebrali e delle Malformazioni Vascolari Cerebrali. Questa importante crescita fu anche collegata alle nuove conoscenze sulla neurofisiologia delle aree delle aree corticali cioè ai rapporti tra corteccia cerebrale e organi effettori (movimenti, visceri ecc.). Negli anni 50 e 60 con l'"invenzione" della Microneurochirurgia un altro passo in avanti venne fatto. Il principale "organizzatore" delle metodiche Microneurochirurgiche è stato, negli anni successivi, M. Gazi Yasaril, di nazionalità Turca ma residente ed operante a Zurigo in Svizzera. Grazie a Yasargil grande sviluppo si è avuto nel trattamento della patologia vascolare e tumorale intracranica. Anche le nuove metodiche diagnostiche (Tomografia Assiale Computerizzata e Risonanza Magnetica Nucleare) entrate nei nostri ospedali negli anni 70 ed 80 hanno permesso di migliorare i risultati del trattamento Neurochirurgico grazie alla possibilità di arrivare presto e con maggiore precisione ad una diagnosi e quindi ad una adeguata terapia. La Scuola Italiana di Neurochirurgia ha una delle più antiche tradizioni a livello mondiale e può contare su molti Centri Neurochirurgici all'avanguardia in numerose Regioni d'Italia (Campania, Lazio, Lombardia, Emila Romagna, Sicilia, ecc.). L'utilizzazione di nuove apparecchiature (Microscopio Operatorio, Aspiratore ad Ultrasuoni, Laser, Ecografo Intraoperatorio, Neuronavigatore, Neuroendoscopio) e dei nuovi materiali per l'impiantistica vertebrale e cerebrale (cages vertebrali, placche vertebrali, fissatori cranici, ecc.) hanno permesso, negli ultimi anni, un ulteriore miglioramento dei risultati terapeutici. Inoltre, con l'utilizzo delle più moderne ed evolute attrezzature, si sono sviluppate le metodiche chirurgiche minimamente invasive (es. microchirurgia endoscopicamente assisitita) che hanno ulteriormente ridotto l'impatto di queste procedure sui pazienti. È stato, quindi, affrontato l’argomento relativo all’Idrocefalo. Il termine idrocefalo deriva dal greco "hydro", che significa acqua e "cephalus", che significa testa. Come è insito nell'etimologia, si tratta di una condizione in cui la caratteristica primaria è un eccessivo accumulo di liquido nell'encefalo. Questo liquido è il “liquor” che normalmente avvolge e riempie le cavità dell'encefalo e del midollo spinale, in quantità di circa 150 cc. L'eccessivo accumulo del “liquor” provoca una abnorme dilatazione degli spazi encefalici chiamati ventricoli. Il sistema ventricolare è formato da quattro cavità connesse fra di loro ed in comunicazione con gli spazi liquorali subaracnoidei. Questi spazi avvolgono in superficie tutto il sistema nervoso centrale. Il “liquor”, è continuamente prodotto nei ventricoli, fluisce nelle cavità della base cranica, circola sulle superfici dell'encefalo e del midollo spinale ed è assorbito nel flusso sanguigno attraverso strutture chiamate villi aracnoidei. Il nostro corpo ne produce ogni giorno circa 500 ml in continua riproduzione e riassorbimento. Attualmente si ritiene che circa un quarto del“liquor” sia riassorbito per mezzo delle vie linfatiche. Questo permette un equilibrio dinamico fra produzione e riassorbimento del “liquor”, che nelle 24 ore si ricambia circa tre volte, e possiede tre importanti funzioni vitali: permette il galleggiamento della massa nervosa agendo come un cuscinetto protettivo; agisce come veicolo per la distribuzione dei nutrimenti e la rimozione delle scorie dall'encefalo; compensa la variazione di volume ematico intracranico facendo fluire parte del “liquor” dal compartimento cranico a quello spinale. L'idrocefalo si sviluppa quando si produce un eccesso di liquor, quando vi è un difetto di riassorbimento o quando, ed è l'evenienza più frequente, c'è un blocco lungo le vie di deflusso. L'idrocefalo può essere congenito od acquisito. |
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