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Riflessioni sull'amicizia e l'amore... e non più solo

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« Madame RoyaleIl dottor Slurp (parte II) »

Il dottor Slurp

Post n°27 pubblicato il 27 Novembre 2006 da LaChambreDesAmis

L’appellativo da te assegnatomi, sebbene rappresentasse un giudizio stereotipato e superficiale espresso sul mio conto, mi è sempre sembrato migliore di qualsiasi altro abbia sentito usare per indicare te: ogni tanto, capita che tra colleghi, o conoscenti comuni, si scambino opinioni sul conto altrui e, senza nemmeno sorprendermene eccessivamente, almeno finora, non è mai accaduto che me ne fosse riferita qualcuna positiva sul tuo.

Ho potuto notare tutti riconoscano la tua notevole erudizione e, forse, qualcuno ritenga addirittura eccessiva la disparità culturale tra voi, quasi che potessimo parlare d’un senso d’inferiorità cagionato dal tuo sapere, nondimeno, sembri pure bearsi della possibilità di riferirmi qualche critica, per il solo fatto d’essere presente e mi presti a raccoglierne silente le confidenze.

In tal senso, l’ultimo episodio risale a poche sere fa, allorché mi trovavo nella stessa libreria in cui conoscemmo e vidi entrare un’amica comune, la quale, non incontrandoci da tanto tempo, m’ha pregato d’attenderla finché non avesse inviato alcune e-mail dal computer pubblico, per poi accompagnarla in centro a sbrigare qualche altra commissione, nel frattempo, potendo chiacchierare un pochino; trattandosi, per l’appunto, d’un’amica comune ed essendo inevitabile che parlassimo anche di psicologia, è capitato che facessimo riferimento ad alcuni colleghi di nostra conoscenza e, tra gli altri, che parlassimo di te: come anticipato, non ha espresso valutazioni negative a riguardo delle tue conoscenze, tuttavia, sembrava che su qualunque altra non potesse che prevalere quella tu abbia “un ego grande come una casa”!

Al di là del fatto il concetto potesse essere espresso in maniera più appropriata sul piano formale, era chiaro nessuno avrebbe potuto convincerla del contrario e, soprattutto, tale considerazione esprimesse l’idea la tua erudizione ed il ruolo ricoperto non bastino a far di te un professionista che possa concretamente essere stimato, la cui sensibilità ed empatia potessero mitigare un’iniziale impressione negativa.

Ricorderai io per primo, che adesso asserisco d’amarti, trassi un’impressione analoga quando ebbi modo di conoscerti: quella sera, entrambi fummo chiamati a presentarci agli altri convenuti in libreria, ma la tua prolusione sembrò quasi irriverente, considerato con quanta boria continuassi ad elencare i tuoi titoli e tutti gli argomenti di cui ti fossi fino ad allora interessato.

Fatto sta che, quando si verifichino tali circostanze, finisco col trovarmi un poco in imbarazzo, poiché dibattuto tra due opposte tendenze: da un lato, mi rivelo incline ad assumere la tua difesa, ma con tale ardore da poter difficilmente lasciare intendere ti consideri soltanto un amico, dall’altro, sarei propenso a lasciar sfogare l’interlocutore di turno, anzi, qualora fosse possibile, inducendolo a delle confessioni ancora più sincere, in maniera tale da scoprire qualcosa di più sul tuo conto, che, non potendoti frequentare, eventualmente immagini, ma sarebbe meglio e, non lo nego, divertente che mi venisse rivelata.

Solitamente, cerco di mantenermi apparentemente quanto più calmo possibile e di trarre le informazioni che desideri, benché non rinunci a difenderti, nella misura in cui i sentimenti che nutra nei tuoi riguardi allorché si diano tali frangenti lo rendano possibile: puoi immaginare ci siano dei momenti in cui l’amore prevalga su tutto, ma possa accadere ripensare al modo in cui m’abbia trattato lasci prevalere del risentimento, talvolta, dell’odio, nei tuoi riguardi.

