Creato da: fra.gas il 05/04/2006
Famiglia:Lavoro,produzione,tasse,spese,tariffe

Area personale

 

Tag

 

FACEBOOK

 
 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

peter.reymodu5giuseppegrande950mariapaolaborzumatiKiteHouseZ.Venreload99blueeyes42alfa021mucca.rosaiiale.ricci5sve79weforyoufio3371antefede0
 

Ultimi commenti

 
 

VISITA il TAG CARDUCCI

 immagine

TI CONSIGLIO I TAGS:

NAPOLEONE

immagine

ASCOLTA UNA POESIA

immagine

BOLOGNA

immagine

LETTERATURA

immagine

ILLUMINISMO

immagine

PARTECIPA AL DIBATTITO NEL TAG:

CARNEFICI E VITTIME

immagine

Robespierre: terrore e libertà

immagine

Il sottile filo rosso: Combattenti per

la libertà o terroristi?

immagine

Beirut bombardata

immagine

11 Settembre

immagine

Vittime ad Haifa

 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

 
« LE IENE: E' CENSURA!COREA ATOMICA! »

PER IL PARTITO DEMOCRATICO! 

Post n°401 pubblicato il 12 Ottobre 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

immagine Seminario "Per il Partito Democratico" - Orvieto

6 e 7 ottobre 2006

Intervento di immagine Francesco Rutelli
11-10-2006


Orvieto 7 ottobre ‘06

Ieri sera, dalle ultime file, osservavo i partecipanti ai gruppi di lavoro. Ho constatato che tra noi ci sono - e si avvertono entrambe - una condivisione fondamentale ed una significativa ricchezza di diversità!
Questo è un dato positivo e non un ossimoro. “Unità nella diversità” non è solo il concetto forse fondamentale della stagione più felice dell’unità europea: progettualità condivise; diversità vitali. È anche la regola politica per organizzarsi in società complesse, e che diventano sempre più complesse. Per comprenderlo non è necessario andare lontano: basta ascoltare le domande e i silenzi in una famiglia. Penso alla mia, dove siamo in sei. Io so che c’è poco di più importante che ascoltare quei silenzi e quelle parole, che non sono incapsulabili in formule politiche.

Ma ho capito una cosa in più ieri sera, osservandovi, osservandoci.

Il Partito Democratico può sprigionare energie e moltiplicarle, non solo sommarle, se saremo capaci di far sì che esso corrisponda alla densità, alla qualità dei contributi che abbiamo ascoltato in questi due giorni.

Il PD, insomma, come strumento che moltiplichi le energie. Qui e fuori di qui. Che promuova la partecipazione in politica di nuove generazioni, delle donne, di nuove leve di amministratori.

Anche attraverso la comunicazione unitaria. Pensiamo a quante energie abbiamo speso, in un disegno pur condiviso, dovendo competere tra due partiti; e cosa possa significare invece lavorare insieme; in quale misura ciò possa consentire di parlare meglio al Paese.

Dunque, non si tratta soprattutto di una questione di assetti, anche se dovremo essere attenti, seri, nel portare all’approdo in modo democratico le realtà che formano i nostri partiti.
Perché dovremmo fare un partito?

Può nascere un partito grande, che aspiri a rappresentare ben oltre il 30% del popolo italiano, se c’è un’idea grande da realizzare.

E l’idea è qui, forte e semplice ad un tempo: agganciare il mondo che corre, agganciare l’Italia ad un mondo che ci sta lasciando indietro.

Spesso amministriamo un senso comune che non tiene conto della grandezza e della velocità del cambiamento globale. In questo modo condanniamo i nostri figli a far parte di una Nazione tagliata fuori dai processi che domineranno il XXI secolo.

Non si sono saputi superare in Italia limiti di civismo e di apertura alla concorrenza; recuperare il ritardo del Sud, le esasperazioni corporative e localistiche; creare rispetto per le istituzioni in quanto garanti del cittadino e delle opinioni diverse; assicurare un mercato capace di rendere sovrano il cittadino-consumatore.

Qui immagine Berlusconi ha fallito totalmente, e dobbiamo ricordarlo più spesso.

