Creato da: LaChambreDesAmis il 15/07/2006
Riflessioni sull'amicizia e l'amore... e non più solo

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Una lettera stracciata

Post n°24 pubblicato il 21 Novembre 2006 da LaChambreDesAmis

Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo aver sbrigato alcune faccende in centro, mi è capitato di passare sotto la finestra del tuo antro: come altre volte, la luce non era accesa e ciò significa tu fossi lontano, tuttavia, sono riuscito a mantenermi assolutamente calmo; t’ho rivolto un pensiero affettuoso, ma, un istante dopo, già pregustavo la compagnia d’una coppia d’amici che m’attendeva poco lontano ed ho ripreso allegramente quella che, ormai, s’era tramutata in una passeggiata.

Talvolta, mi chiedo, qualora stessimo insieme, quando avrei modo d’incontrarti e concludo che potrebbe accadere molto difficilmente: in quei momenti, penso sia un bene che la nostra storia sia finita ancor prima di cominciare, poiché mi rendo conto che, forse, sarei servito esclusivamente a scaldarti il letto quando avessi desiderato uno sfogo sessuale e che ti rallegrassi un po’ con la mia ironia.

Resta da verificare come reagirò rivedendoti, tra qualche settimana, in occasione del convegno, ma confido in una reazione equilibrata; raggiunti i miei amici, mi è stato chiesto come pensi che reagirai tu ed è stata avanzata l’ipotesi che farai finta di non avvederti nemmeno della mia presenza: sinceramente, la reputo anch’io ritengo plausibile, tuttavia, continuo a ritenere più probabile che discorreremo cordialmente e, piuttosto, come avvenne l’anno scorso, te ne andrai senza salutarmi, in tal modo esprimendo non tanto la tua ipocrisia, quanto la mancanza di sensibilità.

Mi sembra incredibile riuscire a scrivere queste frasi senza sentire dolore, considerato quanto ne provassi fino a pochi mesi fa, tuttavia, risponde al vero il tempo lenisca qualsiasi sofferenza, purché ci si sforzi di serbare i ricordi piacevoli e cancellare quelli che inaridirebbero soltanto il proprio cuore.

Poco prima che riaccendessi il computer, m’è capitato di rileggere una breve lettera che ti scrissi un anno fa, al termine della prima giornata del convegno: nonostante fosse molto tardi, non avevo sonno, così rimasi in cucina a mangiare un po’ di cioccolato ed a fissare sulla carta i pensieri che ti riguardassero: mi raccontasti d’essere molto stanco ed io pensavo, a quell’ora, stessi effettivamente già dormendo profondamente, sebbene preferissi immaginarti in un letto sontuoso che ospitasse te soltanto.

Cominciai a scriverti senza nemmeno sapere se, l’indomani, avrei avuto modo, o voglia, di consegnarti la mia lettera: mi chiedevo se non avresti giudicato sciocche o melense le mie parole ed anche se non potessero causarti un disagio, quasi che riuscissi davvero ad illudermi che anche tu provassi qualcosa per me e non fosse giusto assillarti con dei quesiti cui non potessi trovare la risposta ch’io desiderassi.

Devo riconoscere mi faccia troppi scrupoli e, molto spesso, sarebbe stato meglio che avessi pensato a tutelare, anzitutto, la mia serenità, anziché preoccuparmi di poter nuocere a qualcuno che stesse soltanto usandomi per sfogare un bisogno momentaneo, non importa se sessuale o psicologico; naturalmente, nel dire ciò, non ho in mente te solo, benché possa affermare sia stato quello che abbia abusato della mia ingenuità e del bisogno di sentirmi amato più biecamente di chiunque altro.

Ricordo d’averti raccontato, quella sera, d’essere finalmente un po’ più sereno rispetto alle ultime volte che ci fossimo sentiti, ma in parte, sapevo stessi mentendo e che non avrei potuto evitare di sentirmi molto solo non appena t’avessi visto incamminare verso casa, costandomi molta fatica riuscire a trattenere le lacrime: se solo fosse servito a qualcosa, avrei chiamato un amico, o sarei immediatamente rientrato, nella speranza di poter chiacchierare con qualcuno che si trattenesse per l’incontro successivo.

Una volta rincasato, tornai a pormi una domanda che era ricorsa in sala durante il pomeriggio: “perché proprio a me?”.

Don xxxxxx l’aveva formulata per esprimere lo stato d’animo di coloro che si chiedano come mai, a volte, capitino delle cose apparentemente inspiegabili e prive di senso e, soprattutto, ingiustamente, benché aggiungesse pure che dovremmo tutti chiederci: “perché non a me?”.

Io continuavo a chiedermi perché proprio a me fosse accaduto d’innamorarmi d’un uomo ‘sbagliato’ quanto te: le mie conoscenze psicologiche mi consentivano di ricavare qualche risposta, tuttavia, mi sembrava che fosse più valida la sua, pertanto, cambiai l’interrogativo e domandai a me stesso: “perché non a me?”.

