Creato da: fra.gas il 05/04/2006
Famiglia:Lavoro,produzione,tasse,spese,tariffe

Area personale

 

Tag

 

FACEBOOK

 
 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

peter.reymodu5giuseppegrande950mariapaolaborzumatiKiteHouseZ.Venreload99blueeyes42alfa021mucca.rosaiiale.ricci5sve79weforyoufio3371antefede0
 

Ultimi commenti

 
 

VISITA il TAG CARDUCCI

 immagine

TI CONSIGLIO I TAGS:

NAPOLEONE

immagine

ASCOLTA UNA POESIA

immagine

BOLOGNA

immagine

LETTERATURA

immagine

ILLUMINISMO

immagine

PARTECIPA AL DIBATTITO NEL TAG:

CARNEFICI E VITTIME

immagine

Robespierre: terrore e libertà

immagine

Il sottile filo rosso: Combattenti per

la libertà o terroristi?

immagine

Beirut bombardata

immagine

11 Settembre

immagine

Vittime ad Haifa

 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

 
« NAPOLEONE IN ITALIA (1796-1815)NAPOLEONE BONAPARTE I^ »

NAPOLEONE BONAPARTE II^

Post n°110 pubblicato il 25 Maggio 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

   Napoleone Bonaparte, di Antonino Spoto

La vita, le imprese militari e i retroscena del grande imperatore francese. Seconda parte parte del testo -http://pdsm.altervista.org/napoleone2.html

La religione come strumento di regno

L'opera sociopolitica di Napoleone continua anche in campo religioso. Nel 1806 viene posto in circolo nella diocesi di Francia un "Catechismo comune" secondo il quale tra i doveri del buon cristiano doveva esserci anche l'amore di patria, il pagamento dei tributi, il servizio militare e l'obbedienza al trono di Francia. Napoleone deve essere servito e onorato come Dio e chi non attende a codesto servizio è destinato alla dannazione eterna. In omaggio del dittatore, addirittura venne inserito nell'almanacco la festa di S. Napoleone, nome assente negli Acta Sanctorum. Il qual disguido genera lo stupore dei fedeli, anche se venne prontamente smorzato dagli abili collaboratori dell'imperatore che ritrovarono tale nome in un ufficiale romano martirizzato all'epoca di Diocleziano, la cui immagine apparì ben presto su tutte le vetrate delle più importanti strutture. Il compleanno di Napoleone, 15 Agosto, oscurò la festa dell'Assunzione di Maria, mentre la festa pagana della presa della Bastiglia venne sostituita da San Napoleone.

Trafalgar e Austerliz

Napoleone non perse di vista però i suoi obiettivi militare e proprio in questo periodo partorì l'idea dell'invasione dell'Inghilterra. Nonostante le numerose forze spiegate lungo il Canale della Manica, a causa del cattivo risultato dell'operazione navale dal generale Villeneuve chiuso a Cadice dall'astuto generale inglese Nelson, il progetto fallì ancor prima di cominciare perché la flotta inglese comandata da Nelson era troppo forte per consentire lo sbarco dei Francesi nel sud dell'Inghilterra. Napoleone non si perse d'animo e concentrò le sue forze contro la nuova coalizione anti-francese capeggiata dall'Austria. Il genio tattico dell'imperatore era basato soprattutto sulla velocità di spostamento delle truppe che ben presto si diressero verso il fronte austriaco proprio nel momento in cui giunse la notizia della sconfitta della flotta francese di Villeneuve a Trafalgar, poco lontano da Cadice nella quale perse la vita anche il valoroso generale inglese Nelson che aveva già causato grossi problemi a Napoleone.

Superato lo spavento momentaneo, l'imperatore seppe organizzare la campagna del 1805 che costituisce il suo capolavoro tattico. Avendo compreso che l'Italia settentrionale era per l'Austria un territorio di vitale importanza strategica, Napoleone vi inviò Massena, il migliore dei suoi marescialli, ordinandogli di assumere una condotta offensiva malgrado disponesse della metà dell'esercito austriaco. Riuscì così ad inchiodare le forze nemiche e a catturare 50000 soldati in Baviera. Poi riuscì ad attirare il rimanente esercito austriaco in un territorio di battaglia presso Austerliz, che il grande generale aveva già studiato. All'inizio degli scontri l'esercito francese si dispose sulla difensiva invogliando i Russi ed Austriaci ad attaccare e a tentare di circondare la Grand Armèe disposta sull'altopiano del Pratzen. Ma proprio quando gli avversari sembravano avessero la meglio, Napoleone ordinò l'attacco e l'annientamento del nemico con il grosso delle truppe e, in breve tempo lo costrinse alla resa. Dalla vittoria di Napoleone nacque la "pace imperiale" che ridisegnò la mappa Europea. Ma i suoi limiti di statista vennero subito a galla: con lo smembramento della Prussia ed il fatto di aver stimolato la nascita del nazionalismo tedesco e con la nascita di un blocco continentale, avrebbe perso i titubanti alleati che gli rimanevano; con la repressione ideologica effettuata in particolare modo in Spagna si sarebbe inimicato grandi pensatori ed intellettuali.