Al governo, Berlusconi che - anche per l’epoca imprenditoriale in cui si è formato, essendo espressione di una stagione industriale degli anni ’80, e di un successo di mercato degli anni ’90 – non è stato portatore di alcuna vera sfida nazionale propria delle destre, storiche o moderne che siano; non riforme strutturali, ma piuttosto condoni; non riduzioni della spesa pubblica, ma aumenti; non riduzione della burocrazia o statalismo, anzi.

Un fallimento anche rispetto ai messaggi profondi del popolo del centrodestra, di una larga parte del popolo produttivo del nostro paese, che ci si aspettava rappresentasse la destra.

Berlusconi è stato un falso innovatore, ma, in fondo, fedele alle ragioni della sua “discesa in campo”: salvarsi dai “comunisti”, o dai “catto-comunisti”.

Da grande esperto di comunicazione e marketing è stato capace di mettere molto efficacemente l’accento su limiti, tic, sbagli del nostro campo. Ha fatto leva con efficacia su timori diffusi. Ricordate, infatti, che fondamentalmente vinse le elezioni del 2001 facendo leva, oltre che sulle nostre divisioni di legislatura, anche sollevando la paura di immigrazione e criminalità, per poi far sparire questi elementi dalla comunicazione nei successivi cinque anni del suo governo.

Quella paura la sta facendo riaffiorare oggi con gli strumenti di cui dispone, pur non essendo sostanzialmente cambiato nulla da allora ad oggi. Ma ciò è frutto di una grande capacità di marketing, che adesso punta sul tema dell’intrusione di uno Stato “occhiuto” nella vita dei cittadini, delle imprese, delle famiglie.

Ma noi siamo e dobbiamo essere un’altra cosa, non solo comunicazione e tanto meno solo marketing

Il PD nasce perché portatore di una cultura nuova, perchè interpreta, crea un progetto per il Paese, e promuove la nuova missione nazionale: agganciare l’Italia al mondo che corre.

Ci vuole una generazione per poter realizzare questo cammino, e ci vuole un partito nuovo per guidarlo.

A tutti voi è chiaro cosa voglio dire.

È vero che il PIL – come ricorda spesso immagine Realacci citando immagine Bob Kennedy – non è un buon indicatore della felicità. Ma se per dieci anni di fila noi cresciamo in media dello 0,9 e la Cina e l’India crescono del 9; se la Spagna, pur essendo più piccola di noi, cresce tre volte più di noi e può superarci nel giro di alcuni anni nella ricchezza prodotta, è certo che non lasceremo ai nostri figli una nazione felice.

Pur avendo ereditato dalla Prima Repubblica un debito pubblico enorme, che limita la nostra capacità di innovare investendo in ricerca, formazione, scuola, cultura, infrastrutture, città, dobbiamo tornare a crescere.

Come si torna a crescere, attraverso la spinta del Partito Democratico? Con le riforme.

Riforma del funzionamento della Repubblica.

Riforma del sistema politico, anche con la riforma elettorale. Riforma delle regole competitive. Riforme sociali ed economiche.

Ci vuole un partito-guida di questo processo.

Si tratta di riforme coraggiose che ho sentito affiorare nel dibattito di questi giorni. La relazione di Antonello Soro richiamava giustamente come parole chiave: libertà; Europa; modernizzazione; sussidiarietà.

Quindi: dobbiamo tracciare l’identità di questo partito su un progetto politico, economico, sociale, di riforme. È un progetto pronto per essere scritto, fra di noi.


Negli ultimi dieci anni le biblioteche si sono riempite di saggi sul ritorno alla ricerca delle identità nell’età della globalizzazione, della “modernità liquida”.

Abbiamo letto quel che scrivono Beck e Baumann a proposito del “tracciamento esasperato di confini” come reazione alla globalizzazione. Ma noi siamo chiamati a una sfida positiva, non tanto ad una sfida reazionaria.

In questo cammino c’è bisogno delle eredità che incameriamo dal XX Secolo? Certo, esse andranno ad integrarsi nella famiglia nuova che costituiamo insieme.

