Creato da lapietraia_07 il 05/01/2011

La Pietraia Alghero

Storia del quartiere La Pietraia di Alghero

 

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La vetreria

Post n°20 pubblicato il 11 Gennaio 2011 da lapietraia_07
 
Foto di lapietraia_07

Capannone dove si produceva il vetro

 

La prossima descrizione introduce un nuovo argomento: la Vetreria

"La Pedrera è nato come un quartiere popolare. Era costruito sul lato destro della strada, dove c'era un'estesa cava di tufo dalla quale si ricavavano i cantoni per fabbricare le case; c'era una vetreria, e si trovavano magazzini grandissimi dell'Aeronautica Militare che li utilizzava come deposito. Tutta la via principale era alberata con grossi alberi di eucalipto.
Nel lato sinistro era situato il caseificio: il resto del terreno fino ad arrivare al mare era occupato da orti ed ognuno aveva il pozzo.
La zona dove oggi c'è la mia casa era tutta orti con dei grandi vasconi colmi d'acqua per l'irrigazione.
Anche mia nonna paterna aveva l'orto con una casetta, i vasconi d'acqua e il pozzo. Poi, dopo il 1980, mia nonna ha costruito una casa grande. E nel 1982, sopra la sua abitazione, abbiamo costruito il nostro appartamento.
Gli orti venivano coltivati a patate, melanzane, zucchine, cetrioli, pomodori, ecc.
Nell'orto dove mio babbo da ragazzo lavorava c'era un cavallo che veniva usato per arare il terreno e anche per tirare il carro dove sopra ci mettevano le cassette delle verdure."

LA VETRERIA TURRITANA

Gli abitanti del rione ricordano la vecchia vetreria. Per saperne di più ho intervistato Antonio Ceravola che da ragazzo vi ha lavorato.

All'età di quattordici anni, Antonio lavorò come operaio alla vetreria per alcuni mesi ed ora racconta ciò che ricorda di quell'attività.
Nel 1945 i due capannoni in regione Taulera, di proprietà dell'Aeronautica, ospitarono la Vetreria che produceva bottiglie.
Era gestita da una società di imprenditori provenienti dalla Toscana.
Nel capannone di destra (rispetto al cancello d'ingresso) si svolgevano le varie fasi di lavorazione del vetro, mentre la costruzione che lo fronteggia era adibita a magazzino.
Al centro del capannone era situato un grande forno a bacino (colmo di vetro fuso), che rimaneva sempre acceso.
All'interno era costruito con mattoni refrattari e dopo alcuni mesi occorreva ricostruirlo poiché l'uso continuo ne logorava il rivestimento.
Per alimentarlo si utilizzava il gas ottenuto da un gasogeno. Nel gasogeno, che era situato vicino al forno, veniva messa della legna che bruciando formava il gas necessario. Un operaio lo caricava con la legna preparata dal taglialegna nel cortile dei fabbricati.

I forni raggiungevano una temperatura di circa 1500 gradi.

La materia prima era costituita dalla sabbia che raramente veniva prelevata dalle spiagge di Alghero (era troppo ricca di ferro), mescolata ad altri elementi.
Inoltre si riciclava il vetro che arrivava da ogni parte della Sardegna. Il vetro riciclato era preferito alla sabbia poiché era già depurato e privo di scorie; veniva lavato dalle donne lavavetri mediante geti d'acqua ed attrezzi adatti ad eliminare eventuali residui di sporco.

La materia prima arrivava al bacino da una bocca di carico; nel forno erano situate anche delle bocchette a forma di pipa dalle quali veniva prelevato il vetro fuso, pronto per la lavorazione.
Con una lunga asta metallica l'operaio prendeva dal bacino la quantità necessaria di vetro fuso e lo faceva cadere nello stampo fatto di ghisa. Qui il vetro assumeva la forma esterna della bottiglia. Quindi veniva immessa dell'aria all'interno in modo da creare il vuoto.
Vicino al forno erano situate le due macchine per la produzione delle bottiglie.
Ad ogni macchina erano addetti quattro operai che lavoravano per sei ore in ogni turno. Nell'arco della giornata si alternavano alle macchine dodici lavoranti.

Siccome era prevista anche una squadra in più per eventuali assenze, si avvicendavano alle due macchine ventotto operai.
La lavorazione iniziava alla mezzanotte della domenica e veniva sospesa alla mezzanotte del sabato. I forni rimanevano accesi anche alla domenica.
In una giornata di lavoro si dovevano produrre almeno 4000 bottiglie da litro, o un numero maggiore di bottigliette per bibite. Per ogni bottiglia prodotta in più rispetto a quanto richiesto, si riceveva un maggior compenso .

Si producevano anche fiaschi e bicchieri con la tecnica del vetro soffiato. I due artigiani addetti a tale lavoro non erano sardi.
Essi fabbricavano anche damigiane fino alla capacità di cinquanta litri, sempre con la tecnica dl vetro soffiato.

I fiaschi e le damigiane erano poi affidati ad altre persone che li impagliavano a domicilio.

Le bottiglie erano destinate agli stabilimenti sardi che imbottigliavano acqua minerale, bibite, vini, alcolici, ecc.

 Il secondo capannone fungeva da deposito. Erano annessi anche gli uffici per l'amministrazione dell'attività.
Un altro caseggiato era utilizzato come abitazione da uno dei soci.
Nella produzione e nella gestione erano impegnate oltre cinquanta persone.
All'inizio degli anni cinquanta l'Aeronautica non rinnovò la concessione per l'utilizzo dei suoi locali. La società si trovò così nella necessità di cercare un'altra collocazione.
A questo punto decise di trasferirsi a Cagliari, dato che il maggior numero di ordinazioni veniva dal capoluogo sardo.
L'Aeronautica poi non utilizzò i capannoni, ed Alghero perse un'attività produttiva.
In seguito i locali furono usati come palestra e come scuola di ballo.


Dai ricordi di Antonio Ceravola
Prof. Enrico Valsecchi, figlio di un socio della Vetreria.

 

 
 
 
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