Se avessero vinto gli Austro-Russi?

La vittoria degli alleati ad Austerliz non sarebbe stata affatto possibile, anzi, a detta di numerosi specialisti, se l'attacco a sud fosse stato portato con meno truppe il primo attacco sul Pratzen sarebbe stato respinto. La battaglia sarebbe stata decisa dal logoramento più che dalla manovra ed, in quel caso, i 3000 cannoni degli alleati avrebbero avuto un peso contro i valorosi combattenti francesi. La vittoria degli alleati si sarebbe potuta verificare soltanto nel settore meridionale e l'Imperatore, in questo caso, avrebbe dovuto affrontare, subito dopo la sconfitta, gravi problemi come l'entrata in guerra della Prussia al fianco degli Alleati.

Napoleone attacca Russia e Prussia

Dalla vittoria di Austerliz emerse un esercito francese altamente galvanizzato dalle vittorie e presto avrebbe combattuto con l'esercito Prussiano. In Europa, dopo la sconfitta austriaca si credette in lungo periodo di pace, ma l'idea di Federico Guglielmo III, re di Prussia, di attaccare la Francia, suscitò l'ira di Napoleone che in poco tempo rase totalmente al suolo l'esercito Prussiano a Jena. I dati parlano chiaro: 30000 tra feriti e morti, 35000 prigionieri tra cui 30 generali prussiani e 300 pezzi di artiglieria conquistati. Napoleone poté marciare trionfante da Weimar a Berlino distruggendo ogni ricordo di sconfitte francesi subite a causa dei prussiani nel corso della storia; però, l'obiettivo principale nella testa dell'imperatore rimaneva sempre l'Inghilterra che fu costretta a subire il Blocco continentale emanato dallo stesso Bonaparte direttamente da Berlino. Convinto di aver posto un grosso freno alla potenza Inglese con il Blocco, Napoleone si dedicò all'incognita Russia. Nonostante il primo tentativo di attacco fallì malamente con "un inutile macello" a causa delle pessime condizioni meteorologiche, al secondo attacco la macchina da guerra francese non fallì e riuscì a distruggere il 14 giugno 1807 alle ore 22.00 l'esercito dello Zar Alessandro a Friedland. Ma l'abilità diplomatica dello Zar riuscì ad addolcire Napoleone nel firmare il trattato di Tilsit, che era favorevole ad entrambe le nazioni. Chi ha fatto le spese di queste veloci e ripetute battaglie dell'esercito napoleonico fu la sconfitta Prussia che, oltre a rimborsare economicamente le spese della guerra, dovette cedere parte dei suoi territori che vennero divisi in granducato di Varsavia e regno di Vestfalia.

