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« UN SOGNO DI LIBERTA'Gabriele Cagliari e Serg... »

RAUL GARDINI

Post n°139 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

  LA SCHEDA
Da Cagliari a Gardini
i suicidi di Tangentopoli

MILANO - Il suicidio di Alessandro Bassi scuote l'inchiesta Parmalat e riporta inevitabilmente alla memoria altri drammatici episodi analoghi che hanno contraddistinto il periodo della tangentopoli milanese e del lavoro dei magistrati di 'Mani Pulite'. Nomi illustri hanno segnato, con il suicidio, quell' inchiesta. Da Gabriele Cagliari, ex presidente dell'Eni, a Raul Gardini, il padre di Enimont, a Sergio Moroni, deputato socialista.

La prima 'vittima' del clamore di tangentopoli è Renato Amorese, ex segretario del Psi di Lodi che, il 17 giugno 1992, si toglie la vita con un colpo di pistola alla tempia, pochi giorni dopo essere stato interrogato dall'allora pm Antonio Di Pietro su una tangente da 400 milioni di lire.

Il 2 settembre dello stesso anno, si uccide, nella cantina della sua casa di Brescia, il deputato del Psi Sergio Moroni: aveva ricevuto due avvisi di garanzia dai magistrati milanesi che avevano anche inviato alla Camera la richiesta di autorizzazione a procedere.

Nel giro di tre giorni, nel luglio del 1993, si verificano altri due suicidi clamorosi: il 20 luglio si uccide nel carcere di San Vittore l'ex presidente dell'Eni Gabriele Cagliari, detenuto da oltre quattro mesi. Lo trovano con la testa infilata in un sacchetto di plastica.

Mentre stanno per svolgersi i funerali di Cagliari, tre giorni dopo, di prima mattina nella sua abitazione milanese nella centralissima piazza Belgioioso, Raul Gardini, ormai entrato nel mirino degli inquirenti, si uccide sparandosi un colpo di pistola.

(23 gennaio 2004) http://www.repubblica.it/2004/a/sezioni/economia/parmalat7/tange/tange.html

 

ENIGMA
Venerdì 24 giugno – ore 21.00

12 ANNI DI DUBBI SULLA MORTE DI
RAUL GARDINI

Era il 23 luglio del 1993 quando fu trovato il corpo senza vita di Raul Gardini, l’uomo che diceva: “la chimica italiana sono io”. Dai vertici della finanza alla morte in seguito alla tempesta di Tangentopoli. Suicidio fu il verdetto. Ma ne siamo proprio sicuri? Perché tante ombre su quella morte? A chi poteva far comodo una fine così inaspettata?

Domande alle quali cerca una risposta Enigma, il settimanale di Raitre condotto da Corrado Augias, in una puntata che ha come ospiti lo scrittore Lucio Trevisan, la saggista Marta Boneschi, i giornalisti Vanni Balestrazzi e Massimo Mucchetti, il perito balistico Manlio Averna, l’anatomopatologo Giancarlo Umani Ronchi.

http://www.enigma.rai.it/R3_popup_articolofoglia/0,6844,110^4077,00.html

GARDINI - SUICIDIO - LUGLIO 1993

http://www.cronologia.it/storia/a1986.htm

      
      ore 9, del 23 luglio 1993
      Sono passati soli tre giorni dal suicidio di  Gabriele Cagliari....
      Quando, quasi alla stessa ora, il suo grande antagonista nella vicenda
      Enimont, RAUL GARDINI, si spara un colpo di pistola nella sua abitazione
      di piazza Belgioioso, in pieno centro di Milano, e muore poco dopo al
      Policlinico.

  Perchè si è ucciso? Nel pomeriggio dello stesso giorno vengono arrestati i
  vertici della Montedison: Carlo Sama, marito di Alessandra Ferruzzi e cognato
  di Gardini, e il finanziere socialista Sergio Cusani; sembra che un ordine di
  custodia fosse pronto anche per Raul Gardini.
  (La breve storia della "scalata" di Gardini alla Montedison qui)

  Richiamandosi alle sue imprese marinare, la rivista americana Time commenterà
  così la morte di Gardini: "Egli sarà  ricordato come un brillante simbolo del
  suo tempo, un capitano d'industria e un marinaio di livello mondiale, che ha
  pilotato le sue imprese e i suoi yacht da un milione di dollari con gioioso
  abbandono. Ha lavorato duro per 60 anni allo scopo di coltivare questa
  immagine, in un mondo dove i miti contano più spesso dei fatti".
   tre giorni prima...il
  20 LUGLIO, ore 9.40, GABRIELE CAGLIARI è trovato morto, con un sacchetto di
  plastica infilato in testa e legato al collo con una stringa da scarpe, nella
  sua cella del carcere di San Vittore a Milano., dove era rinchiuso da 134
  giorni.