Se fossi obiettivo, dovresti riconoscere non sia assolutamente ingiustificata l’accusa che ti venga mossa così frequentemente e non debba essere facile assumere la tua difesa; per quanto mi concerna, ricordo molto bene la maniera estremamente aggressiva in cui ti scagliasti contro di me delle volte in cui sembrò che volessi darti dei consigli, o stessi avanzando la richiesta che ti comportassi in un determinato modo per compiacermi: il tono polemico e sprezzante delle tue risposte avrebbe potuto veramente offendermi e farti considerare molto maleducato, se non fosse che t’amassi già e, soprattutto, pensassi rivelassero quella fragilità che la brama di potere e la necessità di conservare l’attuale tenore di vita non consentono venga mai palesata, onde evitare che qualcuno n’approfittasse immediatamente.

Immagino che, se ti facessi rilevare tali dinamiche un giorno in cui fossi particolarmente nervoso, ti sentirei ribattere non abbia bisogno che nessuno si schieri dalla tua parte, poi, probabilmente, riusciresti a trovare le parole adatte per esprimere ancor più incisivamente tale concetto nei miei confronti, in tal modo mortificandomi ulteriormente.

Tra i tanti nomignoli che i tuoi colleghi di lavoro, o, comunque, coloro che dipendano dal tuo stesso ente e ti conoscano, utilizzino per indicarti, v’è quello, apparentemente vezzoso, di dottor Slurp: per quanto esprima chiaramente il disprezzo ch’essi provino nei tuoi riguardi, e ne sia facilmente intuibile il senso, è decisamente meno brutale di tanti altri e tale requisito lo rende ripetibile e divertente da usare quando si debba parlare di te.

Ebbi modo di sentirlo per la prima volta molti mesi fa e, per l’appunto, la persona che me lo riferì, come te, lavora presso la xxx della nostra città: si trattò d’una serata particolarmente piacevole, trascorsa nel salotto della sua abitazione a chiacchierare amabilmente; sulla veridicità delle sue asserzioni non nutro alcun dubbio, sebbene debba riconoscere, trattandosi d’un mio amore passato, geloso del posto riservatoti nel mio cuore, in cui doveva temere non ce ne fosse più per lui nemmeno come amico, avesse interesse a screditarti quanto più possibile ai miei occhi.

Dal mio punto di vista, la cosa maggiormente degna di nota fu rappresentata dall’aver egli compreso chi fosse l’uomo del quale stessi parlandogli, nonostante evitassi di farne il nome e raccontassi del suo lavoro in maniera piuttosto evasiva; non era la prima volta che si verificasse una circostanza simile: un paio d’estati fa, a cena da un’amica al mare, mi divertì molto constatare lei stessa mi s’avvicinò per raccontarmi fosse presente il fratello d’un’altra ragazza, con la quale sapeva avessi frequentato un corso d’informatica, che, all’epoca, intratteneva una relazione clandestina con un medico veterinario, illudendosi che nessuno lo sapesse.

Personalmente, ero già al corrente di ciò per avermene parlato la diretta interessata, ma non avevo ulteriormente divulgato la notizia: evidentemente, qualcuno più ciarliero di me aveva riferito tutto alla mia amica, la quale, presumendo potesse interessarmi, ancora una volta, aveva tradito il segreto illusoriamente custodito dai due “fedifraghi”, a riprova del fatto faccia bene io a non indossare una maschera apposita a seconda delle occasioni e a non preoccuparmi di coloro che possano mal giudicarmi moralmente; a ben pensarci, credo la mia condotta non dia adito ad eccessivi pettegolezzi, anzi, m’esponga al rischio d’essere considerato molto noioso e sessualmente non intrigante!

Il mio amico volle spiegarmi dettagliatamente quando avesse udito per la prima volta il tuo nomignolo e da chi: fu così che venni a sapere in quale luogo ti fossi recato in quei giorni, insieme a quali altri colleghi e nelle grazie di quale altra persona, in particolare, due di voi volessero entrare; in seguito, episodi simili si sono ripetuti e, se così vogliamo dire, ho avuto modo d’effettuare controlli incrociati, ponendo a confronto quanto raccontatomi dagli uni e dagli altri.

E’ complicato spiegare quali riflessioni determinino i commenti salaci di quanti ti circondino: in linea di massima, tendo a non occuparmene, tanto meno a preoccuparmene, poiché non ho l’abitudine d’immischiarmi negli affari altrui e posso alternativamente concludere non abbia effettivamente bisogno che difenda io la tua reputazione, oppure, ricevere tali critiche sia il prezzo che debba pagare per conservare il tuo ruolo ed i tuoi privilegi e debba esserne consapevole ed accettarlo di buon grado.