I problemi con la Spagna

I problemi per Napoleone non erano finiti. Sistemato l'est e il centro Europa, l'esercito francese si concentrò sulla penisola iberica a causa del fatto che i ribelli spagnoli e portoghesi decisero di non aderire al Blocco continentale perché ciò avrebbe danneggiato anche la loro economia. Presto il Generale Junot venne inviato a conquistare Lisbona, mentre il re di Spagna Ferdinando VII veniva destituito in favore del fratello di Napoleone, Giuseppe. La rivolta popolare degli spagnoli "nel nome di Cristo e del re Ferdinado" non si fece attendere e nella giornata del Dos de Mayo a Madrid tutta la popolazione insorse contro l'esercito francese prendendolo molte volte di sorpresa come accadde ai 20000 uomini di Dupont che furono costretti alla resa. Stessa sorte per Junot in Portogallo, costretto a firmare la convenzione di Cintrab che sanciva la sconfitta francese fino all'arrivo della Grande Armèe guidata da Napoleone che, non senza difficoltà, conquistò Madrid e Saragozza, ma non fu in grado di sedare completamente le insurrezione appoggiate, tra l'altro, dall'Inghilterra. Tali tumulti stimolarono anche il tentativo di rivincita dell'Austria che dichiarò guerra al decimato esercito francese che fu comunque in grado di sostenere la battaglia e di dirigersi verso Vienna. Tuttavia il progetto di conquistare la riva opposta del Danubio fallì duramente e l'invincibile esercito francese dovette constatare il fatto di essere "battibile". Dopo la sconfitta di Essling, l'Imperatore non si diede per vinto e tra il 4 ed il 6 Luglio 1809 ordinò il passaggio del Danubio su ponti di fortuna. Giunto a Wagram, Napoleone diresse in prima persona le operazioni nella battaglia decisiva contro l'Austria che fu presto annientata e costretta a chiedere al pace. Il 14 ottobre a Vienna venne firmato l'accordo con il quale l'Austria avrebbe rispettato il blocco continentale, avrebbe ceduto alla Francia la Carinzia, la Carnia e la Croazia e non avrebbe tenuto un esercito superiore alle 150000 unità. La Francia era ora il più grande stato dai tempi di Carlo V.

Crisi con la Santa Sede

Napoleone però, dovette per un momento abbandonare le sue imprese militari e dedicarsi nuovamente ai rapporti con la Santa Sede. Dopo che l'Imperatore aveva conquistato Ancona ed aveva sottratto numerosi territori dello stato Pontificio, Papa Pio VII cominciò a non vedere di buon occhio Napoleone il quale lo costrinse anche a rispettare il blocco continentale. Al rifiuto del Papa la Francia rispose con la conquista di Roma e l'arresto di Pio VII che venne portato nel carcere di Savona, anche se ciò costò a Bonaparte la scomunica. Più tardi si tentò comunque di ristabilire i buoni rapporti e si giunse al secondo Concordato il 25 gennaio del 1812 ed, un anno più tardi, Pio VII tornò in Vaticano.

Al termine di tanti problemi, dopo aver ripudiato Giuseppina e aver sposato Maria Luisa d'Austria, a Napoleone mancava soltanto un erede maschio per consolidare il suo potere. In un clima di enorme festa in tutta la Francia il 20 Marzo del 1811 nacque il sogno di Napoleone: suo figlio, re di Roma.

Il "grande flop" in Russia e l'ecatombe della ritirata

Ma la festa durò poco. Il nemico Russo guidato da Alessandro si faceva sempre più minaccioso. L'imperatore decise allora di infliggere ai Russi una dura sconfitta e per far ciò partì con mezzo milione di uomini. Il 23 Giugno 1812 cominciò la battaglia, ma il nemico non si fece incontro ritirandosi nell'entroterra russo. Il 5 settembre al sorgere del sole napoleone disse: "ecco il sole di Austerliz", ma questa volta lo aveva contro, svelando ai russi gli obiettivi francesi. Alla fine però Napoleone vinse sulla Moscova, anche se dato il numero di perdite e la condizione dell'esercito, tale azione militare somigliasse maggiormente ad una sconfitta. La Grande Armèe entrò a Mosca dove contava di trovare rifornimenti, ma trovò soltanto fiamme e fumo perché per la mentalità russa c'era "solo terra bruciata per l'invasore". Dopo aver tentato di giungere ad un accordo Napoleone, chiuso in un pericolosissima morsa dal generale Inverno, si vide costretto ad ordinare la ritirata per non perdere anche il controllo dell'Europa. In Russia Napoleone cominciò pensare tra i saloni del Cremlino che l'essere vincitore prigioniero del nemico vinto fosse l'inizio della fine. Infatti anche la ritirata fu un ecatombe, descritta così dal conte Rochechouart agli ordini dell'esercito russo: "mi trovavo sul posto dove l'esercito Francese aveva passato la Beresina. Nulla avrebbe potuto essere più straziante. Si vedevano montagne di cadaveri di tutte le armi e di diverse nazioni, che giacevano ancor lì gelati, schiacciati dai fuggiaschi e finiti dalla mitraglia russa".