Eredità come la spinta della sinistra italiana, portatrice anche di lotte e conquiste che hanno concorso al volto moderno dell’Italia; o come l’attenzione del cattolicesimo politico capace di interpretare quel fenomeno attuale che è il cattolicesimo di popolo, così vivo oggi in Italia.

Tre giorni fa immagine eravamo sulla piazza di Assisi, brulicante non di amministratori locali del centrosinistra ma di popolo che ascoltava e applaudiva i discorsi, gli accenti democratici che venivano pronunciati. Cattolicesimo di popolo, un senso profondo della cultura nazionale.

Ci ha aiutati immagine Giuliano Amato con la definizione del valore, oltre che del senso, del limite, rispetto ad un’idea di auto-onnipotenza dell’uomo rispetto agli interrogativi posti dal cambiamento scientifico.

Tra le eredità da raccogliere, oltre alla spinta della sinistra italiana e quella di un cattolicesimo che interpreta il cattolicesimo di popolo, le vittorie – pur senza veri vincitori politici – del liberalismo democratico.

Sono culture che hanno prodotto anche importanti testimoni. Dobbiamo valorizzare questi testimoni, questi “martiri”. La parola antica màrtyres stava ad indicare i “testimoni”, qualcuno di cui ricordarsi. I nostri “martiri” – che talvolta sono stati tali anche nel senso moderno della parola – sono i testimoni del cambiamento, del coraggio, della democrazia.

Testimoni che arricchiscono queste nostre storie.

Ognuno di noi si ritrova idealmente nell’esperienza di alcuni di loro. Io mi ritrovo in coloro che stavano rinchiusi in isole come Ventotene e Santo Stefano, prigionieri del fascismo, esiliati, che tuttavia già pensavano alla costruzione dell’Italia democratica in un’Europa di pace e di integrazione politica.

immagine 

Ma noi siamo portatori soprattutto – come ci insegna la simbologia del Palazzo Civico di Siena – della spinta a dar vita all’arte del Buongoverno. Pluralismo culturale, che è nei fatti; arte del buongoverno, che è nei fatti.

Vengo a questo punto all’approdo europeo e internazionale. Noi ci misuriamo in un contesto radicalmente cambiato rispetto al passato: sappiamo che 30 anni fa il 42% dei lavoratori europei era formato da “colletti blu”, da operai. Oggi - e la percentuale è ancora in diminuzione – quei lavoratori sono circa il 15%.

Qui si riassume naturalmente tutta la differenza tra le organizzazioni politiche di oggi e quelle del XX secolo, connesse al dovere di organizzazione di quella società e di quei canali di consenso, e di crescita culturale e civile.

Del resto mi chiedo come possiamo, in una proiezione europea, non tributare il più grande rispetto e la più grande amicizia all’esperienza del PSE. Come Partito Democratico ci rapporteremo senz’altro con il PSE; siamo interessati al suo percorso, alla sua evoluzione.

immagine 

Tuttavia, sappiamo che oggi un Partito Democratico Italiano, non essendo l’emanazione né di un soggetto sovranazionale, né di un’ideologia dominante, né di un richiamo sovraordinato, risponde innanzitutto ad un progetto nazionale.

L’integrazione europea non registra oggi una linea guida comunitaria, una tendenza sovranazionale. Anzi: si sono conosciute divisioni trasversali, anche nel PSE, su temi assolutamente qualificanti quali la Costituzione Europea o la guerra in Iraq. Quindi, si tratta di interlocuzioni fondamentali, ma non di elementi caratterizzanti imprescindibili per il nostro progetto nazionale.

Penso che ragionando così andiamo lontano, verso la destinazione. Poi definiremo insieme il modo per rapportarci con le forze europee, tanto più perché dobbiamo farlo con le esperienze dei grandi paesi democratici internazionali. Penso al Brasile, dove si vota in questi giorni; all’India, dove siede il Partito del Congresso; agli Stati Uniti, in rapporto ai quali bisogna chiedersi: come possiamo immaginare di ricostruire un’alleanza di centrosinistra senza un’intesa organica e strutturale con i Democratici Americani?