Onestamente, ammetto pure ci siano dei momenti in cui senta montare la rabbia nei tuoi riguardi, se penso al fatto non disdegni di frequentare simili personaggi ed abbia rifiutato a me la tua amicizia, ma equivale a pormi una domanda retorica: per quel che mi riguardi, non ho da offrirti che un cuore colmo d’amore, tuttavia, esso non acquista alcun bene materiale, dei quali sei avido e, perché lo ricambiassi, sia pure in senso lato, occorrerebbe che fossi in grado di pensare a me come ad un essere umano, i cui sentimenti meritassero d’essere rispettati, mentre hai ampiamente dimostrato non te ne sia mai importato granché, sebbene la tua ipocrisia, oltre un anno fa, t’abbia permesso di scrivermi il contrario… scriverlo soltanto!

E’ anche capitato che abbia provato compassione per te, ma è un sentimento che, in genere, m’infastidisce e tendo a sostituire rapidamente con altri che mi sembrino migliori: mi pare ch’essere mossi a pietà nei riguardi di qualcuno riveli ci si senta superiori, o più fortunati, quasi che, nel primo caso, ci si dovesse beare di tale constatazione, o, nell’altro, che ci si potrebbe arrendere all’idea dell’immutabilità d’una situazione, mentre io ho sempre voglia di comprendere ciò che mi capiti e sto cercando di farlo anche con te.

Non ho mai voluto considerarmi vittima della tua insensibilità: ciò non significa non ti sia comportato male nei miei riguardi, ma anch’io ponevo me stesso nella condizione di subire dei maltrattamenti, per il fatto stesso accettassi i maldestri tentativi di corteggiamento da parte di un uomo che sapevo non essere omosessuale, o, almeno, incapace d’accettare le proprie pulsioni omoerotiche, semmai, desideroso di verificare fino a qual punto sarebbe stato in grado di spingersi e fermo nel proposito di tutelare esclusivamente il proprio equilibrio interiore, nel momento in cui l’avesse considerato a rischio di grave compromissione.

Nella stessa ottica, quando riprenda a chiedermi quale senso possa avere continuare a scriverti le pagine d’una lunghissima lettera che chissà se e quando leggerai, mi rispondo ne valga la pena nella misura in cui ancora desideri che il dialogo tra noi riprenda e sia il mio modo di dimostrarti abbia voglia d’andare oltre i dolori che possa avermi inferto più o meno deliberatamente: se ti riconoscessi soltanto difetti, non trascorrerei intere ore a raccogliere le idee, per poi cercare d’esprimerle nella maniera più chiara possibile, al di là di qualsivoglia recriminazione.

Sono consapevole, però, del fatto che potrei non vedere esaudito il mio desiderio, poiché occorrerebbe che tu volessi impiegarne altrettante per leggerle e, perché ciò avvenisse, dovresti avere a cuore il mio benessere interiore: solo in quel caso, eviteresti di continuare ad accampare scuse sempre più banali, o, francamente, ridicole, com’è avvenuto in passato, quando capitava che mi facessi delle promesse, senza che volessi mantenerne alcuna.

Volere è potere: a poche altre persone riconosco la capacità di tradurre in realtà questa massima con la tua stessa costanza e sprezzo di qualunque remora morale nel perseguimento dei propri obiettivi.

Mi preme precisare una cosa: continuo a non attendermi che possa giungere il giorno in cui ricambierai appieno i miei sentimenti, semmai, penso che l’impegno profuso nella lettura del mio diario potrebbe almeno servire a rendere finalmente possibile che voltassi pagina definitivamente; in un certo senso, potrei considerare il tuo un gesto d’amore, forse, il più nobile in assoluto, perché lo compiresti senza attenderti nemmeno tu nulla in cambio, se non gratitudine.

Ripensare al modo in cui ti sia comportato in passato, però, m’induce a credere che questo non avverrà, ma fortunatamente, è trascorsa l’epoca in cui mi sembrasse di non poter continuare a vivere in assenza di te.

Ora so d’essere in grado di farlo e, sebbene conoscerti m’abbia reso più misantropo di quanto non fossi già, mi rendo anche conto che saprò non arrendermi all’idea non valga la pena continuare a cercare colui che potesse amarmi sinceramente e con dedizione, anziché mirare ad incontrare chi allontanasse lo spettro della solitudine per una sera ancora e poi si prestasse a scaldargli il letto la notte.

(continua)
 
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