Il ricorso a tutte le teorie psicologiche che potessero sovvenirmi, finiva invariabilmente col fornirmi una visione patologica del legame fortissimo che sentivo unirmi a te: potevo pensare fosse dovuto alla mancanza di valide figure di riferimento maschili durante la mia infanzia e la giovinezza, al fatto mi sentissi molto fragile e desiderassi che qualcuno m’infondesse sicurezza e mille altre cose ancora, tuttavia, così facendo, aumentava l’impressione che non dovesse trattarsi d’alcuna motivazione appropriata e che, se fossero state vere, avrebbe voluto dire appoggiarmi a te per compensare qualche debolezza irreparabilmente insita in me.

Nel corso di quest’anno, non sono mancate le difficoltà, anzi, mi sembra che da parecchio non attraversassi dei periodi altrettanto bui, eppure, sono riuscito a superarle tutte malgrado non t’avessi accanto, e non per dimostrarti di potercela fare senza il tuo aiuto, o perché fossi, o sia, sorretto dal pensiero che potrai mai tornare a nutrire interesse nei miei riguardi.

Credo che le stesse conoscenze psicologiche, invece, possano aver indotto anche te a considerare il trasporto che sentissi verso di me come un segno di fragilità che dovessi assolutamente combattere ed averti dato l’idea d’un amore che sarebbe stato malato ed irrimediabilmente sporco; mi veniva da aggiungere “imperdonabilmente”, sennonché, il pensiero è subito corso alle avventure che ti sia concesso con le donne ed ho concluso il tuo moralismo renda possibili le avventure extraconiugali, purché avvengano nella direzione consueta e, anzi, possano essere risapute tra gli altri maschi della tua cerchia d’amicizie, affinché possiate misurare da quello la vostra ‘virilità’!

La mia verità, come quella di pochissimi altri uomini in pace con se stessi, è diversa e coincide col fatto, semplicemente, ad alcuni di noi capiti d’innamorarsi d’altri uomini, con lo stesso trasporto ed ossessività, a volte, che apparterrebbero alle nostre storie se amassimo le donne.

Stando così le cose, appare assolutamente plausibile che potessi innamorarmi di te: “perché non a me?”; perché non avrebbe dovuto capitarmi d’innamorarmi di te?

Sei un uomo bello, intelligente, colto, arguto e molte altre cose ancora: considererei strano che non mi piacessi e riuscire a dimenticarti come se non rappresentassi tutto ciò che apprezzerei in un compagno.

Quella sera di quasi un anno fa, scolpii nel mio cuore molte tue altre bellissime immagini e, malgrado ti trovassi imponente e sensuale, mi resi anche conto, forse, mai così tanto, prima d’allora, di quanto fossi fragile anche tu, ed in quei momenti tornai ad amarti con tutto l’ardore che mi fosse possibile!

Lungi dal sentirmi un debole od un debosciato, avrei desiderato rincorrerti e baciarti appassionatamente, per poi cingerti le spalle e costringerti a posare il capo sulle mie: così abbracciati, avrei voluto che c’incamminassimo verso il tuo antro e, una volta che fossimo giunti, fare l’amore con te.

Per quanto tu non potessi immaginarlo, negli stessi istanti trascorsi a vergare le pagine, mi sembrava che lo stessimo facendo e, mentre il cioccolato mi si scioglieva in bocca, immaginavo di poter cogliere la dolcezza degli umori che desideravo scambiassimo; immaginai di sfilarti dolcemente la camicia e di godere gentilmente del tuo corpo, o di poterlo cospargere con un balsamo al thè verde e massaggiare con delicatezza ed a lungo, mentre ti sfiorassi soavemente con le labbra la nuca e le mani.

Non potevo sapere se ciò sarebbe mai accaduto, né prometterti che sarei stato in grado di non piangere, altre volte in cui mi saresti mancato indicibilmente: potevo solo assicurarti ch’avrei sempre desiderato la tua felicità.

Non avevo, e non ho, alcuna ricchezza materiale da offrirti, nondimeno, avrei voluto che rammentassi che, quand’anche non ti fosse mai riuscito d’amarmi, avresti sempre potuto chiedermi di provare ad esaudire i tuoi desideri e, soprattutto, essere certo d’appartenere al cuore d’un giovane uomo che non sarebbe mai stato pago d’inviarti pensieri d’amore.

Ad un tratto, il sorriso tornò a lambire le mie labbra, e fu quando immaginai i tuoi splendidi occhi verdi scorrere le righe della mia lettera: sapevo che avrei continuato finché non fossero tornati a fissarmi bonariamente beffardi… è trascorso un anno da allora, ed oggi straccerò quella lettera: è inesorabilmente trascorso il tempo in cui avrebbe avuto senso che te la consegnassi, inoltre, non ho bisogno di continuare a stringerla tra le mie mani, poiché, più ancora d’un anno fa, io ti amo e non ho bisogno di nulla per ricordarmi tu faccia parte di me.

 

 
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