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Ponte Arcole

Post n°101 pubblicato il 24 Maggio 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

  La rivoluzione francese doveva difendersi dalle coalizioni straniere organizzando eserciti. Per combattere contro l’Austria e il suo alleato Piemonte, il Direttorio francese invio in Italia un ulteriore esercito guidato da Napoleone Bonaparte. L’11 aprile 1796 Bonaparte penetrava in Piemonte dal colle di Cadibona, ed iniziò immediatamente le operazioni militari vittoriose. Da Cherasco, in provincia di Cuneo, il 26 aprile aveva proclamato agli Italiani che l’esercito francese veniva a rompere le catene, e che la religione ed i beni sarebbero stati rispettati perché la guerra sarebbe stata soltanto contro i tiranni. Comunque il 29 aprile Napoleone scriveva al Direttorio che aveva stabilito di entrare in Milano, di passare il Po, chiedere soldi al duca di Parma, e di minacciare gli Austriaci camminando verso Napoli e verso il Tirolo. Melegnano si trovava così ancora in mezzo ai movimenti delle forze armate, perché l’Austria si era impiantata in Lombardia in modo stabile. Difatti il giorno 11 maggio 1796 giunsero a Melegnano ottocento dragoni, che era il corpo di cavalleria scelto derivato dagli antichi archibugieri italiani a cavallo; ed erano al comando del generale Kilmaine, francese.  Le truppe di Kilmaine si accamparono nei dintorni della Cascina Pallavicina e chiesero subito rifornimenti. Alcuni amministratori melegnanesi vennero incontro ai loro ufficiali ed ebbero l’assicurazione che non sarebbe stato fatto nessun saccheggio in cambio di abbondante vitto. Kilmaine mantenne la parola: Melegnano non subì alcun danno se non un pò di paura. Intanto da Milano, dove era arrivata la notizia della battaglia al ponte di Lodi e della vittoria di Napoleone, erano partiti per Lodi, passando da Melegnano, i conti Francesco Melzi d’Eril e Giuseppe Resta, per fare omaggi a Bonaparte vincitore sugli austriaci.  Il giorno 15 maggio fu un continuo passare da Melegnano dei francesi che venivano da Lodi, truppe di fanteria e di cavalleria. Parecchi si sbandavano per le case e chiedevano cibi e bevande, rapivano i polli e spesso anche i cavalli; le loro prime necessità erano pane, vino, carne e fieno. Alcuni volevano camicie e calzoni, altri prendevano scarpe e cappelli.  Il 15 maggio Napoleone giunse a Milano e fu incoronato dalle autorità a Porta Romana, compreso l’arcivescovo. Alla sera vi fu una recita straordinaria alla Scala e l’illuminazione tricolore per le vie e per le piazze con candele e lumini. Tutta Milano fu imbandierata ed i milanesi nella totalità portarono i colori bianco-rosso-bleu della bandiera francese, mentre 3000 austriaci restavano chiusi assediati in castello.
I contributi militari
I tripudi e le giornate di gaudio durarono poco. Il 18 maggio Napoleone impose una prima contribuzione di 20 milioni da ripartirsi fra le province lombarde, da esigersi principalmente dai ricchi e dagli istituti ecclesiastici. Furono presi argenterie, campane delle chiese, pietre preziose dei vasi sacri, ferro dei balconi, rame dalle coperture delle cupole, arazzi, stoffe antiche, biancheria. Nei conventi furono requisiti perfino le posate ed i servizi da tavola, materassi, pagliericci, coperte per allestire ospedali militari.  Anche a Melegnano arrivò l’ordine di consegnare soldi e argenti, con una lettera recapitata al prevosto Giovanni Candia in S.  Giovanni, la sera dell’8 luglio 1796: i canonicati e i benefici parrocchiali ne erano colpiti. La somma che si dovette pagare, a titolo di contribuzione militare, fu di lire 11.400, più oltre 20 chili di argento della chiesa, in candelieri, brocche e vasi sacri, che furono consegnati per diretta mano del prevosto agli ufficiali incaricati il 15 dicembre 1796: fu restituita la lampada d’argento artistica, perché richiesta come decoro dei riti sacri.  Comunque le richieste di soldi non si arrestarono, perché il 6 maggio 1778 si impose un prestito sui canonici del capitolo di S. Giovanni di lire 200 da dividersi secondo i loro redditi. E sulla fine del 1798 il capitolo dei canonici fu soppresso ed i beni incamerati. La chiesa di S. Giacomo usata come caserma.  Non mancavano al Bonaparte adulatori e cortigiani venali. I cittadini protestatari soppressi con le armi rimanevano invendicati, e paesi rumoreggianti come Binasco furono puniti; lo stesso arcivescovo di Milano costretto a far da paciere e a rendere operanti le leggi napoleoniche, anche dopo furiosi saccheggi come avvenne a Pavia.  Napoleone inaugurò solennemente il 9 luglio 1797 la Repubblica Cisalpina, con una indipendenza più apparente che reale, ma anche con la Cisalpina continuò la sarabanda delle tasse e degli interventi pesanti su ogni pulito dell’amministrazione. E mentre Napoleone si
trovava in Egitto, gli Alleati si erano organizzati ed avevano preso risolutamente l’iniziativa contro la Francia. Le vicende belliche si svolsero precipitosamente e con la battaglia di Cassano d’Adda del 27/28 aprile 1799 il generale barone de Melas entrava in Milano, accettato come liberatore. E come prima conseguenza religiosa furono ricostituiti i capitoli soppressi. Per ringraziamento i melegnanesi innalzarono al centro della piazza una statua di S.  Giovanni, poi, nel 1806, riportata al fianco della chiesa perché ingombrava il mercato, e le fu affiancata una statua di S. Maurizio.  In seguito le due statue furono portate nell’interno del giardinetto della chiesa quasi nascoste, dove si trovano attualmente. E anche la chiesa di S. Giacomo fu ribenedetta e riaperta al culto.

http://www.cronologia.it/storia/a1796d.htm

 
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