Mi chiedo, anzi, se non sarà proprio la nascita del PD in Italia a spostare equilibri rilevanti, sia in Europa sia a livello internazionale, così come il solo ingresso del nostro governo ha suscitato cambiamenti importanti nella politica internazionale: dall’Iraq, al Medio Oriente, ai rapporti transatlantici, a quelli in seno alle Nazioni Unite, ai rapporti politici europei.

I due più grandi successi di questo inizio di legislatura sono stati da una parte le liberalizzazioni e dall’altra la politica estera.

Sia i cittadini in senso generale, sia i nostri elettori ci chiedono di tenere insieme una visione ideale e una capacità pragmatica. Una visione ideale, pur nella durezza delle decisioni e di responsabilità che portano soldati italiani a rischiare e talvolta a sacrificare la loro vita.
Una visione ideale circa il nostro posto in una comunità internazionale che vogliamo più giusta. L’innovazione profonda del sistema economico, della sua organizzazione, della sua attenzione alla qualità del lavoro, al ruolo del cittadino consumatore. Questo ci chiedono gli italiani: essere coerenti, pur nei limiti del realismo, sempre necessario, della politica estera, con valori, riferimenti, idealità.

E sapere governare, sapere incidere nel cambiamento laddove si avvertono gli ostacoli alla trasformazione, alla modernizzazione, anche se questo determina inciampi, resistenze, perché tuttavia è lì che si coglie l’impronta riformista che non solo gli elettori dell’Ulivo, non solo gli elettori del centrosinistra, ma la grande maggioranza del popolo italiano chiedono a un governo della Repubblica.

Infine: chiameremo questo partito “democratico” anche perché intendiamo affrontare con coraggio i punti di crisi della democrazia italiana. Vogliamo una migliore distribuzione della ricchezza, ma anche una più intelligente, migliore e maggiormente efficace distribuzione del potere.

Vuol dire proprio questo “democrazia”, “potere del popolo”, parola che forse, con i suoi quasi tremila anni, è la più antica del discorso pubblico, che è sempre capace di essere attuale. Ha un senso chiamare così, Partito Democratico, un partito dell’inizio del XXI Secolo

Per molti di noi, la nascita del Partito Democratico sarà un sogno che si realizza.

È possibile tenere assieme gli interessi intergenerazionali dei giovani, la capacità di accrescere la mobilità sociale in un paese bloccato, con la capacità di parlare a tutto il popolo, e di mobilitare il nostro popolo? Credo di sì.

Parlo spesso del “90% di immagine Carlo Azeglio Ciampi”, un uomo cui dobbiamo un tributo di riconoscenza e di stima per l’immenso lavoro che ha fatto nella sua posizione politica, prima di governo e poi alla guida della Repubblica.

Quel consenso del 90% degli italiani in un’Italia divisa in due ci indica lo spazio che una politica nazionale riformista, equilibrata e innovatrice in economia può conseguire, anche al di fuori dello scudo istituzionale.

Quel 90% può essere il riferimento per il Partito Democratico. Nel senso che possiamo rifondare con la politica, e dunque con il consenso, anche una geografia elettorale bloccata, e a vantaggio del centro sinistra.


Definire bene l’identità nostra, e lanciare alla destra – che sul dopo-Berlusconi avrà problemi grandi e seri – la sfida per chi interpreta quel 90%, come richiamo ad una moderna identità nazionale che riporti il paese a correre, ad agganciare il mondo che corre.

Romano Prodi ha annunciato che già in questa legislatura siamo e saremo capaci di riforme, capaci di sorprendere positivamente i nostri concittadini.

Romano: qui oggi c’è la classe dirigente pronta ad afferrare questa sfida.

Ci interessa un‘Italia all’altezza; non un’Italia che agonizzi e lentamente si spenga nell’impossibilità delle riforme.

Siamo disposti all’accordo e al compromesso con la sinistra radicale. È scritto nel programma comune dell’Unione.
immagine
Ma tu, Romano, qui hai la forza nascente che sostiene un riformismo moderno.

Schiudendo le finestre guardate fuori, alle tante bellezze dell’Italia. Che paesaggio, che Storia nelle sue pietre!

Non vogliamo però che l’Italia sia come una splendida carrozzeria con il motore rotto.

Il motore va riacceso, con i nuovi saperi, con l’identità della nostra storia, ed anche con l’orgoglio di un’identità contemporanea coraggiosa.