Il primo esilio per l'Elba

Dopo la sconfitta dell'esercito francese Parigi era diventata l'obiettivo principale di Russia, Prussia, Austria, Inghilterra e Svezia. Napoleone dovette riorganizzare un esercito costituito, per la maggior parte da ragazzi ventenni i quali si videro costretti ad affrontare il nemico a Weissenfels e a Luzten. Nonostante i "Maria Luisa", nome dato al nuovo esercito francese in onore dell'imperatrice, si fosse comportato valorosamente su tutti i fronti, gli scontri furono persi e Napoleone, pressato da ogni parte a causa dell'incapacità dei suoi luogotenenti che non seppero mantenere salda la vittoria di Dresda, si dichiarò sconfitto. Il 25 gennaio del 1814 alle tre del mattino Napoleone lasciò la Parigi e tentò una inutile resistenza, ma gli invasori furono presto in grado di conquistarla il 31 marzo. L'imperatrice ed il re di Roma furono costretti a rifugiarsi a Bloise, mentre Napoleone si ritirò nella sua sede di Fontainebleau per meditare una nuova marcia su Parigi con l'aiuto dei suoi generali i quali, però, gli voltarono le spalle e lo spinsero verso un'inevitabile abdicazione a favore del figlio e della moglie, il 20 aprile 1814, prime di partire per l'Elba.

La sua attività non si ferma: si prepara per i cento giorni

Durante l'esilio all'Elba, l'imperatore non seppe trattenersi dal suo spirito di comando. In breve tempo riorganizzò l'isola intera stupendo gli abitanti del luogo. Nel frattempo rimaneva sempre informato su ciò che accadeva in Francia, dove la popolazione cominciava ad avere il rimpianto di Napoleone ed aveva già organizzato alcune rivolte. Logicamente, attorniato dai suoi generali fedelissimi, Bonaparte non esitò a tornare in Francia e a dirigersi verso il centro mentre, lungo il cammino, interi reggimenti si ponevano liberamente sotto il suo comando tanto da costringere il re Luigi XVIII, che dall'esilio di Napoleone aveva preso il trono di Francia, a ritirarsi senza opporre resistenza. Il vecchio imperatore era tornato al comando, ma questa volta, al contrario di quanto pensassero le altre nazioni, aveva intenti pacifici espressi esplicitamente in una sua celebre affermazione : "io sono l'imperatore dei soldati, ma anche del popolo".

La definitiva sconfitta: Waterloo

La clamorosa fuga di Napoleone dall'Elba sorprese i capi alleati riuniti a Vienna per il congresso per la ricostruzione europea. L'imperatore venne dichiarato fuori legge e per affrontarlo venne fatta un'alleanza tra Russia, Inghilterra, Austria e Prussia. Egli allora decise di attaccare per primo sulla piana di Waterloo dove si trovò a fronteggiare l'esercito inglese di Wellington e quello prussiano di Blucher. Alle ore 11 del 18 giugno 1815 la battaglia ha inizio e dalle prime battute sembra del tutto favorevole alla Francia quando però alle ore 19 arrivava in aiuto degli inglesi il generale Blucher che in tre ore capovolse le sorti della battaglia. Napoleone è stato definitivamente sconfitto forse a causa della minoranza di uomini, forse per il tradimento del generale Bourmont o, forse, perché, in qualsiasi caso, aveva raggiunto l'apice della sua "parabole discendente".

Tornato in patria, la Francia gli voltò le spalle e lo costrinse all'Abdicazione in favore del figlio Napoleone II. Poco prima che Napoleone firmasse il documento il consiglio dei ministri gli aveva inviato una deputazione di cinque persone tra le quali il Vicepresidente La Fayette che disse: "Dite a Bonaparte di inviarci la sua abdicazione , altrimenti gli manderemo la sua deposizione".

Approfondimento: il linciaggio di Prina

Al crollo del regime napoleonico il ministro delle finanze Giuseppe Prina cadde vittima di una sommossa a Milano. Tecnico competente ed energico, Prina scontava con la vita il rancore che si era guadagnato tra la popolazione con le sue durissime misure fiscali (aveva tra l'altro ripristinato l'odiata tassa sul macinato), tese a risanare il debito pubblico e a raccogliere i fondi necessari ad alimentare un esercito, quello francese, sempre più dispendioso.

Il 20 aprile 1814 i milanesi presero atto del crollo del regime napoleonico massacrando uno dei suoi più qualificati esponenti, Giuseppe Prina, che era stato ministro delle Finanze per dodici anni. Quel giorno la città era stata abbandonata a se stessa: le autorità si erano dileguate, numerosi uomini politici avevano preferito mettersi in salvo con la fuga e i militari erano rimasti senza ordini. Anche al Prina era stato consigliato di abbandonare la città prima che insorgessero disordini, ma egli aveva rifiutato perché si sentiva la coscienza tranquilla. In realtà si comportò come un temerario: aveva legato il proprio nome ai provvedimenti più impopolari dell'epoca napoleonica; era a lui che si addebitavano le tasse che erano state introdotte. I milanesi lo consideravano "l'anima dannata di Napoleone".

