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« IL SEMINARIO DEL SAVOIA REGENCY«Bisogna indignarsi» »

SEMINARIO DELLA MARGHERITA: GLI INTERVENTI

Post n°479 pubblicato il 27 Novembre 2006 da fra.gas
 
Foto di fra.gas

immagine   www.domenicocella.it 

  
Invito all´incontro su Legge elettorale e Referendum

Nell´ottobre scorso sono stati depositati presso la Corte di Cassazione i quesiti da sottoporre a Referendum popolare per l´abrogazione di parte delle modifiche alle legge elettorale varate dal Centrodestra sul finire della scorsa Legislatura.

L´Associazione Democrazia e Uguaglianza  

MARTEDI 28 NOVEMBRE ORE 20,30

a Bologna Viale S. Cavina 4  con il prof. Andrea Morrone,  docente di diritto costituzionale della Università di Bologna e componente del comitato promotore nazionale del referendum.Circolo Benassi

***

Verso il partito democratico

La fase costituente nelle mozioni di Rutelli e di Parisi per i Congressi della Margherita. Una proposta: prima eleggere le dirigenze delle singole regioni, poi la dirigenza nazionale. No a punti irriducibili di contrasto.

Prometto ai lettori della mia mail-list di non tediarli troppo su questi argomenti. Però come si fa a tenere per sé o a limitare a piccole cerchie,  preoccupazioni e soprattutto problemi che hanno a che fare col bene di tutti?

Ormai abbiamo capito che il partito democratico, o dell'Ulivo ((la convergenza di DS, Margherita, altri partiti e associazioni, singoli elettori senza "partito")  è la vera garanzia di durata e di efficacia del  governo di Romano Prodi e di ogni altro governo di centrosinistra,  come può esserlo un grande partito (grande di voti e si spera anche  di intelligenze)  che preservi i governi dalla instabilità e dalla frantumazione  dell'indirizzo politico. Naturalmente i partiti dovrebbero soddisfare anche altre esigenze (per esempio,  dovrebbero promuovere ed organizzare la partecipazione dei cittadini alla formazione dell´indirizzo politico ...).

In questi giorni il Segretario della Margherita Rutelli e il Ministro Parisi hanno presentato due distinte mozioni  in previsione degli imminenti  congressi della Margherita (congressi che preludono allo scioglimento). Ovviamente le due mozioni si diffondono (distinguendosi) sulle modalità costituenti del nuovo soggetto politico unitario.

In realtà, sia l'una che l'altra mozione (mi sembra di poterlo dire dopo aver attentamente confrontato i due testi) immaginano la futura formazione come un vero e proprio partito, non una federazione (e tantomeno una confederazione) di partiti che intendano comunque conservare una loro qualche autonoma esistenza.  Sia per Rutelli, sia per Parisi, l'integrazione deve esserci e deve essere piena,  insomma deve essere una fusione. Non capisco pertanto come possa qualche sostenitore di Rutelli parlare di federazione .

Entrambe le mozioni  fissano un termine entro il quale le cose debbono per così dire precipitare e il nuovo partito essere pronto per le sue sfide:  per Rutelli è un periodo  compreso tra la fine 2007 -inizi 2008, per Parisi il termine non può andare oltre il 2008.  Sembrerebbe che Parisi sia più ...attendista di Rutelli!

Ma ...

Entro quei termni per entrambi si deve eleggere la dirigenza (un Consiglio/Direzione e  il Presidente nazionali) del nuovo partito,  ma  per Rutelli lo deve  fare una Assemblea costituente (cioè una assemblea di delegati, per quote da definire di DS, Margherita, altri partiti ed associazioni), per Parisi deve farlo direttamente  una grande elezione nazionale aperta ad ogni elettore simpatizzante.