  L'ex presidente dell'ENI, nominato al vertice nel 1989, su designazione di
  Bettino Craxi e Claudio Martelli, Gabriele Cagliari aveva ricevuto in febbraio
  un avviso di garanzia per peculato e false comunicazioni societarie;
  nell'acquisto delle azioni Enimont da Raul Gardini lo stato avrebbe pagato (su
  2.805) mille miliardi in più del dovuto. Il 9 marzo era stato arrestato con
  l'accusa di corruzione. Gabriele Cagliari  aveva spiegato davanti ai giudici
  "è un vecchio sistema che serviva a finanziare principalmente il Psi e la Dc".

  E' l'undicesimo suicidio di Tangentopoli.
  Ma queste ultimi due generano reazioni di sconcerto e riaprono le polemiche
  sulle carcerazioni preventive.

  I potenti -va dicendo qualche psichiatra, psicologo, sociologo- non sanno
  perdere, non hanno mai imparato a soffrire, loro non sono abituati a perdere.
  Non sono disposti ad essere soccombenti davanti a una accusa.

ANNO 1986 . MESE DI OTTOBRE
LA "SCALATA" DEL "CORSARO"  GARDINI
AL "MONTE EDISON"
poi "la valanga"
  9 OTTOBRE - E' di quest'anno e di questo mese l'inizio della grande operazione
  finanziaria che avrà poi in seguito non solo uno strascico politico e
  giudiziario negli anni '90 con Tangentopoli, ma avrà anche un epilogo tragico
  quando il protagonista di questa operazione "scalata" si farà saltare le
  cervella, poche ore prima di essere inquisito e forse arrestato, assieme a
  tanti altri comprimari, finanzieri, politici, e altri oscuri personaggi.
  Rivelando i retroscena di questa colossale operazione.

  RAUL GARDINI fino ad ora leader del maggior gruppo alimentare d'Italia -
  quello della famiglia Ferruzzi di Ravenna - diventa azionista di maggioranza
  con il 14,5 per cento della Montedison, il grande gruppo petrolchimico
  nazionale.

  E' il primo passo verso la grande scalata che lo porterà - con un discreto
  rastrellamento in borsa - ad acquisire il 40 per cento dei titoli del colosso
  chimico.
  L'appoggio in questa iniziale operazione gli viene dato dallo stesso
  presidente della Montedison Schimberni, ma una volta assunto il controllo del
  gruppo il prossimo novembre '87, è lo stesso Gardini ad allontanarlo e
  assumere lui la carica.

  Il suo obiettivo è di creare un unico polo italiano della chimica. E giunto a
  questa sua prima scalata, a Gardini sembra giunto il momento per realizzare un
  altro più ambizioso programma; creare l'Enimont, cioè la fusione tra Eni e
  Montedison.
  Senza falsa modestia Gardini affermerà in seguito "la chimica sono io!"

  Ma si scatenano in Italia le polemiche e si manifestano le due scuole di
  pensiero: la chimica deve essere in mano pubblica o privata?
  Può lo stato permettere a un privato di avere in mano un'azienda che da molti
  è ritenuta strategica?

  Fra tanta demagogia e ipocrisia, tutti sanno che in questa operazione stanno
  correndo molti soldi e tutti chi più chi meno vuole metterci le mani.
  Inizia dunque un lungo percorso  (fino agli anni '90) ostacolando con tanti
  pretesti e (con la stampa) seduzione del popolo, il progetto di Gardini.
  Infatti dopo scontri e polemiche e la non collaborazione (si muovono occulte
  forze politiche, bancarie e finanziarie) Cagliari (presidente dell'Eni -
  nominato al vertice nel 1989, su designazione di Bettino Craxi e Claudio
  Martelli) da una parte e Gardini dall'altra,  constatano l'impossibilità a
  proseguire nel progetto.

  Gardini vuole alla fine mollare tutto. Vuole (o è sollecitato a farlo, visto
  che gli mettono i bastoni fra le ruote) cedere all'ENI tutte le sue quote.
  Vuole dimettersi da tutte le società in cui riveste cariche e perfino uscire
  dalla Confindustria. Esprime l'intenzione di non volersi più occupare
  dell'industria italiana; e in un amareggiato e sdegnato sfogo- anche quello di
  emigrare all'estero "Qui non si può lavorare!"

  Finita una polemica (il boicottaggio che sembra dunque riuscito), ne inizia
  però un'altra. A quanto deve essere valutata quella quota che Gardini viene
  spinto a cedere?
  E questo viene deciso in "alto", molto in alto.

  Proprio a fine anno 1990, la vicenda si chiude con la cessione della quota di
  Gardini (della Montedison) all'ENI. Gardini esce di scena portandosi a casa un
  bel "malloppo" che ad attenti osservatori sembra però un po' troppo. E stato
  superpagato dicono in molti.