La mattina di quel 20 aprile un numero insolitamente alto di contadini affluì in città e questo fu un sintomo certo che gli oppositori del regime meditavano di prendersi una rivincita. La folla cominciò con l'invadere il senato, dove si cercava di favorire il trapasso pacifico dei poteri. In realtà i senatori erano tutti legati al potere napoleonico: la gente li disperse e gettò i mobili dal palazzo fuori dalle finestre. Quando non ci fu più nulla da devastare, dalla folla scatenata si levò un grido: "Vogliamo Prina!".

Appena la moltitudine cominciò a tumultuare sotto le finestre del suo palazzo, a San Fedele, Prina tentò di nascondersi ma presto il portone d'ingresso fu sfondato e gli scalmanati rovistarono tutte le stanze: il ministro fu scoperto, spogliato, picchiato a sangue e poi gettato dalla finestra. Lo sventurato tentò di rialzarsi ma la folla gli si avventò contro nuovamente. Fu formato un corteo e Giuseppe Prina fu trascinato nel fango mentre continuava a essere picchiato.

Ci fu, a onor del vero, chi cercò di metter fine a quel supplizio facendo nascondere la vittima in una casa, ma i più assetati di vendetta ebbero il sopravvento e di nuovo il poveretto fu riportato per strada. Alla fine non fu più in grado di reggersi in piedi e allora lo stesero su di un'asse e lo portarono fino in piazza Cordusio, dove restò esposto al ludibrio generale. Stava agonizzando ma l'energumeno che a quel punto lo colpì sulla testa, forse con una martellata, sfondandogli il cranio, non lo fece per alleviare le sue sofferenze. Soltanto a cose fatte un reparto di soldati sopraggiunse a disperdere la folla.

Il triste esilio a S. Elena

Dopo l'abdicazione Napoleone aveva raggiunto la sua preferita residenza estiva a Malmaison, dove trascorse i suoi giorni progettando un grande ritorno o una fuga verso l'America. La decisione del governo francese si protrasse a lungo e nonostante, lui avesse avuto la possibilità di fuggire sfondando il blocco inglese, decise di consegnarsi alla corona di Inghilterra. Giunto in Inghilterra a bordo della Bellerophon, però, gli venne data la triste notizia della decisione di esiliarlo nell'isoletta di S. Elena, sperduta nell'atlantico meridionale. Dopo due mesi di viaggio a bordo della Northumberland, arrivò al porto di Jamestown e per lui e per i suoi ultimi e fedelissimi seguaci e servitori cominciò un duro periodo reso ancor più aspro dalla presenza sull'isola di un rigidissimo governatore inglese: Hudson Lowe. Dal 1816 al 1819 Napoleone ha passato tutto il suo tempo in angosciose cavalcate accompagnato sempre da un ufficiale inglese, fino a quando si ammalò gravemente e perse le forze. Pienamente convinto di riprendersi, ma dopo aver scritto il testamento per "sicurezza", il 10 aprile del 1820 l'imperatore disse: "Sono ancora abbastanza forte, il desiderio di vivere mi soffoca". Il 4 maggio riuscì ad inghiottire soltanto un po' d'acqua zuccherata. Poi una crisi di vomito. All'alba si calmò e rimase tutto il 5 maggio immobile con lo sguardo fisso. Alle 17.51 si spense e con lui morì un pezzo importante di storia che riesce, ancora oggi, a trasmettere, attraverso le sue imprese militari ed il suo genio politico, tutto il suo fascino. Dopo essere stato seppellito a S. Elena nel 1821, nel 1840 il suo corpo venne riesumato per essere restituito alla Francia, e, per uno strano scherzo del destino, agli occhi di tutti, il corpo di Napoleone dopo 19 anni dalla sua morte, avvolto soltanto dall'uniforme della guardia nazionale, era intatto.
Napoleone è forse immortale?

Fonti:I grandi della storia, Mondadori Editore,1969
Perenne,storia universale, Sansoni Editore
Desideri, Themelly, Storia e Storiografia,D'Anna casa editrice, Firenze, 1997

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963