Per Rutelli  DS e Margherita dovrebbero fortemente governare sia la preparazione sia la celebrazione dell'Assemblea costituente, dandosi reciprocamente garanzia di preservare tra di loro un sostanziale equilibrio;  insomma, nel Consiglio che dovrebbe scaturire dall'Assemblea costituente i due partiti dovrebbero essere egemoni e  in condizione di sostanziale parità. Per Parisi gli uomini di DS e Margherita non dovrebbero naturalmente mancare, ma senza marcare  dominanze, previe intese e apparati  indistruttibili di potere, affidando invece alla diretta elezione popolare  dei nuovi dirigenti la speranza di  qualche presenza inedita, di qualche spontaneità e libertà in più.

In effetti,  sarebbe deludente che la Margherita (il partito al quale appartengo e del quale posso parlare con qualche cognizione di causa) riproducesse nel futuro Consiglio del partito democratico  il profilo della sua dirigenza attuale.  Ho contato gli uomini della Direzione e dell'Esecutivo nazionali, gli uomini che prendono le decisioni e quelli che fanno le cose:  sono nella grande totalità parlamentari, con una piccola cerchia di consiglieri regionali; irrisorie le altre presenze (dal mondo delle professioni, della cultura, del volontariato, dell´impegno civico locale).  Insomma gente molto indaffarata:  in parlamento, persino nel governo; nel partito fa quello che può,  occupa soprattutto la posizione (anche in vista della futura conferma in Parlamento). 

Altro che partecipazione dei cittadini, libertà e contendibilità democratica! Non conosco  in che condizione siano i  DS, ma temo  ...

Eppure non mi convince molto che il vero fattore pesante di fondazione del futuro partito debba essere la grande elezione su scala nazionale  proposta da Parisi.

Non ho obiezioni di principio all´elezione diretta dei dirigenti da parte degli elettori simpatizzanti: meglio di  Assemblee per quote di pochi già noti. Che corrano almeno il rischio di una elezione, anche di una grande elezione!

Penso invece che "prima" di un´elezione dei dirigenti nazionali, un partito che vuole essere veramente "nuovo" debba eleggere le dirigenze delle singole regioni. Facciamolo a scadenza ravvicinata (entro i primi sei mesi del 2007,  per prevenire ogni tempistica nazionale), facciamolo col metodo di Parisi (elezione diretta da parte dei cittadini simpatizzanti), ma facciamolo, facciamolo almeno dove si sia in grado di farlo. Spererei in Emilia-Romagna.

Sarebbe, intuitivamente, un´elezione immediatamente alla nostra portata, alla portata delle nostre modeste ma pur sempre resistenti relazioni.  In definitiva, sono proprio le nostre relazioni, le nostre relazioni ordinarie e continuative, a fare di una votazione un vero fatto democratico,  e non un plebiscito. 

Piantate le fondamenta nei territori regionali,  anche la costruzione nazionale del nuovo partito ridurrebbe le proprie difficoltà e precarietà.

P.S.  Tra le altre cose, la mozione Parisi invita a "proseguire l´affidamento agli elettori della scelta del titolare dell´indirizzo politico nazionale, così come già avviene ai livelli di governo locali e regionali".  E´ l´elezione diretta del Premier di Governo da parte degli elettori.

Temo che una proposta del genere lacererebbe, in modo pressoché insanabile, non solo la Margherita, non solo il futuro soggetto unitario, ma l´intera alleanza di centrosinistra.  Qui sarebbe forse saggio tornare sui propri passi.