Esiste anche un’ispirazione drammatica che spinge al cambiamento. Scriveva il grandissimo Shakespeare: “C’è una marea nelle faccende degli uomini che, colta al suo apice, conduce alla fortuna; una volta persa, tutto il viaggio della vita è destinato a miseria e avversità.”

Spogliata del suo tono tragico questa frase contiene il richiamo di un’esigenza: prendere ora l’abbrivio creativo e forte di questa marea, che poi è l’attesa del nostro popolo.

Voglio essere chiaro, indietro non torneremo.

E insieme, con amicizia, con fiducia, con intelligenza, costruiremo il Partito Democratico.

 Antonello SoroPartito Democratico

Soro: Positivo il bilancio di Orvieto. E dall'esecutivo della Margherita larga condivisione all'impianto della legge finanziaria

10-10-2006

“Nell’Esecutivo della Margherita, che si è riunito il 10 ottobre, è stato tracciato un bilancio positivo sui lavori del seminario di Orvieto sul Partito Democratico. Soddisfazione tangibile sia per il risultato politico, che per un patrimonio di elaborazione condivisa - maturato all’interno dell’Ulivo sotto il profilo politico e ideale - ottenuti grazie ad un dibattito né rituale, né scontato”. Lo dichiara Antonello Soro, coordinatore dell’Esecutivo della Margherita.
“L’Esecutivo ha inoltre assunto l’impegno di promuovere a tutti i livelli, nazionale e territoriali, un forte dibattito perché il prossimo congresso della Margherita possa essere occasione di mobilitazione e di crescita del immagine processo avviato ad Orvieto”.
“L’Esecutivo ha discusso del percorso parlamentare della legge Finanziaria e del decreto fiscale. Nel corso della riunione di stamattina – ha spiegato il coordinatore dei dielle – è emersa una larga condivisione dell’impianto dei provvedimenti e degli aspetti positivi contenuti nella manovra (risanamento delle finanze pubbliche, riduzione delle tasse sul lavoro e sull’impresa, sostegno alla famiglia, redistribuzione dei redditi, sostegno al Mezzogiorno, tra gli altri). E’ però forte la volontà di introdurre miglioramenti, in particolare su alcuni punti qualificanti: riequilibrio della manovra in favore di comuni e province, Tfr con garanzie per le piccole imprese e imposta di registro su donazioni e successioni”.
“Il lavoro di miglioramento va portato avanti attraverso un franco confronto all’interno della coalizione di maggioranza. Naturalmente, nell’ambito di questo orientamento – ha concluso Antonello Soro – sarà necessario vagliare ogni possibilità di una più larga condivisione”.

Francesco RutelliAlitalia

Rutelli: Il Governo non si tirerà indietro

10-10-2006

Il governo manterrà l’impegno di risanare e rilanciare l’Alitalia. Lo ha confermato il vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli, nel corso di una cerimonia al museo di Palazzo Massimo a Roma. Interpellato sulla crisi della compagnia aerea Rutelli ha sottolineato che “l’Alitalia ha bisogno di un nuovo piano industriale e di un indirizzo strategico nuovo.

McDonnell Douglas MD-82 Alitalia

Ci siamo dati tre mesi con le parti sociali per definirlo. Non si tratta di alleggerire le perdite ma di realizzare una vera e propria ricostruzione dell’azienda e dei suoi obiettivi. Il governo sa che non può tirarsi indietro ed eserciterà - ha concluso - le responsabilità che gli derivano dall’essere azionista della società”. E dall’American Chamber of Commerce in Italia Francesco rutelli afferma: “Potranno esserci aggiustamenti e ritocchi alla Finanziaria, ma quello che conta è che non si modifichino i saldi”. “La Finanziaria - ha spiegato Rutelli - è una buona manovra che, inevitabilmente, vista l’entità, vedrà alcuni aggiustamenti, intanto perché è questo il compito del Parlamento, che non è una cassetta postale”. Le proposte, ha aggiunto, “devono essere analizzate”. “Possono esserci modifiche, quello che conta è che non si modifichino i saldi. Migliorare la manovra è interesse del Governo”.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963