  Tutta la vicenda finirà in un tribunale nel 1993, nel primo grande processo di
  quella che sarà chiamata "tangentopoli" o "mani pulite". Che ci fosse in
  quella cessione di quote uno scandalo di allettanti tangenti (sono corsi fiumi
  di denaro - circa 540 miliardi)  i due suicidi ne chiariranno il senso,
  tragicamente: quello dei due protagonisti, che entrambi si suicideranno uno in
  carcere il 20 luglio, soffocandosi uno con un sacchetto di plastica infilato
  nella testa, l'altro tre giorni più tardi sparandosi un colpo alla testa.
  (il suicidio di Gardini, il 20 luglio 1993)

  Ma a chi sono andati questi soldi?
  Sul piano giudiziario, la vicenda inizia con il processo a un solo imputato:
  Sergio Cusani, finanziere "d'affari" (cioè, in pratica, il mediatore). Il
  processo condotto dal PM Di Pietro, durerà sei mesi, con il "triste"
  spettacolo offerto anche alla Tv in prima serata. Sfileranno personaggi
  importanti, come testimoni; alcuni ammettendo di aver ricevuto soldi di quella
  "tangente", altri invece sfrontatamente giustificandosi che "così hanno fatto
  tutti, e quindi non fate i moralisti", e altri goffamente e ostinatamente
  negando per poi subito dopo essere smentiti con prove schiaccianti. "Si
  abbiamo preso dei soldi, ma io non ne sapevo nulla, se ne occupava il mio
  segretario".
  Perfino il grottesco "Si li abbiamo presi ma durante la notte ci sono stati
  rubati"

  Carlo Sama, vicepresidente della Montedison di Gardini, e marito di Alessandra
  Ferruzzi e quindi cognato di Gardini, al processo davanti ai magistrati
  chiarisce la maxitangente che ha dato il via al "grande scandalo". "Le
  tangenti ai partiti e agli uomini politici servivano per "rendere più facile"
  al gruppo Ferruzzi la vendita all'Eni della sua quota. Un po' di soldi- dirà
  Sama- sono andati anche a qualche giornalista, per "garantire una buona
  immagine" del gruppo.

  In pratica nel trasferimento allo Stato, venne gonfiato il prezzo, onde
  ricavarne una buona fetta per i propri affari;  "un finanziamento al partito",
  diranno alcuni, "un arricchimento personale" diranno altri.
  (Lo Stato avrebbe pagato su 2.805 miliardi, mille miliardi in più del dovuto)

  A conclusione del processo - terminato con la condanna di Sergio Cusani - i
  giornali pubblicheranno le "fette" della "torta" andate ai vari partiti. In
  pratica a quasi tutti: DC, PSI, PRI, PLI, PSDI, LEGA.

Carlo Sama: la prima intervista dopo dieci anni

Da: La Nazione
Data: 2/1/2002
Ora: 4:47:31 PM
Nome remoto: 213.254.3.151

Commenti

di Giovanni Morandi

ROMA — «Tangentopoli? Tanto rumore per nulla, un'occasione che, se parliamo di moralità, non ha cambiato niente in meglio», sentenzia Carlo Sama, 53 anni, delfino di Gardini ed ex principe ereditario dei Ferruzzi, gruppo da 50 mila miliardi, affondato da Tangentopoli. Praticamente un' Atlandite. E' rimasta solo la leggenda. A Sama è rimasta anche questa bella villa sull'Appia Antica, che fu del dittatore filippino Marcos. La moglie Alessandra e i figli sono a Montecarlo, dove hanno l'altra casa. Dottor Sama, di che cosa si occupa oggi?

«Seguo le attività agroalimentari e zootecniche, che abbiamo in Sudamerica. E in Italia collaboro con la federazione italiana comunità terapeutiche, per la quale ho fondato il mensile Progetto uomo».

La posizione giudiziaria sua qual è?

«Ho pagato il mio debito».

Che era di?

«Sono stato condannato a tre anni nel processo Enimont».

In totale quante imputazioni ha avuto?

«146»

Con quale esito?

«A parte la condanna che dicevo, tutte le altre imputazioni contestate a me e a mia moglie nelle inchieste di Ravenna sono state giudicate insussistenti».

Povere vittime…

«Non vedo in quale altro modo definirci, visto che il Pm sequestrò parte delle azioni di famiglia e nominò una sorta di custode giudiziario, che esercitava poteri di socio, consentendo una vera e propria gestione giudiziaria del gruppo. Un fatto devastante».

Questa è la prima intervista che rilascia dopo dieci anni. Perché ha accettato di rompere il silenzio?

«Penso sia arrivato il momento di raccontare quella verità che ho taciuto finora».

