Il terremoto reale e finanziario come occasione (mancata?) di riflessione sui nostri tempi
Non c’entriamo tutti al mondo, siamo troppi e troppo diversi: e allora ecco il tritacarne! (avete presente la scena di The Wall di Alan Parker?). E’ la cultura populista e demagogica dei mass media, che tutto fagocita e trasforma. Mode e correnti di pensiero buone per tutti ed ad ogni latitudine del pianeta. Quando mangiamo tutti lo stesso involtino primavera o crediamo di distinguerci guidando la stessa auto significa che l’opera di persuasione è avvenuta con successo. Risultato e prodotto ultimo di questa immensa catena di Sant’Antonio? Una massa informe e... la noia! Quando non sei più tu, o meglio, quando non sai più cos’eri prima e avverti l’incapacità di agire “realmente” o proiettare fuori di te qualcosa che non ti sia stato a sua volta indotto.
Desideri, prospettive, bisogni, paure, tutto previsto o peggio prevedibile. Siamo sedati con surrogati (prodotti-oggetti che determinano il soggetto, fino a identificare e sostituirsi al soggetto stesso) in cui scaricare (download) la nostra frustrazione e le sterili aspettative. Noia che non nasce dal non avere “niente da fare”, ma dal non “saper che fare”. Una alienazione strisciante che ha bisogno di decibel sempre più forti per coprire il silenzio preoccupante di una esistenza chiassosa e presenzialista a se stessa come nei reality dove ogni volta si ha l’esigenza di osare sempre di più, di varcare il limite, “fare qualcosa che nessun altro ha fatto mai”. In principio lo show ricreava la realtà, oggi la realtà riflette-emula lo show.
Poi la scossa arriva, inaspettata e forte, un terremoto esistenziale che trascina tutto e tutti allo stato originario (ground zero) con i corpi sepolti sotto cumuli di macerie, di parole, di cose appartenute o presunte tali (se possiedi una cosa questa alla fine possiederà te). Ed il muro alzato per sottrarsi a se stessi crolla ed il distacco tra le vittime e i sopravvissuti, tra le vittime e i carnefici diviene adesso più chiaro ed evidente. C’è chi tra la miseria dei sopravvissuti, in questa disgraziata e perversa isola dei tristemente famosi, ancora scava tra le macerie per la “roba” (come la chiamava Pasolini) macchiandosi di sciacallaggio o chi va a controllare i dati auditel.
Perché nonostante crolli tutto intorno la parola d’ordine è crescita, la crescita ad ogni costo! Anche la crisi/terremoto finanziario ha risvegliato tutti dal sogno del capitale come risposta a tutte le nostre esigenze precipitandoci nell’incubo dell’indigenza. Avevamo seminato male ed il raccolto è stato magrissimo, avevamo costruito male e tutto è crollato. Ma nessuno sembra realmente fermarsi, riflettere e tutto riparte da dove si era fermato, si ri-costruisce: the show must go on.
In principio i concetti di progresso e crescita erano complementari, poi, come qualcuno ha rilevato, si è avuta la crescita indiscriminata e fine a se stessa senza progresso. Adesso non c’è più neanche la crescita, siamo in recessione in quanto regrediti.
E guardando attraverso la televisione quei corpi come e tra le macerie si avverte che siamo tutti vittime/carnefici di un reality show globale, tutti con la pretesa di vincere alla fine, ma tutti irrimediabilmente compromessi nella “casa” in una selva di telecamere oramai inumane. Tutti come nel bellissimo film di Bill Guttentag Live dove la roulette russa diviene sintesi del reality show estremo e finale, un perverso gioco dove tutto era e continuerà ad essere molto divertente... divertente da morire.
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http://www.tuttiinpiazza.it/articoli/politica_interna/divertente_da_morire/divertente_da_morire.asp
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il 25/01/2015 alle 21:55
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