Caro Franco immagine
Secondo me tu hai fatto una sintesi un pò affrettata dell' intervento di Rambaldi al seminario della Margherita dell' altro giorno . Rambaldi ha detto che : - non dobbiamo scordare che abbiamo (come Unione) vinto le elezioni per 24.000 voti . - al prossimo confronto elettorale non possiamo presentarci contando su un tale margine . - per aumentare i consensi bisogna portare dalla parte del centro- sinistra voti che questa volta sono andati al centro destra . - questo è il compito che spetta al partito democratico . Banale ? Scontato ? Direi che non è nè banale nè scontato ; anzi aggiungerei che non è detto neanche che il discorso si basi su assunti veri . Infatti alcuni pensano che le cose stiano in maniera molto diversa, quasi contraria . Rambaldi crede nella teoria classica delle democrazie : ovvero, in breve, che il successo di una coalizione venga deciso dall' elettorato centrista, indeciso per definizione, che, spostandosi di qua o di là determina il successo del centrodestra o del centrosinistra . Altri ritengono invece che in Italia non ci sia nessuna osmosi tra la metà destra dell' elettorato e la metà sinistra e che i comportamenti elettorali degli italiani siano governati da una sorta di appartenenza etnica chiaramente immutabile . Anche gli appartenenti alle ali estreme sentono questa appartenenza etnica, ma in maniera molto passionale ; tanto passionale che se la politica della loro coalizione non scalda a sufficienza i loro cuori si ritirano nell' astensionismo anche a costo di creare la sconfitta della propria coalizione-etnia . Secondo i primi per avere successo bisogna corteggiare i centristi, secondo i secondi bisogna corteggiare gli estremisti . A occhio e croce mi sembra che la teoria più praticata, sia dal centrodestra che dal centrosinistra, sia la seconda . E si potrebbe andare ancora avanti a discutere . Ma potrebbe essere un bell' argomento per i seminari del PD . Ciao Guido immagine

Cari amici,Vi giro questo messaggio

 E' una voce diversa ma utile al dibattito politico di questi giorni.

Spero di fare cosa gradita

Cordialmente Giovanni Mascaro.

Il dibattito sul Partito democratico

immagine  Del Turco: grande idea, ma nasce senza i socialisti

“Il Partito democratico è una grande idea politica, la discussione che la sta costruendo è assolutamente inadeguata, mi pare difficile che possa darci quel grande Partito democratico rompendo i rapporti con tutto ciò che appartiene alla migliore storia democratica europea che è il riformismo socialista".

Per il presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, il Partito democratico che Ds e Dl stanno costruendo è già privo di una componente importante della tradizione laica, quella, appunto, del suo partito: la socialista. "Sta per venire fuori un partito che è giustizialista da un lato e con una quantità di laicità scarsa, se vogliamo dirla così; ecco, questo non interessa a noi socialisti; mentre un partito che sia garantista e rispettoso di tutti i credi religiosi ma anche della separazione tra la responsabilità dello Stato e della politica rispetto ai ruoli delle grandi religioni, un partito così è un partito che ci interessa molto. Anzi, è il sogno di ogni socialista, una grande forza che con il 40% partecipi all'alternanza del potere avendo alla base valori che sono i valori fondamentali. Non c'è nessun partito socialista in Europa - aggiunge Del Turco - che sia giustizialista, non c'è nessun partito socialista in Europa che sia agli ordini di questo o di quel vescovo di questa o quella confessione religiosa. Credo nel Partito democratico, non credo nei meccanismi che sono stati messi in moto. Nessun governo è mai stato popolare quando ha messo le tasse- aggiunge poi il presidente della Regione Abruzzo in merito all'esecutivo Prodi - l'unico che è riuscito in questo miracolo fu il primo Prodi, quando mise la tassa per l'ingresso in Europa, un gigantesco colpo di genio politico di Prodi, però quello è stato l'unico caso della politica in Europa. Noi in Abruzzo abbiamo gli stessi problemi che ha trovato Prodi, un bilancio che fa schifo. C'è un ciclo della democrazia che è chiaro a tutti - prosegue Del Turco - nel momento in cui si avvia l'azione di governo, nei primi due anni, due anni e mezzo, devi fare le scelte più impopolari per poter accumulare le risorse e lo slancio da spendere per le innovazioni e le grandi riforme. Questo è quello che pensa di fare Prodi ma è quello che penso di fare anch'io, e cioè investire in novità, nel rinnovamento della politica tutti i sacrifici che stiamo chiedendo agli abruzzesi. Io, però - conclude Del Turco - sono convinto che Prodi riuscirà prima dell'estate prossima a dimostrare l'efficacia della sua cura”.

 

 
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