Si giri indietro. Che cosa vede nel passato?

«Vedo un gruppo industriale straordinario fatto di leadership, di quote di mercato mondiale, che aveva avuto come attore protagonista mio cognato Raul Gardini, che aveva saputo interpretare gli anni Ottanta e aveva capito, come diceva lui, da dove si sarebbe alzato il vento. La Ferruzzi, prima delle vicende giudiziarie, era l'unico gruppo sano di questo paese. Si è sempre parlato a torto di un indebitamento di oltre 30 mila miliardi, non ne sono mai stato convinto, è stato strumentale, l'indebitamento era inferiore. Con la prima banca di affari del mondo, la Goldman Sachs, avevamo messo a punto un progetto di ricapitalizzazione e di ristrutturazione del gruppo. Ci è mancato il tempo e la possibilità, perché le banche hanno bloccato gli affidamenti, anche se erano nei limiti consentiti. E così si arrivò all'esproprio del Gruppo Ferruzzi».

Un complotto?

«Non parlerei di complotto ma di risultato. Il gruppo Ferruzzi ci è stato tolto per un pugno di soldi».

Ma i magistrati che ruolo avrebbero avuto?

«Di sicuro c'è stato un intreccio tra nuova dirigenza del gruppo, magistratura e società di revisione, che svolgeva un doppio ruolo di consulente del pm e consulente del gruppo». La politica stava a guardare?

«Assolutamente no».

Che faceva?

«Come famiglia fummo trascinati nello scontro tra i partiti della maggioranza e quello dell'opposizione».

Berlusconi ha detto che il partito comunista infiltrò suoi uomini nella magistratura per arrivare a Tangentopoli. Condivide?

«In questi anni mi sono reso conto che non tutti i giudici sono sereni e terzi».

Sono stati usati due pesi e due misure?

«Certamente sì».

La mano leggera con chi è stata usata?

«Con un'infinità di industriali, con i ds ma non solo. Per me vale di discorso del 1992 di Bettino Craxi: chi non ha utilizzato queste forme di finanziamento si alzi in piedi. Non si alzò in piedi nessuno».

Nell'aula dove venne celebrato il processo Enimont oggi è in corso il processo Sme. Quello di Milano è un tribunale normale o un tribunale speciale?

«Una superprocura».

Com'è la giustizia in Italia?

«Una cosa di cui avere terrore».

Come mettere fine al terrore, imbavagliando i giudici?

«No, ma portando un clima più sereno nella magistratura e attuando la riforma della giustizia».

Non le sembra che la giustizia interessi troppo al presidente del consiglio?

«Mi pare di no, io sono un berlusconiano convinto. Berlusconi è l'unico imprenditore di questo paese, che da imprenditore mi ha telefonato nei momenti di difficoltà, che mi onora ancora della sua amicizia, è nato il 29 di settembre, giorno dedicato a San Michele Arcangelo, che è il santo di cui siamo devoti in famiglia. Elementi che fanno sì che io sarò berlusconiano a vita».

Stessa simpatia per Di Pietro?

«Esattamente il contrario».

Che uomo era Raul Gardini?

«Straordinario. E' la persona che più mi manca». C'è chi sospetta sia stato ucciso. «Una sciocchezza».

Ravenna è la sua città ma dicono che lei si tenga alla larga.

«Diceva Ferrari che la provincia non perdona il successo altrui. Il gruppo Ferruzzi era un patrimonio dei miei concittadini ed avrebbero dovuto difenderlo come fece monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, che riferendosi alle vicende giudiziarie di De Benedetti parlò di finanziamenti benedetti, perché assicuravano posti di lavoro. A Ravenna tanti erano fieri di lavorare nel gruppo ma ci furono anche altri che in televisione dissero che si vergognavano di lavorare per noi. La città ha perso una grande occasione».

Progetti.

«Continuare a vivere. Appartengo solo a mia moglie e ai miei figli. Il mio progetto è quello di accompagnare e di aiutare i miei figli a crescere bene. Non ho altre ambizioni. Tutto quello che pensavo di non potere avere nella vita l'ho avuto».

Errori fatti?

«Tanti».

Quali?

«Affari miei».

In questa storia chi è l'assassino?

«Raul direbbe: un uomo in guanti bianchi».

Lei ne conosce il nome? «Certo».

Secondo la sentenza Enimont, Gardini, dopo aver versato 8 miliardi ai due maggiori partiti di maggioranza, mise a disposizione denaro anche del maggior partito di opposizione ma non è stato individato il soggetto che ricevette la somma. Ne sa nulla?

«La sentenza dice che quel miliardo è stato consegnato».

A chi?

«La sentenza non l'ha stabilito». Si mette a ridere.

Perché ride?

«Lasciamo perdere».

 
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